Magazine Diario personale

Massimo pittau, sardo di sardegna

Da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

800px-Groot_Contstantia_vineyard_di Enrico Porqueddu. Come ci si sente quando un luminare della cultura sarda ti apre la porta di casa?

Piccini, piccini! E ti viene in mente che cosa hai rappresentato tu in quella cultura?

Davanti a lui e scorrendo il suo curriculum non puoi che concludere:..nulla!

Già, perché siamo in molti a cullarci del nostro ego che spesso è ipertrofico.

Questo ed altre riflessioni si alternavano nel mio pensiero martedì 2 luglio, quando, seduto in poltrona, in uno studio “assediato” da libri, enciclopedie e faldoni, tentavo di capire se fossi coccolato dalle lenzuola del mio letto, al calduccio e immerso in un sogno, di quelli che ti lasciano la bocca dolce, mentre mangi una formaggella, accompagnata da uno dei tanti squisiti mirti di Sardegna. Ma non era un sogno.

Massimo Pittau, uno dei più grandi linguisti sardi e non solo (natali nuoresi) mi stava di fronte, seguiva con curiosità tutto il mio parlare, il mio tentare di fargli capire che anch’io ero stato “cosa”,

ma era un mio intimo soliloquio, un modo per capacitarmi di quanto spesso la differenza sta nella consapevolezza che ognuno di noi ha di sé stessi. Ed ero davvero consapevole di trovarmi di fronte ad un cervellone, un vero, grande intellettuale che, però, esternava, nella sua semplicità, tutto il proprio sentirsi un “qualunque” padrone di casa che stava ospitando, momentaneamente, uno scrittore, Gavino Puggioni, ed un giornalista professionista di lungo corso.

Ed era stato proprio Gavino ad invitarmi a casa del professor Pittau perché era sua intenzione conoscerlo personalmente e magari fargli omaggio del suo ultimo lavoro poetico “Nella falesie dell’anima”, silloge che ho avuto il piacere di presentare qualche mese fa, presso l’Università di Sassari. Gavino è un curiosone, uno con gli occhi indagatori, uno che sente il respiro di una foglia e ne trae emozioni che traduce in versi, da sempre.

L’andare, quindi, a trovare Massimo Pittau non era tanto per provare l’emozione di donargli il suo libro, quanto, molto più furbescamente, per sentirlo parlare del suo percorso intellettuale e non solo di scrittore ma anche di docente universitario, di linguistica pura.

Peccato per Puggioni e per Pittau: la maggior parte del tempo trascorso in quella libreria-salotto l’ho occupata io, parlando del più e del meno, sulla situazione della stampa in Sardegna, delle mie esperienze professionali, del mio essere stato direttore per circa quarant’anni  del periodico “Il Sassarese”, dopo essere stato alla direzione di una importante emittente libera “Radio Città” e anche direttore di un’altra importante televisione privata “Super TV”.

Ma l’incontro voluto da Gavino Puggioni non aveva come obiettivo quello di sentir parlare Massimo Pittau? E con quale dovizia di notizie!…se non ci fossi stato io..!

Lui, il professore, avrebbe potuto parlarci di quand’era presidente della “Sotziedade Pro Sa Limba Sarda”, delle sue battaglie per l’affermazione della stessa, delle contrapposizioni con altri studiosi ed intellettuali isolani. Era un’occasione, forse unica, per sentire la testimonianza di un vero “prim’attore” della scena letteraria della Sardegna e non solo di questa.

Peccato davvero che io fossi lì, presente,…non avrei dovuto andarci o meglio avrei dovuto fare il giornalista e intervistare fuori le righe quel Massimo Pittau che ho sempre ammirato fin da quando ero ragazzetto.

Lui, di anni, ne ha 92, pensate un po’ che pozzo di inestimabili  ricordi custodisce nella sua mente!

Era o non era il caso che stessi ..zitto!

Già, in molti me lo dicono, quasi con morbido rimprovero, perché qualche volta devo ascoltare più che parlare! Ma forse sto esagerando perché le poche ore trascorse in quella libreria di casa sua mi hanno riempito il cuore di confortevoli considerazioni nel confronti di questo personaggio, la cui conoscenza risale a lunga data, con un piccolo, oggi doloroso, difetto: non ci siamo mai frequentati:

Ho scritto di lui abbastanza poco e credo di non averlo mai intervistato. Scambiato qualche chiacchiera, questo sì, ma nulla di più e quasi quasi me ne pento.

E adesso mi viene naturale altra riflessione: ma perché viviamo così velocemente? perché, a volte, non riusciamo a “pesare” l’altro, quel semisconosciuto, solo a noi, di cui molti parlano per l’impegno, per la cultura, per la dirittura morale? Perché ce la caviamo coi soliti convenevoli?..

“ come sta?” “oh! Che bello rivederla, caro professore!” “come va in famiglia?” “ha visto l’ultimo film di Tornatore?” ”arrivederci, mi saluti la famiglia!”

Se ne vanno via, così, chi sa quante occasioni con altrettante possibilità di dialogo!

Ed eccomi, allora, a spiegare, forse, il perché di quell’eccessiva verbosità che a volte mi prende senza rendermi conto che in tal guisa mi becco critiche che io stesso mi sono cercato.

Dice, il mondo va veloce, troppo veloce ed io dico: colpa nostra, della nostra a volte complessa personalità, del nostro voler apparire a tutti i costi. Quell’ego indomabile che ci sovrasta, che manda in tilt il raziocinio ed il rispetto che è dovuto ad altri.

Voglia di protagonismo? Oddio! che stia facendo mea culpa? E perché dovrei?

Del resto, a casa Pittau eravamo in tre: Massimo, Gavino, Enrico e allora perché Enrico, l’ultimo fra i tre, s’è appropriato della scena? Forse perché gli altri due erano i veri primi attori, non comprimari, che non hanno saputo contenere quel fiume in piena che li ha investiti.

Col senno del poi mi colpisce l’occasione persa per sentire qualcosa di più di Massimo Pittau, di tutti quei premi ricevuti nel corso della sua carriera, di quel “Premio della Cultura” assegnatogli dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri nel 1972, delle diverse lauree conseguite, di tanti, tantissimi libri che ha scritto.

Per ascoltare anche del suo privato, dei suoi cari, di chi gli sta intorno e lo ama, lo vezzeggia (forse…) delle sue letture, del suo scrivere e scrivere ancora e di chi sa quanti libri ha aperto, letto qualche pagina e lasciandoli, dopo, sulla scrivania. – Domani riprendo a leggerli -  e invece no.

Il giorno dopo, eccotelo a scrivere un altro libro sulla Sardegna nuragica e poi ancora di linguistica.

Mentre ancora mi cospargo di cenere la testa per la troppa mia invadenza che ha caratterizzato la serata, una domanda mi si pone: perché mi hanno lasciato parlare così a lungo?

E non ho che una risposta: probabilmente perché sono un bravo oratore! ma credeteci poco…

E allora, cari Massimo e Gavino, prima di invitarmi ad altro incontro, pensateci bene!

A meno che  non siate..masochisti…

Featured image, vitigno molto simile a quelli ogliastrini conservati nella memoria, fonte Wikipedia.

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