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Marea nera in Nuova Zelanda: il petrolio raggiunge la costa

Creato il 10 ottobre 2011 da Dailyblog.it @daily_blog

Di Antonio Tomeo il 10 ottobre | ore 21 : 04 PM


Un’altra marea nera minaccia l’ambiente. Questa volta a essere in pericolo è la barriera corallina neozelandese. Nell’Oceano Pacifico sud, a 22 chilometri dalle spiagge della Nuova Zelanda, il 5 ottobre la nave container “Rena” si è incagliata sulla barriera corallina Astrolabe e ha cominciato a perdere del greggio riversandolo nel mare. La Bay of Plenty (Baia dell’Abbondanza), una delle zone più belle e importanti a livello faunistica “rischia di diventare la peggiore catastrofe ecologica marittima degli ultimi decenni in Nuova Zelanda” ha dichiarato il ministro dell’ambiente neozelandese, Nick Smith.

Il petrolio oggi è arrivato sulla costa neozelandese. Tracce di petrolio sulla spiaggia di Mount Maunganui, una località turistica della baia di Plenty, ma la situazione potrebbe peggiorare: la nave continua a buttare fuori il carburante. A bordo erano presenti circa 1700 tonnellate di greggio, e la tempesta prevista per questa sera, con venti che raggiungeranno i 90 chilometri orari, potrebbe peggiorare la situazione. “Seguiamo con attenzione le previsioni del tempo e la struttura dello scafo – ha dichiarato a Radio New Zealand Bruce Anderson, uno dei responsabili del Maritime New Zealand, l’Autorità per la sicurezza delle persone e dell’ambiente in mare – c’è il rischio di grandi danni e non ci facciamo illusioni a riguardo. Per questo stiamo lavorando 24 ore su 24 per portare via il carburante”.

Grande attenzione c’è anche rispetto alle condizioni della nave, perchè, secondo le informazioni del ministro dei trasporti, Steven Joyce, «c’è il rischio che la nave si spezzi in due e affondi». Se ciò dovesse accadere questo sarebbe un disastro ambientale senza precedenti. Tutte le 1.700 tonnellate di petrolio si riverserebbero nel mare aggredendo e danneggiando la barriera corallina ricca di pesci oltre a balene, delfini, foche, pinguini e procellarie. «Potrebbe essere un disastro per balenottere azzurre e delfini nella loro stagione di riproduzione, così come per numerose altre specie marine che vivono nella zona» spiega Greenpeace Italia dalle pagine di Facebook.

Per il momento quindi si lavora a grande velocità per limitare i danni. Sul posto sono già presenti circa 250 persone. Esperti e volontari arrivati da Australia, Gran Bretagna, Olanda e Singapore, per svolgere le operazioni di pompaggio, raccolta e contenimento del petrolio in mare. «Affrontare una fuoriuscita di petrolio in mare è sempre molto complicato – si legge ancora sul profilo Facebook di Greenpeace Italia – Anche una lenta perdita di carburante come quella del “Rena” sta mettendo a dura prova la capacità di risposta della Nuova Zelanda”. A complicare la situazione è l’inclinamento di 12 gradi della nave battente bandiera libica, ma di proprietà della compagnia di navigazione italiana Mediterranean Shipping Company.

A poco più di un anno dal disatro della Deepwater Horizon nel Golfo del Messico, la domanda nasce spontanea: quando si riuscirà ad abbandonare il petrolio per spostarsi sulle energie pulite?


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