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Marie-Madeleine d’Aubray de Brinvilliers, la marchesa dei veleni

Creato il 18 ottobre 2013 da Federbernardini53 @FedeBernardini

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Quando si parla di serial killer si fa riferimento, in genere, a individui di sesso maschile, ma numerosi sono gli esempi di donne pluriomicide la cui efferatezza, non di rado, supera addirittura quella degli uomini.

In un precedente articolo ci siamo occupati di quella che può considerarsi in assoluto, prendendo per buona la stima massima delle sue vittime (650), il più grande serial killer di tutti i tempi: la contessa Erzsébet Báthory.

Questa volta prenderemo in esame la vicenda della marchesa Marie-Madeleine d’Aubray de Brinvilliers, che nella seconda metà del XVII secolo dette inizio, alla corte del Re Sole, alla stagione dei veleni, che raggiungerà il culmine, nel 1680, con l’istituzione della “Camera ardente” e la condanna al rogo dell’avvelenatrice La Voisin, di cui sono note le liaisons dangereuses con Madame de Montespan, favorita di Luigi XIV, argomento di cui ci occuperemo in un successivo articolo.

Marie-Madeleine nasce da nobile famiglia nel 1630 e all’età di ventun anni è data in sposa ad Antoine Gobelin, molto più anziano di lei e di costumi corrotti.

Ai tradimenti del marito la marchesa risponde, e in ciò assecondava la sua natura viziosa, abbandonandosi a una vita sessuale promiscua, alla continua ricerca di amanti occasionali che soddisfacessero le sue foie di ninfomane.

Costume comune a molte nobildonne dell’epoca, che un’infrollita società aristocratica tollerava sino a quando alla ricerca di uno stallone… un toy boy, diremmo oggi, non subentrassero complicazioni di carattere sentimentale e affettivo che potessero mettere a rischio l’istituto matrimoniale. Nella storia recente il caso del marchese Camillo Casati Stampa di Soncino e della bella Anna Fallarino rappresenta questa mentalità, anche se in modo atipico, visto che era lo stesso marchese, per soddisfare le sue voglie represse di impotente, a procacciare alla moglie i suoi amanti occasionali.

File:Anna Fallarino Casati.jpg

Quando Marie-Madeleine si innamora del cavaliere Gaudin Sainte-Croix, la cui fama di vizioso non era inferiore alla sua, il padre della marchesa interviene prontamente per por fine alla tresca e riesce, con un pretesto, a far incarcerare il libertino. Cosa molto semplice per chi, come lui, era vicino all’ambiente di corte in un’epoca in cui, con una lettre de cachet, il re poteva far marcire chiunque alla Bastiglia senza alcuna giustificazione.

Durante la prigionia,  Sainte-Croix stringe amicizia con un avventuriero italiano, che gli rivela le formule dei veleni di Caterina de’ Medici e, appena rimesso in libertà, inizia a quei segreti la sua amante. Se ne serviranno per fare le loro vendette, ma prima occorre sperimentare l’efficacia delle loro pozioni. Come cavie vengono scelti i ricoverati nell’Ospedale Maggiore, dove la marchesa presta la sua generosa opera di dama carità, e dopo aver spedito all’altro mondo un congruo numero di poveracci, decidono che è arrivato il momento di consumare la loro vendetta ai danni del marchese padre, il quale muore avvelenato nel suo castello di Offemont.

E’ solo l’inizio, la follia omicida di Marie-Madeleine si scatena indiscriminatamente, ormai il suo scopo è il delitto gratuito e i primi a cadere sono due sorelle e un fratello del suo servo ed amante occasionale La Chaussès.

Quando decide di liberarsi del marito, interviene Sainte-Croix, su cui ormai la donna ha preso il sopravvento, che, terrorizzato dalla follia dell’amante, le impedisce di mettere in atto il suo disegno.

Mal gliene incoglie ed anch’egli finisce per cader vittima della marchesa, che fa dare alle fiamme il suo laboratorio alchemico, dove il suo corpo carbonizzato verrà rinvenuto insieme ai resti del suo diario che rivelerà agli inquirenti ogni particolare dei misfatti perpetrati dalla marchesa.

Marie-Madeleine si rifugia in un convento di Liegi, sotto la protezione della Chiesa, che neanche il re di Francia può violare. Ma interviene un giovane e brillante ufficiale, il Luogotenente Desgrais, che riesce, con uno stratagemma, a farla uscire dal luogo protetto. Come? E’ semplice, facendo leva sulla sua sfrenata libidine. Travestitosi da Abate riesce a farla invaghire e le dà appuntamento fuori delle mura del convento dove, ad aspettarla, trova i suoi uomini, che la traggono in arresto.

Nella sua cella verrà poi ritrovato il suo diario, che la condannerà senza rimedio. Nelle sue pagine si legge:

“Mi accuso di aver causato un incendio. Ho concepito desideri peccaminosi su mio fratello. Mi accuso di aver avuto commercio con un cugino di secondo grado, duecento volte. Da lui ho avuto un figlio. Ho avuto commercio con un primo cugino di mio marito, trecento volte. Era sposato. Mi accuso di aver avvelenato mio padre con le mie proprie mani. Ho avuto desiderio di avvelenare mia sorella perché mi rimproverava della mia condotta, che era orribile. Mi accuso che un giovanotto mi stuprò quando avevo sette anni (il fatto che si “accusi” si essere stata stuprata, e per di più in età infantile, la dice lunga sulla mentalità dell’epoca)”.

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Il processo a suo carico viene celebrato nel 1675 e, nonostante ella sia una rea confessa, a causa dello scandalo provocato dai suoi delitti viene egualmente sottoposta a efferate torture.

Da “mostro” Marie-Madeleine si trasforma improvvisamente in peccatrice pentita e desiderosa di espiare le sue colpe; sopporta con eroica fermezza le torture e con lo stesso spirito salirà sul patibolo.

Il 17 luglio del 1676, dopo essere stata esposta al pubblico ludibrio, la marchesa viene decapitata.

Inspiegabilmente, subito dopo la sua esecuzione, il popolo di Parigi cominciò a manifestare nei confronti della criminale, che aveva schernito e oltraggiato mentre attraversava la città sulla carretta dei condannati a morte, una sorta di venerazione, quasi si trattasse di una santa martire… mistero della ondivaga mentalità della piazza.

Ben presto cominciarono addirittura a circolare le sue “reliquie” e Marie-Madeleine d’Aubray de Brinvilliers, la marchesa dei veleni, finì per diventare, agli occhi del popolo di Parigi, il simbolo degli innocenti ingiustamente perseguitati dalla giustizia.

Tornando ai giorni nostri, non si può non riscontrare in questo caso inquietanti analogie con le vicende di un noto personaggio… avete indovinato a chi voglio alludere?

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Federico Bernardini

Illustrazioni:

1 - Marie-Madeleine

2 – Anna Fallarino Casati

3 - Marie-Madeleine torturata

4 - Marie-Madeleine al patibolo



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