Magazine Cinema

Marco Risi: “I tre tocchi? E’ il film più libero che abbia mai fatto”

Creato il 22 ottobre 2014 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Storie vere di quasi attori, raccolte negli spogliatoi, dai racconti dei suoi compagni di squadra. Lui è Marco Risi, la squadra in questione è la stessa in cui negli anni ’70 giocava Pier Paolo Pasolini e il film “I tre tocchi” (presentato nella sezione Gala del Festival Internazionale del Film di Roma) è il racconto di sei umanità. Sono le storie che ogni martedì e giovedì per anni Risi ha ascoltato su quel campetto della periferia romana, storie di chi ci ha provato, di chi ha perso la speranza, o di chi con testardaggine alterna alla preparazione di un provino qualsiasi genere di lavoro pur di sbarcare il lunario e portare avanti un sogno. Calciatori – attori interpretati dagli stessi protagonisti di quelle folli e a tratti tragicomiche quotidianità, con la partecipazione speciale di alcuni volti noti (come Luca Argentero, Marco Giallini, Valentina Lodovini, Maurizio Mattioli) che a detta dello stesso regista “hanno collaborato al progetto a titolo completamente gratuito”. Un film di cui Risi è per la prima volta anche produttore insieme a Andrea Iervolino e Monika Bacardi, l’occasione che aspettava da una vita: “Mi sono sentito per la prima volta libero”, ha rivelato.

“I tre tocchi” racconta storie di frustrazione umana prima che di attori …
Preferisco chiamarlo dolore più che frustrazione; è una costante abbastanza comune in tutti e in tanta parte del genere umano: tanti giovani che ci provano, che vogliono cominciare e che vengono frustrati dall’impossibilità di realizzare i propri sogni, che non sono neanche così ambizioni in certi casi. Ma mi rendo conto che in questo paese è sempre più difficile o quasi impossibile arrivare e fare, perché ci sono troppi lacci, laccetti, leggi e leggiucole. E questo vale per tutte le categorie aldilà del mestiere dell’attore, colpa di una burocrazia che in tanti hanno cercato di abbattere senza riuscirci.

Tutto questo applicato al mestiere dell’attore, che dipende sempre e comunque dalle decisioni di qualcun altro, può generare quel genere di frustrazioni devastanti con conseguenze anche serie sul sistema nervoso. Mi domando a volte come gli attori non siano tutti pazzi, anche se alcuni di loro lo sono, forse i più bravi. I grandi attori sono timidi e per affrontare loro timidezza decidono di esporsi. Montgomery Clift ad esempio era un bravo attore ed una persona timidissima; un giorno disse dopo aver avuto successo: “Come si fa ad Hollywood a tornare a casa e cucinare due uova in pace senza pensare al suicidio?”. Sarebbe interessante vedere cosa succede ad un attore quando raggiunge il successo.

Il tuo rapporto con gli attori?
Quando lavoro con gli attori mi piace che mi sorprendano, quindi non sono innamorato di quello che ho pensato del personaggio, lo sono anche del fatto che loro mi possano dare una chiave di lettura nuova e che cambino qualcosa; l’importante è che ogni cambiamento mi suoni bene: è successo tante volte in questo film. Ad esempio la scena con Paco Reconti, ex ballerino, l’abbiamo scritta e riscritta insieme; in sceneggiatura c’era la storia ma tutto il contorno come le musiche su cui ballare le abbiamo decise di comune accordo. C’è stato un grande lavoro di collaborazione con tutti sul set; quando Robert Altman girò “Nashville” ognuno degli attori scrisse quasi per intero la sua parte.

Valentina Lodovini

Ed è stato così anche sul set de “I tre tocchi”?
C’è stata una grossa partecipazione. Prima abbiamo ascoltato le loro storie, poi ci sono stati i cambiamenti sul set ed anche in fase di sceneggiatura li abbiamo consultati.

Perché scegliere proprio quei sei personaggi?
Mi interessava la varietà delle storie, li chiamerei ‘i magnifici sei’. C’erano delle peculiarità che mi hanno attratto, gli altri racconti erano più normali e non fornivano grossi spunti. Una storia che invece ne offriva tanti e che mi piace particolarmente è quella di Leandro, attore di teatro che torna nella sua Napoli per chiudere i conti con il passato: soltanto quella potrebbe essere un film.

Per la prima volta ha partecipato anche alla produzione di un film.
Ho messo metà del capitale, circa 250mila euro, e così abbiamo realizzato “I tre tocchi”, sperando di rientrare altrimenti mi butterò nel Tevere! E’ il film più libero che abbia mai realizzato, ho fatto davvero quello che mi andava di fare. In altre occasioni non sarebbe stato così facile mettere in scena davanti alle telecamere dieci ragazzi completamente nudi; mi ricordo che in Cha Cha Cha, i pochi secondi in cui Luca Argentero usciva nudo dalla doccia avevano provocato delle reazioni pericolose, figuriamoci in questo caso! Non capisco però perché dieci donne nude possano andar bene e dieci uomini nudi no.

Di Elisabetta Bartucca per Oggialcinema.net


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :