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Manuel Cohen su COMPITU RE VIVI

Da Narcyso

Su VERSANTE RIPIDO, Manuel Cohen firma una panoramica della poesia neodialettale in Italia. Lo ringrazio per l’attenzione rivoltami ma chiaramente è interessante dare un’occhiata a tutti i poeti di cui si parla.

EDITORIALE

I POETI

SEBASTIANO AGLIECO

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immagine tratta da VERSANTE RIPIDO
L’affondo recente nel dialetto d’origine di Sortino, nel siracusano, di Sebastiano Aglieco, autore in lingua tra i più raffinati della sua generazione, ricorda una analoga esperienza che nel 1990, dopo la scomparsa del genitore, spinse al recupero della lingua madre un raffinato poeta e critico del Secondo Novecento, Achille Serrao. I due poeti sono idealmente accomunati da almeno tre elementi extra-testuali: 1) il fattore scatenante: la perdita genitoriale; 2) l’approdo al dialetto in età matura; 3)la distanza fisica dalla lingua madre, non praticata perché i nostri vivono altrove. Un quarto dato poi: la comune radice meridionale. La potenza icastica dei testi di Aglieco, a cui non è estranea una coltivata frequentazione dell’arte pittorica, assomiglia in tutto a una regressione psichica, al ritorno a un immaginario che l’occhio dell’infanzia, in una zoomata retrospettiva, rende ancora più remoto: tra immagini plastiche in movimento drammatico e stagliate figure ieratiche, quasi archetipi, o totem: «Chiama da un fosso, un groppo di / tamburo che sprofonda il sangue/ giungi dal fianco e le tue / mani mi afferrano. / Vienimi incontro / apriti una strada negli occhi / nel pianto scuro delle bocche. / Nera, come ti vidi, come non / ti piansi; stellata. / Le braccia sentono il peso / i nomi divorano chi chiama. / Queste furono le spade: bestemmie che / fanno urtare pietra e cielo.» (Matri njura, Madre nera), il movimento delle mani che imprime verticalità alla azione, con chiari riferimenti alla sfera del sacro e della religiosità popolare, di fatto suggerisce un più ampio scontro planetario, tra materia terrestre e sfera celeste, il tutto nella incombenza del nero luttuoso e della luminescenza della Madre. La potenza della poesia di Aglieco risiede anche in questo: una miccia di visionarietà estrema, iperrealistica e allegorica. La riattivazione di una lingua, recuperata a memoria e non più parlata, che produce una nuova vampa mitopoietica, riattiva visioni archetipiche, rimossi primordiali: percorrendo una linea verticale, alle scaturigini di una dimensione tragica non riconciliante.

Manuel Cohen


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