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Matrix (1999) di Lana e Andy Wachowski, una pellicola filosofica.

Creato il 05 maggio 2013 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

421px-Hilary_Putnamdi Michele Marsonet. I rapporti tra cinema e filosofia non sono mai stati particolarmente stretti. E’ possibile intravedere spunti filosofici – spesso inconsapevoli – in numerosi film. “2001: Odissea nello spazio” e “Solaris”, per esempio, fanno riflettere sul possibile conflitto tra macchine ed esseri umani. Più frequenti i casi di “contaminazione religiosa”. Basti rammentare tanti lavori di Ingmar Bergman e “Andrej Rublev” di Tarkovskij, lo stesso regista del già citato “Solaris”, ispirato dal romanzo di fantascienza dello scrittore polacco Stanislaw Lem. In simili casi, tuttavia, il filosofo non ha mai l’impressione di “sentirsi a casa”, e il rapporto con la sua disciplina è piuttosto mediato.

Tutt’altra storia con “Matrix”, pellicola del 1999 diretta da Lana e Andy Wachowski. Qui la presenza del discorso filosofico è davvero evidente, anche se di essa sono pienamente consapevoli solo gli specialisti del settore.

L’angoscia che attraversa il fim dall’inizio alla fine è la stessa suscitata dagli argomenti scettici che popolano il pensiero occidentale sin dalle sue origini. Siamo davvero sicuri che il mondo sia come ci appare? Quali garanzie abbiamo circa il fatto che i sensi non ci ingannino sempre? Perché è noto che ci depistano spesso, ma se lo fanno in ogni giorno, minuto e istante della nostra vita quotidiana, allora il dubbio diventa universale.

Già Descartes aveva notato che nel corso dell’attività onirica non ci rendiamo conto di stare sognando e siamo naturalmente portati a credere di trovarci in una situazione reale. E solo al risveglio riusciamo a comprendere che le esperienze “vissute” in tali situazioni si collocano su un piano puramente mentale. Chi può garantire, tuttavia, che il risveglio non sia anch’esso parte del sogno, facendo così sfumare la realtà in una dimensione di permanente illusione?

Un celebre saggio del 1981 di Hilary Putnam, nel quale il filosofo americano propone l’argomento dei “cervelli nella vasca” (Brains in a Vat), ha dato nuova linfa a questo filone di indagine. Per quanto ne sappiamo, potremmo essere tutti dei cervelli rimossi dai nostri corpi da parte di uno scienziato pazzo – o malvagio, a seconda dei punti di vista – e posti in una vasca riempita con sostanze chimiche che li tengono in vita. Connesse a un computer di enorme potenza, le terminazioni nervose ci fornirebbero le stesse impressioni che riceviamo nel cosiddetto mondo reale. E invece tale mondo sarebbe puramente illusorio.

L’dea che sta alla base di “Matrix” è piuttosto simile. Dopo una lunga lotta tra uomini e  macchine “intelligenti”, quest’ultime sono riuscite a “coltivare” tantissimi esseri umani entro baccelli usando il loro calore come fonte di energia. La realtà illusoria in cui costoro vivono è la Matrice, costruita sul modello di un mondo reale pre-esistente, che fa credere ai suoi prigionieri di condurre un’esistenza normale. Ma alcuni sono riusciti a salvarsi e attendono un “eletto” in grado di violare il codice della Matrice liberando l’umanità e concludendo in modo vittorioso la guerra contro le macchine.

La trama del film, in fondo, conta assai meno del messaggio che esso trasmette. I grandi progressi compiuti dall’Intelligenza Artificiale, non a caso terreno di interesse comune a ingegneri, filosofi e scienziati, destano in noi un comprensibile senso di orgoglio. Scordiamo però che macchine davvero intelligenti potrebbero avere la tentazione di sottometterci in maniera definitiva, seppellendoci in una realtà che sarebbe al contempo virtuale e terrificante.

Non possiamo neppure contare sulle leggi della robotica di Asimov, dal momento che le macchine in questione non sono disposte a concederci alcunché né sono vincolate da limiti etici. Vogliono dominarci senza lasciare alcuna speranza di salvezza. L’etica è quella delle macchine, non la nostra.

“Matrix” è dunque il film filosofico per eccellenza, anche se il grande pubblico spesso non se ne rende conto lasciandosi affascinare dagli effetti speciali. Si tratta, in sostanza, di una riflessione condotta per immagini sul destino dell’umanità e altri temi classici della filosofia quali il rapporto mente/corpo e il libero arbitrio.

Featured image, Hilary Putnam, source Wikipedia.

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