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Martino Corti allo Spazio Tertulliano col suo secondo album “C’era una svolta…”

Creato il 02 ottobre 2014 da Musicstarsblog @MusicStarStaff

sddefaultRecensione – In anteprima nazionale, con uno spettacolo inedito in programma per 10 serate, mercoledì 1° ottobre alle ore 21.00 allo Spazio Tertulliano di via Tertulliano 68 a Milano, Martino Corti ha presentato il suo nuovo album “C’era una svolta – Monologhi Pop vol. 2”, prodotto dall’etichetta indipendente “Cimice” e distribuito su tutte le principali piattaforme italiane e internazionali – (teaser: http://youtu.be/wrtmfsyK6oU). All’interno della confezione non solo il nuovo CD con i brani musicali ma anche un secondo disco con l’audio, composto dai monologhi e dalle canzoni, dello spettacolo registrato live. Ad aprire lo show un cammeo audio dell’attrice di teatro e cinema Angela Finocchiaro che interpreta la madre di un bambino (Martino Corti in versione infantile) fin troppo sveglio e caustico, tanto da far battere in ritirata lo sventurato genitore. L’artista milanese, che ha rilanciato il teatro canzone re-interpretandolo in versione contemporanea, aggiunge inoltre i suoni elettronici alle sue tipiche performance acustiche coinvolgendo un dj nella sua nuova fatica artistica. Ad affiancarlo infatti sul palco, oltre a Luca Nobis alla chitarra acustica, c’è il Dj producer Kustrell, esperto di computer-music che fa dell’unione di suoni tradizionali con il sound della EDM la sua cifra stilistica. Dietro al palco, a curare la regia dello spettacolo é lo stesso Martino Corti con Gianfel ice Facchetti. Fonte d’ispirazione di Martino Corti è come sempre la vita quotidiana fatta di privato e di pubblico: una continua serie di paradossi intellettuali, filosofici, logici ed emotivi senza un convincente nesso tra loro che fanno dubitare che le sorti dei singoli e del mondo possano essere effettivamente magnifiche e progressive. “Nei miei spettacoli – spiega Martino – racconto di piccoli gesti, di attimi di poesia, di personaggi surreali in cui tutti noi prima o poi ci imbattiamo. Cerco di raccontarmi, di raccontarci, di raccontare i nostri tempi e la nostra società in modo semplice, diretto, perché per quanto possa non piacerci questa è la nostra epoca nel bene e nel male”. Il risultato di parole, battute e musica è una perfetta sintesi tra ironia, metafisica e voglia di ballare. Che è poi l’essenza del suo universo artistico fatto di canzoni e monologhi. Anzi: di monologhi (elettro) pop.

A spiegare con ironia perché ha chiamato le sue performance monologhi pop è lo stesso Martino Corti: “Abbiamo cercato un nome che potesse racchiudere il mio mondo artistico, ma che fosse anche nuovo: sono nati i “Monologhi Pop”, anche perché definendolo Teatro-Canzone i Gaber-integralisti ci avrebbero odiato e additato come pazzi, i giovani malcagato pensando “che palle il teatro” e gli addetti ai lavori avrebbero pensato “Ecco, un altro che porta in giro Gaber!”. Ma definire Monologhi Pop le performance di Martino Corti è soprattutto il miglior modo per descrivere la sua arte. Le sue canzoni, legate tra loro attraverso monologhi ironici che sono nello stesso tempo divertenti, profondi e commoventi, mostrano aspetti di noi stessi e della vita di tutti i giorni su cui spesso non ci si sofferma ma che condizionano profondamente la nostra quotidianità. “Ci sono tante frasi già scritte da artisti illustri che possono descrivere cosa intendo per Monologhi Pop” precisa Martino Corti.E’ però una frase di Charles Bukowski su tutte a racchiuderne l’essenza: “La gente é il più grande spettacolo del mondo. E non si paga il biglietto“. “C’era una svolta -Monologhi pop vol.2” é perciò la dimostrazione di come stare seduto in un bar davanti a cappuccino e brioche, litigare in macchina, provare a comprare da Leroy Merlin e una serie infinita di altre azioni quotidiane possano essere le immagini riflesse di qualcosa di più comico o di più terrificante. Ma “C’era una svolta” è anche il viaggio di un uomo, dalla nascita alla vecchiaia. Un viaggio da ridere, un viaggio da piangere. Un viaggio per ridere “profondamente”, anche sarcasticamente e beffardamente, di noi stessi.


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