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MATTEO CONTRO MATTEO #renzi #salvini #politica

Creato il 05 dicembre 2014 da Albertomax @albertomassazza

salvini renzi

L’irresistibile ascesa del felpato leader del Carroccio parrebbe proporre un’inedita sfida tra due omonimi quarantenni per il futuro governo dell’Italia. Da una parte Matteo Renzi, rinnovatore (più che rottamatore) della tradizione tutta italiana della politica dei due forni, abilissimo nel barcamenarsi tra posizioni opposte e nel far risaltare (il tempo dirà se legittimamente o meno) la sua figura di riformista, al contempo dialogante e decisionista; dall’altra, Matteo Salvini, resuscitatore e delocalizzatore della tradizione leghista, abile nell’infiltrarsi nel campo aperto dalla crisi d’identità berlusconiana e dal tafazzismo grillino per fare incetta dei loro voti. Aldilà della volatilità del consenso in una fase critica come l’attuale, Renzi ha già dato prova di poter realizzare la propria vocazione maggioritaria. Il suo posizionamento al centro tra una tradizione di sinistra sempre più smarrita e una prospettiva liberalista acefala e in cerca di un interprete adeguato, gli consente di poter contare su un bacino elettorale stabilmente ampio (sempre considerando i riscontri effettivi della sua azione di governo che saranno, manco a dirlo, determinanti).

Di contro, la vocazione maggioritaria di Salvini parrebbe poggiare su basi ben più aleatorie, provenendo da una tradizione localista che ha fatto della contrapposizione nord-sud il suo cavallo di battaglia. Non basta di certo essersi messo sulle tracce di Marine Le Pen per sdoganare la Lega come partito nazionale, capace di ottenere il consenso indipendentemente dalla geografia. Anche i recenti buoni risultati elettorali ottenuti alle Europee e alle Regionali in Emilia-Romagna (che è comunque una regione del nord, con buona parte del territorio occupato dalla Pianura Padana), a guardar bene i numeri, più che il boom sensazionale che si vuol far credere, sono stati una dimostrazione della capacità di mobilitare il proprio elettorato (nonostante la grandinata di scandali degli ultimi anni) e di rastrellare voti tra i disorientati berlusconiani e grillini. Certo, la legittimazione come leader del centrodestra porterebbe a un notevole allargamento del suo consenso personale, ma sempre ben lontano da quello ottenuto dal Berlusconi dei tempi d’oro. La sua leadership spingerebbe una parte dell’elettorato di Forza Italia nelle braccia di Renzi, il quale ha già di per sé dimostrato di essere in grado di erodere il consenso del centrodestra.

Solo un asse con Grillo potrebbe impensierire l’attuale premier, ma appare poco probabile che il leader pentastellato rinunci alla sua aura di unico alieno della politica nazionale per mettersi umilmente al servizio della causa di Salvini. Non mancano i punti in comune tra i due (entrambi anti-Euro e anti-Renzi), ma non sono abbastanza per pensare a una saldatura tra le rispettive basi elettorali, estremamente identitaria e conservatrice quella leghista, eteroclita e utopista quella grillina. La vera antagonista di Renzi è la realtà, nel senso che solo il giudizio degli elettori sugli effetti della sua azione di governo ne decreterà il successo o l’insuccesso. Nel caso che per lui le cose volgano al peggio, Salvini può star sereno: ci sarà qualcun altro in grado accattivarsi le simpatie della maggioranza silenziosa italiana e fronteggiare il suo sgangherato tentativo di proporsi come alternativa di governo.

 



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