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Maro'/ Respinti i permessi, una mossa troppo azzardata

Creato il 17 dicembre 2014 da Mariagraziacoggiola
New Delhi, 17 dicembre 2014

E' ormai parecchio tempo che seguo la vicenda dei maro' - a febbraio saranno tre anni - e quindi mi permetto di fare tre considerazioni sull'ultima doccia fredda subita dal governo italiano.
1) Dal maggio scorso, quando la faccenda e' passata dalle mani di Staffan De Mistura a quelle di un team di super esperti britannici, e' calato il riserbo piu' assoluto anche su cose apparentemente insignificanti come le visite dei familiari a Delhi.
Prima il buon De Mistura, ad ogni sua missione a Delhi, riferiva di cosa stava avvenendo.  Ora da mesi non si sa piu' nulla. La parola d'ordine era, silenzio siamo al lavoro. Poi c'e' stata l'emergenza dell'ictus di Latorre e il suo rimpatrio.  Ora si trattava, semplicemente (secondo me) di chiedere una estensione del permesso ai giudici, magari presentando delle carte mediche in cui si diceva che aveva ancora bisogno di cure ecc ecc. Invece, non so per quale motivo, il team legale italiano ha voluto forzare la situazione e - a sorpresa - chiedere un permesso per Girone con la scusa  che i suoi figli pativano la mancanza del padre. Motivazione piu' che giustificata, per carita', ma che forse si e' scontrata con una giornata storta del giudice o semplicemente con il fatto che era inserita in un 'pacchetto' troppo ambizioso e decisamente azzardato.
2) Molto probabilmente il 'pacchetto' permessi era stato concordato  con gli indiani in trattative sottobanco.  Quando il neo ministro Gentiloni parlava del 'cambio di passo' forse intendeva  che italiani e indiani si stavano mettendo d'accordo su una via di uscita o per lo meno su delle concessioni che favevano salvare la faccia a Renzi, senza farla perdere a Modi.  Ma la giustizia indiana e' indipendente. Lo so che per noi italiani, puo' suonare impossibile, ma lo e', almeno a livello della Corte Suprema, organismo super rispettato e temuto dal governo.
3) Pochi in Italia lo hanno capito, ma da un anno c'e' un processo che e' stato avviato presso un giudice speciale a New Delhi e che e' bloccato a causa di un ricorso italiano. Questo potrebbe essere davvero il nostro cavallo di Troia. Dopo aver costretto New Delhi a fare marcia indietro sull'applicazione al caso di una legge anti terrorismo perche' era l'unica che si applicava fuori dalle acque internazionali, l'Italia ha il coltello dalla parte del manico. Gli indiani si sono incasinati e non sanno come uscire da un pasticciaccio giuridico che - per ironia della sorte  - deve sbrogliare Mukul Rohatgi, l'ex legale e principe del  foro diventato ora Procuratore generale.
Perche' non insistere su questo punto debole? Perche' non esigere la presentazione dei capi di accusa invece di bloccare il processo con i ricorsi? La polizia indiana Nia non e' ancora in grado di dire quale reato hanno commesso e quale legge si applica.  Su questo chiodo devono battere i super esperti londinesi. E poi, siccome attualmente non esiste risposta, come si dice da queste parti....fermarsi sulla sponda e aspettare che passi il cadavere.

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