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Manodopera specializzata e flessibilità

Creato il 27 ottobre 2011 da Laperonza

 

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Credo che gli imprenditori montegranaresi che lamentano oggi sul Corriere la difficoltà di reperire manodopera specializzata non solo abbiano ragione ma vadano a toccare un tasto delicatissimo del sistema lavoro sia locale che nazionale. E’ un argomento che mostra molteplici sfaccettature e che non è assolutamente agevole da trattare. In effetti esiste un problema circa il lavoro manuale per il quale, vuoi per il livello di istruzione più elevato rispetto al passato che porta automaticamente ad ambire a posizioni più alte vuoi per una sorta di dequalificazione della figura dell’operaio dovuta a meccanismi socio-culturali che sarebbe forse lungo e tedioso da trattare in questa sede, nessuno sembra più disposto a rivestire i panni della base del sistema produttivo. Ma non sono affatto convinto che questo sia il vero problema e in questo concordo con Giannini e Ciccola circa l’analisi da loro svolta che punta in entrambi i casi il dito contro la mancanza di una struttura formativa. Enrico Ciccola in particolare indica nella chiusura dell’IPSIA calzaturiero una delle cause primarie del problema. Certamente questo è parte del problema ma esso è molto più ampio e complesso e parte proprio dalle politiche del lavoro adottate a livello nazionale e dagli stessi imprenditori accolte e sfruttate. Mi riferisco in particolare al meccanismo che consente al datore di lavoro di occupare manodopera col sistema interinale per un periodo più o meno lungo, per poi magari assumere lo stesso lavoratore a tempo determinato per un altro periodo piuttosto lungo. Tutto questo dà dei vantaggi fiscali non indifferenti all’imprenditore che, spesso, al termine del periodo consentito dalla legge, licenzia il lavoratore e riparte con uno nuovo ripercorrendo tutto l’iter. Va da sé che questo non consente la specializzazione del lavoratore. Ma anche qualora lo stesso operaio venga infine assunto a tempo indeterminato tutto questo periodo di precariato ha senz’altro rallentato l’apprendimento e l’affinamento della specializzazione per ovvi motivi di motivazione e spinta a crescere. La manodopera è quanto più produttiva quanto più è motivata. Un lavoratore che vive con contratti a scadenza continua e non ha mai la certezza del proprio futuro certamente scarseggia di motivazione. Per cui è vero che le ambizioni siano forse troppo elevate, è vero che la chiusura dell’IPSIA abbia danneggiato il settore ma è altrettanto vero che la riforma del lavoro in termini di una supposta flessibilità abbia giocato la sua parte in maniera sostanziale. Agli imprenditori ora rimediare, sempre che si sia ancora in tempo.

 

Luca Craia

 

 

 

 

Dal Corriere Adriatico del 27/10/2011

 

“Nessuno vuol più fare l’operaio”

 

Le aziende calzaturiere faticano a trovare figure specializzate. Ciccola: “Facciamo gli Stati Generali”

 

Montegranaro A fronte di molte aziende che, anche nel distretto calzaturiero, non riescono a far quadrare i conti e sono costrette a mettere in mobilità molti dei loro dipendenti, ci sono invece altre ditte che sono in cerca di personale da assumere. Molti imprenditori però, anche a Montegranaro, cercano, appunto, ma fanno fatica a trovare.

 


Finché si tratta di reperire manodopera non specializzata la cosa può apparire ancora semplice ma quando si va alla ricerca di tecnici del settore, che abbiano alle spalle anni di esperienza o che siano anche giovani ma che abbiano le giuste competenze, l’impresa risulta delle più ardue. Figure professionali del genere, che oltretutto arrivano a percepire stipendi di un certo livello, sono ormai rare come l’oro: premontatori, orlatrici, tagliatori o operai che si occupino del finissaggio dei fondi sulla forma sono ormai richiestissimi ma introvabili. Molti imprenditori ammettono che sono in pochi ormai, specie fra gli italiani, quelli che vogliono ancora “sporcarsi le mani” e che tanti piuttosto preferiscono svolgere mestieri ritenuti, a parer loro, meno degradanti e faticosi, come l'agente di commercio o il magazziniere. Ne risulta il fatto che negli opifici montegranaresi gli operai provengono da ogni parte del mondo e, almeno all’inizio, sono in grado di svolgere mansioni ben poco qualificate, mentre i dipendenti chiamati a ruoli di responsabilità hanno ormai tutti i capelli bianchi: manca insomma il necessario ricambio generazionale.

 


Quello che preoccupa infatti è sì la situazione attuale, in cui certe mansioni ormai sono svolte solo da gente in età avanzata, ma anche e soprattutto quella futura, come ammette anche il titolare della Doucal’s Gianni Giannini, poco più che trentenne ma da molti anni nell’azienda di famiglia: “Il nostro distretto è ormai riconosciuto in tutto il mondo e avrebbe grandi potenzialità. Per questo, invece di scappare altrove o tentare altre vie, sarebbe più opportuno continuare a fare quello che sappiamo fare meglio e che tutti ci invidiano. Le aziende oggi sono costrette a non lasciarsi scappare operai specializzati che ormai sono anziani proprio perché non trovano giovani in grado di sostituirli e nei prossimi anni la situazione sarà sempre peggiore dato che le nuove leve sono davvero poche. In molti si stanno specializzando nel settore stilistico ma in quello tecnico, che sarebbe quello che ha più bisogno, i giovani sono rari. Per arrivare ad avere una preparazione e una conoscenza effettivamente tale della calzatura servono tantissimi anni di esperienza e di duro lavoro a stretto contatto con chi, questo know how, è in grado di tramandarlo”, continua Giannini, “perciò, se non si punta sulla formazione di addetti specializzati, fra pochi anni non avremo più tecnici e operai in grado di occuparsi di quelle che sono le fasi più importanti nella realizzazione di una scarpa di qualità”. Quando si affronta l’argomento della mancanza di addetti specializzati, un elemento da non sottovalutare è poi quello relativo all’Istituto Professionale del Settore Calzaturiero che aveva sede a Montegranaro e che ora è chiuso. In molti credono che sia stato un errore e che quella scuola che avrebbe potuto sfornare proprio quelle figure che oggi sono fra le più ricercate.
Fra questi l’imprenditore Enrico Ciccola, titolare dell’azienda Romit: “Con la chiusura dell’Ipsia dove pensiamo di andare? Io sono stato tra quelli che hanno più creduto nell’importanza della formazione ma è stato mandato tutto in malora, essendo mancato il sostegno sia delle associazioni che degli imprenditori. Il nostro è il distretto calzaturiero più importante d’Italia ma in questo senso è anche quello che è rimasto più indietro”. Senza alcun intento polemico poi aggiunge: “Qui sarebbe opportuno indire una sorta di Stati Generali dell’industria calzaturiera per fare il punto della situazione e stabilire una linea d’azione comune”.

 

giovedì, 27 ottobre 2011

 

Barbara Rossi

 


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