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Malinconici cabaret e indignati di casta

Creato il 11 gennaio 2012 da Albertocapece

Malinconici cabaret e indignati di castaLicia Satirico per il Simplicissimus

“Il presidente del Consiglio, nell’accettare le dimissioni, ha manifestato al sottosegretario Malinconico il suo apprezzamento per il senso di responsabilità dimostrato nell’anteporre l’interesse pubblico ad ogni altra considerazione”: così ieri Palazzo Chigi ha chiosato la vicenda del sottosegretario incriccato a sua insaputa in raffinate vacanze gratis a Porto Ercole. Eppure il senso di responsabilità esaltato dal comunicato e ripreso oggi dalla stampa non impregna le dichiarazioni a caldo dello stesso Malinconico: l’interessato parla piuttosto di vicenda “assurda”, “antica di tre anni” e “giudiziaria per gli altri”. L’ex sottosegretario si dice sereno e sottolinea di non essere mai stato indagato: si tratterebbe del consueto attacco mediatico, cui l’interessato dichiara di voler soprassedere tornando al proprio lavoro.

A parte le facili considerazioni sulla monotonia di un lavoro che consente lunghi periodi di relax a condizioni irresistibili nei resort dell’Argentario, le dichiarazioni del dimissionario sono scandite in ogni passaggio da uno sconfortante senso di déjà vu: la vicenda è “assurda” come quella scajolesca della casa comprata da ignoti e “lunare” come il coinvolgimento di Casini nello scandalo Finmeccanica. La storia è “antica”, come se il tempo amnistiasse con l’oblio peccati più o meno veniali e li rendesse tollerabili. Segue il riferimento inevitabile all’assenza di indagini della magistratura, come se la responsabilità istituzionale coincidesse con quella penale e non avesse invece un argine etico che passa attraverso il difficile concetto di “conflitto di interessi”.
Che la confusione tra privato e pubblico, tra persecuzione e corruzione, tra diritto e privilegio abbia inquinato la vita istituzionale del Paese da almeno un ventennio è cosa risaputa. Si può però, a questo punto, tentare una classificazione antropologica di coloro che il conflitto di interessi ha trasformato in caricature grottesche e pericolose.

Quasi innocui sono i cabarettisti, anche perché – volenti o nolenti – spesso si dimettono. Sono quelli che invocano il complotto, dicendosi ignari delle regalie che subiscono da filantropi anonimi pronti a esaudire i loro desideri prima ancora che questi si palesino a livello conscio: protestano la loro innocenza ribadendo il convinto desiderio di pagare, perennemente frustrato. Sono spesso vittime di fenomeni di rimozione: Scajola ha dichiarato di pagare l’affitto della sua stessa casa e di andarci solo per dormire, Tremonti pagava in contanti un affitto oscuro, mentre ora Malinconico seppellisce la vacanza nel mondo struggente del passato. C’è da chiedersi come replicherà Patroni Griffi, altro sottosegretario di nuovo conio, alle contestazioni sull’acquisto dall’Inps, per appena 177.000 euro, di un appartamento con vista sul Colosseo del valore di almeno 800.000 euro. Due le ipotesi: o è in corso un’epidemia di appartamenti in saldo nella zona del Colosseo, o il Colosseo porta decisamente sfiga ai politici che abbiano vaghezza di ammirarlo dalla finestra di casa.

Più temibili gli indignati, che subito protestano contro l’intromissione della pubblica opinione nelle loro vite al di sopra di ogni sospetto. Ancora emblematica, sotto questo profilo, la reazione dei due giudici costituzionali Luigi Mazzella e Paolo Maria Napolitano, tuttora in carica, alla rivelazione della loro cena privata con Berlusconi e Alfano alla vigilia dell’udienza della Corte sull’omonimo lodo: “in casa mia invito chi voglio e parlo di ciò che voglio”, sibilò Mazzella precisando che alla cena avevano partecipato persone fidate di moralità ineccepibile. I due giudici sono impegnati in queste ore nella delicatissima questione dell’ammissibilità del referendum abrogativo del Porcellum: resta da augurarsi che non abbiano ospitato a casa loro anche Calderoli.
Quasi folcloristici i guerrafondai: è il caso di Cosentino, che minaccia per il tramite dell’ex premier di far cadere il governo se la Camera dovesse confermare il sì al suo arresto. “Nelle carte non c’è nulla” ribadisce Berlusconi, sullo sfondo di un Alfonso Papa che si appella alle coscienze dei singoli parlamentari perché un’altra vittima della giustizia a orologeria non venga immolata.

Ignari, arroganti o agguerriti, politici o tecnici, parlamentari o alti magistrati, questi individui sono affetti dalla patologia di cui Berlusconi è stato il più evidente sintomo: quella di un potere senza responsabilità, senza limiti, senza Super Io. Responsabilità deriva da risposta: responsabilità politica significa dar conto di cosa si è fatto a coloro che il responsabile rappresenta. L’etica pubblica sta e cade nella possibilità di fornire questa risposta con dignità e onore. Per gli italiani, però, esistono ancora troppe domande senza risposta.


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