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Manco il titolo aveva, questo post, in ogni caso buon anno

Creato il 03 gennaio 2012 da Paola_granieri

Non ho fatto a tempo a pubblicare la lettera a Babbo Natale, e nemmeno a farvi gli auguri di Buon Anno perché quel maledetto bastardo del mio macbook pro mi sta abbandonando. C’ha grossa grisi e lo odio come si odia un fidanzato fedifrago, ma comunque mai quanto odierei un pc. Lasciamo stare che sono incazzata come un’ape che in un momento più del cazzo come questo che sto facendo la tesi non poteva succedere. Anyway.

Ad ogni modo siam qui, nel 2012 e, dice, finisce il mondo.

Gente che racconta (per finta) di come un’epidemia ci sterminerà e io (che per davvero) alla radio sento di uno in Cina che è morto per la mutazione del virus dell’aviaria e moriremo tutti e ipocondria e ansia e angoscia a piovere che la si spala come neve sul vialetto.

Ecco perché, alla faccia della grisi il mio proposito per il duemiladodici è godermela come se (forse) non ci fosse domani. Dal 2013 si tira un sospirone di sollievo e si diventa seri, ci si sbatte per il posto fisso e si mette su famiglia.

Intanto, che non ve ne può fregà de meno, con tanto di didascalie e immagini ad alta risoluzione, vi lascio il bottino natalizio.Non è andata male, diciamocelo, Babbo Natale deve aver capito che ho fatto la brava.

Scusate il post chilometrico, gli incisi e le virgole. Ma il continuo dover rispettare la teoria della piramide inversa e la sintesi sul web mi sta mandando fuori di testa.

Ah, e qui concludo, ma lasciatemela fare, abbiate pazienza, questa battutona che è da stanotte che ci penso: com’è andato Capodanno? Non un granchè? Tranquilli, l’anno prossimo vedrete che sarà la fine del mondo!

Ora vado a nascondermi nel mio angolino, in ginocchio sui ceci, grazie.

Una borsa, anzi una sporta. No, ma che dico, una shopper!


Manco il titolo aveva, questo post, in ogni caso buon anno

Mai più senza. Se non posso avere la sporta Celine bicolore, datemi una sporta Freitag bicolore, pardon, shopper. Il compromesso tra me e il mio fidanzato, che si rifiuta di regalarmi borse, apparte le Freitag, che piacciono anche a lui. Mi sento già più hipster nel periodo storico di abuso di questo termine. Meno male che Iddio di gemelli Freitag ce ne ha donati due, in modo che se succede qualcosa ce n’è uno di riserva. Mica come se muore Steve Jobs, che due mesi dopo il mac mette il lutto e t’abbandona (bastardo).

Un paio di scarpe sobrie


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Ne avevamo parlato. Tanto. Ma qui s’è messo di mezzo il destino o, più precisamente, mia madre che deve aver proprio fatto suo il significato di: “no guarda, non me le comprare, davvero”. Dopo aver fatto il giro dei blog, hanno cominciato a fare capolino nelle vetrine di Firenze, diventando mainstream. Però che fai, dopo che la curiosità ti ha ucciso il gatto, non te le provi? Certo che sì. Per toglierti lo sfizio, s’intende, non te le compreresti mai. Noti che dopotutto ti donano (anzi ti fanno delle cosce chilometriche) ma dove cazzo vado? Sembro Lady Gaga! No mamma davvero, dammi i soldi anche quest’anno, preferisco. Pensi, fregandoti le mani, a quel taroccone della Celine visto su IOffer. La mamma però incontri per strada furtiva, si nasconde la busta dietro la schiena, mi avrà comprato un pigiama, mi ci voleva proprio, pensi. E poi invece ti sfodera a sorpresa da sotto l’albero una scatolona e le brillano gli occhi, l’aspettativa di farti felice. Tu sei perplessa, tua sorella è perplessa, il tuo fidanzato è perplesso ma non vuoi farla rimanere male. Cambierai solo il colore, perché ti piacevano nere e lei te le ha prese sul grigio. Una volta in negozio indugi su un paio di stringate, le Clark’s, un paio di Hunter blu navy.A febbraio compirai ventisette anni, sono rimasti pochi anni per permetterti un paio di scarpe così, le polacchine potrai metterle tutta la vita. Era destino che le avessi, l’occasione per te, le Lita e il vostro amore complicato, avevi scritto partecipando al giveaway sul blog della Carisi che poi non hai vinto. Vanno bene queste qui, dici al negoziante, e aggiungi alla tua lista di propositi quello di non romperti una gamba. Essì, ho un paio di Lita. Un ci si crede mica.

Trucchi e belletti


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1)Non usavo l’ombretto dal 1998. Poi un giorno ho commesso l’errore di provare quello in crema di Chanel di mia sorella Giulia. Evidentemente facendomi un buono in profumeria si è accorta che mi era piaciuto. Non vi dico per trovarlo, ma ora è mio e quando mi faccio lo smokey eyes non sembra più che a truccarmi sia stato Pietro.

2) Sono in fissa sul rossetto rosso. Mi piace tantissimo anche se faccio delle smorfie orrende quando lo metto perché ho sempre paura che mi vada a finire sui denti. Questo di Chanel era proprio come lo cercavo. Rosso e opaco. Il top. Me lo sono regalato io, assieme alla matita nera presa ad un prezzaccio dal mio stockista di fiducia.

Voleva esserci anche la cipria, ma è un argomento lungo cercarla, dopo che mia sorella Chiara me ne ha regalata una suggerendomi comunque di fare un salto in profumeria a vedere. Si è aperto un mondo fatto di polveri, piumini e fondotinta che impalpabili e invisibili. Però, Samu che mi aspettava come un canino bastonato fuori della profumeria mi ha messo troppa ansia. Tornerò, ho detto alla commessa, te lo prometto.

Relax


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Mio cognato Michele. Mitico. Un groupon nella piscina di un mega resort alle porte della città. Un giorno in piscina riscaldata, area tisane, zona relax, sauna e bagno turco tipo. Sconto sui massaggi. Già mi sento una persona migliore e poco mi importa se in costume d’inverno senza abbronzatura forse sembrerò un dugongo. Il miraggio dopo la laurea, la luce in fondo al tunnel, la prospettiva che mi spinge ad andare avanti.

Un libro


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Vanni Santoni, Se fossi foco arderei Firenze. Vanni, che già lo avevo molto apprezzato ai tempi del romanzo prima “Gli interessi in comune” e con cui avevo scambiato anche un paio di inbox. Divorato ovviamwnte, c’è dentro tutta la FCC (Firenze Che Conta). Però non ve lo posso raccontare, accidenti. Leggetelo.

Una nipotina


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Ma quella arriva a Giugno. Bella e pronta non ce l’avevano. Ce la devono fabbricare su misura. E ora a Pietro chi glielo dice che non la possiamo chiamare Giuseppe?


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