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Mario Rigoni Stern: in suo ricordo, 16 giugno 2008 - 16 giugno 2010

Creato il 16 giugno 2010 da Sulromanzo
Mario Rigoni Stern: in suo ricordo, 16 giugno 2008 - 16 giugno 2010Di Morgan Palmas
Due anni fa moriva Mario Rigoni Stern. Un colpo per la letteratura. Circa un anno prima, nel 2007, ci lasciava un altro grande vicentino: Luigi Meneghello. Nel novembre del 2007 vivevo ancora a Roma, lontano da anni dal Veneto. E scrissi un pezzo che pubblicò Milvia Comastri. Lo riporto oggi qui a distanza di tempo. Incontrai Mario Rigoni Stern una sola volta, cercai quell'incontro e fui fortunato perché stava camminando nei pressi della sua casa. Ero palesemente emozionato, ma cercai di simulare una disinvoltura naturale quando mi presentai. Fu assai gentile e informale, come se volesse fare il nonno nei miei confronti. Mi disse alcune cose che sarà difficile dimenticare e mi sono promesso due anni fa che cercherò di tenere alta la sua memoria, nel mio piccolo. Ciao Mario.
[scrivo in italiano ciò che in realtà era stato detto in dialetto fra noi] - Lo vedi Morgan quel pino, certo che il tuo nome sembra di un soldato inglese, insomma lo vedi? -- Sì -- Lui è sempre fermo e vede tutto, la gente si muove sempre ogni santo giorno e sembra che non veda niente -.
Sensazioni vicentine
Dal mio paese d’origine, Lugo di Vicenza, rivolgo lo sguardo verso le colline di Monte di Malo, dove si giungeva con la bicicletta e nella cui piazza si attendeva l’alba. Da qui intravedo il nascere e il morire di una delle più belle avventure letterarie del Novecento: Malo e Thiene. Tento d’immaginare un volo pindarico che mi porti con la mente nella sua giovinezza, attorno a me fisso uomini che giocano a tressette in un’osteria e ragazzini che fanno bolle con la saliva per ingannare il tempo. Anni che non ho vissuto, ma che ho scoperto anche attraverso le parole di Luigi Meneghello. E così scruto molti bambini che nella piassa sono intenti a dugare. Un goto de vin bianco allieta le difficoltà quotidiane dei contadini e le chiacchiere delle donne del paese prese dal ragionare sulla tosa del Bepi che la ga scominsià a morosarse. Malo oggi è assai diversa, colma di aziende che hanno partecipato al fenomeno economico del Nordest, lì nacque Luigi, e trascorse la prima parte della sua esistenza, immersa in storie popolari dipinte per esempio ne Il prete bello di Parise, un altro grande autore vicentino. Una vita dedicata alla scrittura, fondando e dirigendo una delle più importanti cattedre di letteratura italiana in Gran Bretagna. Assieme alla moglie Katia tornava spesso nel borgo natio, aveva preso casa a Thiene, là, sulla mia destra, finché morta lei, si ritirò qui per altri tre anni prima che un infarto spegnesse la sua illustre voce narrativa. A pochi mesi dalla sua scomparsa, da vicentino, mi chiedo che cosa sia rimasto di lui. Certo, i suoi libri, la sua ironica curiosità verso le provinciali faccende di un paese, però se andiamo oltre il conosciuto e spostiamo il soggetto da considerare, temo che per la maggior parte dei vicentini Luigi Meneghello sia soltanto un nome fra i tanti. Amaro il mio giudizio, sì, lo è purtroppo. Non è la consueta diatriba classista fra raffinati amanti della cultura e ignoranti, è il sintomo di una provincia che ha trascorso gli ultimi decenni a produrre con grande operosità soltanto economia. Non solo Meneghello o Parise, pensiamo al mondo passato che ci hanno raccontato Renato Ghiotto o Virgilio Scapin, fra i numerosi vicentini. Ecco, guardando là sotto la pianura, zeppa di complessi industriali, fagocitando così la campagna, ho un unico pensiero: quanto ancora poteva riconoscersi Meneghello? Avrebbe da qui creato associazioni con I piccoli maestri o Jura?Non lo credo, eccetto nelle intonazioni udendo il suo caro dialetto al quale aveva dedicato diversi studi di settore.Se mi guardo alle spalle, là fra le montagne, c’è Asiago, dove vive tuttora Mario Rigoni Stern, nato un anno prima di Meneghello, lo ricordiamo soprattutto per Il sergente nella neve. E l’alba è assai presente anche nei suoi libri, nell’altopiano ha un sapore particolare per chi conosce quelle terre, rimembranze di guerra e mancanza di cibo. Forse ciò che più detesto della mia terra d’origine è questo: siamo stati zona di confine, in prima linea durante i conflitti bellici. Dovremmo avere nel sangue la solidarietà e la pietà, invece sembra che lo sviluppo economico che abbiamo promosso ci abbia fatto dimenticare da dove veniamo: dalle umili origini dei nostri contadini. Con il trascorrere degli anni le voci e le memorie degli anziani spariranno, non ci saranno più i Meneghello o i Rigoni Stern a descriverci chi eravamo, che cosa facevamo per sopravvivere e a narrarci le vicende d’un tempo lungo il fiume Astico, come fece Zanella, o Guido Piovene con il suo stile assai peculiare. I libri di sicuro rimarranno, ma chi li leggerà?Le nuove generazioni non sono come quelle di Libera nos a Malo, sono molto più superficiali. Mentre allora leggere era un privilegio di pochi, oggi, agghindati come alberi di Natale per andare nell’ultimo locale alla moda, perché si dovrebbe perdere ore sulle pagine d’un tomo che è meglio lasciarlo ingiallire? Dal mio paese è quasi il tramonto, dietro Monte di Malo il sole sta per abbandonarci per qualche ora e l’alba di domani non la inseguo gioiosamente, sarà più malinconica pensando a quanta creatività artistica sembra avere lottato invano. La letteratura possiede una sua utilità? Gli scrittori vicentini, con le loro parole, sono stati utili alla provincia di Vicenza? Per chi di voi ha letto le pagine di Meneghello, dovrebbe farsi un giro nella mia terra d’origine, passare per Malo o Thiene, scrutare l’opulenza che acceca la gran parte della popolazione locale, auto lussuose e abiti firmati che sono la normalità per numerosissimi. Non desidero allargare il discorso confrontando altre province o regioni, scrivo di ciò che conosco. Ahimè devo riconoscere che non vedo quasi nulla della letteratura vicentina oggi, se non le degenerazioni. Dopo ogni tramonto, nonostante l’amarezza, v’è sempre un’alba, ci sono per esempio Gian Antonio Stella o Vitaliano Trevisan, non perdiamoli di vista. Qui dove sono seduto fisso la chiesa del mio paese, non solo Malo, Thiene e parte della provincia vicentina. Ripenso alle ragioni per le quali me ne sono andato anni addietro e trovo molte risposte nelle parole di Meneghello. Vorrei tuttavia congedarmi da questi pungoli di riflessione citando Guido Piovene: “ Non so che cosa direbbe uno psicoanalista se gli rivelassi che, mobile come sono, e portato a girare il mondo, io sogno questi luoghi quasi ogni notte, e nei momenti d’ansia con dolcezza quasi ossessiva. Questa piccola parte della terra è per me veramente il grembo materno. Trascorrevo le notti su quel pezzo di strada negli anni in cui la solitudine era ancora un piacere”.

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