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Maltempo e mala tempora

Creato il 14 novembre 2012 da Albertocapece

Maltempo e mala temporaAnna Lombroso per il Simplicissimus

Cazzi vostri, scrivevo giorni fa alla faccia di Norbert Elias e della civiltà delle buone maniere, a proposito delle rivolta dell’ambiente e della sdegnosa indifferenza del ceto dirigente. Cazzi vostri, non affari vostri, che gli “affari” spettano solo a loro. Venezia si allaga ed anche Massa e Albinia, i fiumi esondano, siete malati, siete senza lavoro, dovete vendervi la casa, non l’avete più la casa, non potete pagarvi il ticket, la benzina è cara ma il bus passa ogni ora e stracolmo come al Cairo, avete un anziano in casa non auto sufficiente, hanno tagliato il vostro posto letto, per un’ecografia dovete aspettare un anno, vostro figlio laureato e master-dotato fa il cameriere precario in un pub, il treno si ferma perché piove, il treno si ferma perché nevica, state prigionieri in un’autostrada ghiacciata  per un giorno e una notte…. beh, cazzi vostri. È la risposta   non certo nuova e rigorosamente bipartisan, se lo sprezzante sindaco Cacciari alle rimostranze dei cittadini affogati dall’acqua alta rispose, compratevi gli stivali di gomma. Ed è ormai un sistema di governo che fa procedere parallelamente il disfacimento del welfare con la cannibalizzazione dei beni comuni.

Ormai ce le risparmiano le giaculatorie della liturgia dei sacrifici e dell’espiazione per il delitto di aver vissuto sopra le nostre possibilità, per esserci accomodati sia pure instabilmente nella cuccia calda delle garanzie conquistate e dei diritti che credevamo inalienabili. Non vale nemmeno la pena di perdere tempo a motivare, spiegare, basta un twit dinamico e futurista e puoi resettare la pubblica amministrazione cancellando 4500 statali, basta giocare a carta vince e carta perde e si spostano quei cento milioni, sempre gli stessi, di qua e di là, ché la meritocrazia altro non significa che i poveri le disgrazie se le meritano.

Quelli che una volta erano definiti fenomeni anomali, sono diventati necessariamente “normali”, tanto che ieri le Tv del dolore erano tornate ai provvidenziali zii assassinii e ai proficui delitti irrisolti, che quelli commessi ai danni di bellezza, paesaggio, ambiente non fanno audience. E oggi i quotidiani aprono con il carcere per i giornalisti e i valzer elettorali, come a dire che i diritti e i capricci delle corporazioni, nel bene e nel male, valgono più di quelli della  cittadinanza. I disastri ormai abituali sono precipitati giù, giù in fondo alle pagine, il Ministro Clini cui non è bastato un ventennio da direttore generale all’Ambiente, si accinge meditabondo a predisporre un piano per fronteggiare il dissesto idro-geologico, ma tanto per la prevenzione, come ricorda il Simplicissimus, non ci sono quattrini, mentre invece è “normale” spendere una media di 30 miliardi di euro rincorrendo le profittevole emergenze, diventate il brand di patti scellerati tra imprese criminali e amministratori sleali.

In una Albinia allagata e umiliata nella quale una signora allontana con la mano il microfono del Tg rinunciando a un  indesiderato quarto d’ora di popolarità dicendo, amara, non abbiamo tanta voglia di fare conversazione, inizia la rituale indagine della magistratura, come a Massa, a Orvieto, a Lucca. Ma il malaffare è più facile che subisca  la condanna della storia che quella giudiziaria: abusivismo e cementificazione prosperano non solo nella grande illegalità, nella criminalità economica che si nutre delle infiltrazioni mafiose, del voto di scambio, dell’occupazione da parte delle cosche di un sistema imprenditoriale e finanziario permeabile, nella pratica del perdonismo assolutorio di scudi e condoni, no, cresce anche in forme minori e ecumenicamente distribuite a tutti i livelli territoriali. La degenerazione delle relazioni tra amministrazioni e poteri locali, passa attraverso lo scambio di favori, il commercio delle licenze edilizie concesse in barba a regolamenti e pianificazione territoriale e grazie a quelle incertezza delle leggi e invece alla certezza ormai consolidata che farsi furbi è questione di vita o di morte, anche a costo di sfidarla la morte, costruendo la villetta con materiali di cattiva qualità, sul greto di fiumi, accanto a fabbriche velenose per risparmiare la strada, sulle pendici dell’Etna.

L’aerea leggerezza con la quale i media affrontano ormai catastrofi cicliche, disastri seriali e eventi resi innaturali dal degrado, dalla dissipazione delle risorse, dal disprezzo per i suoli, da una dissennata e folle indole al consumo illimitato, non ci fa sapere quali altri micidiali effetti e fenomeni si consumano sotto o dietro quelli già evidenti, quando le acque invadono terreni intossicati, dilavano depositi di sostanze letali, sciolgono e propagano le contaminazioni di discariche velenose.

E se quello è un rischio di contagio, un’altra infezione si è sicuramente trasmessa e ha attecchito, quella che ha creato una disaffezione di quello che abbiamo intorno, un disincanto della bellezza, un disamore nei confronti di un paesaggio che è poi lo scenario della nostra autobiografia nazionale, della nostra memoria, della nostra identità.

È uno degli effetti più perversi  del sistema economico. Nel 1930 John Maynard Keynes mise in guardia i posteri sulla menzogna  nascosta nella teoria della “mano invisibile”di Adam Smith. Profeticamente ammoniva che non è illimitata la possibilità che l’oro raccolta dai potenti sparga un po’ della sua porporina sul mondo, anche quello dei diseredati, beneficato da un soffio di benessere. Forse, diceva, sarebbe durata soltanto per altre due generazioni, dopo di che l’enorme ricchezza accumulata sarebbe servita solo a porre riparo ai danni compiuti. Il tempo sta per scadere, la potenza del capitalismo ha rivelato la sua indole aberrante e  l’accumulazione delle ricchezze va di pari passo con quella delle catastrofi, economiche, sociali, morali, ambientali. E Antonio Cederna nel  1975:  “In queste condizioni, diceva, i funesti eventi che a intervalli regolari devastano l’Italia, seminando morti e rovine non appena piove tre giorni di fila smentiscono ogni pretesa fatalità e appaiono come l’effetto logico della vergognosa incuria dei vari governi che si sono succeduti… Ai boom edilizi, autostradali, industriali attuati al di fuori di qualunque indirizzo di programmazione e ispirati da interessi settoriali, l’Italia ha risposto sfasciandosi. Sono gli effetti di una crescita regressiva”.

È che ormai siamo a corto  di profeti ed anche di quelli che guardandosi indietro sanno interpretare il mondo che verrà. Il sole è tramontato sul Bel Paese e l’ultimo preveggente rimasto pare sia stato il signor Egidio Galbani di Melzo, che fece un  Bel paese buono da mangiare.

 


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