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Media e Governo alla guerra dei ricchi

Creato il 28 giugno 2013 da Albertocapece

l43-indesit-operai-caserta-130605161101_mediumAnna Lombroso per il Simplicissimus
Letta: dall’Ue 1,5 miliardi per i giovani, ora le imprese li assumano. Il premier al vertice Ue di Bruxelles parla di risultato importante per l’Italia e annuncia: «Adesso può iniziare la fase due dedicata al lavoro».
Si saranno spaventate le aziende italiane di fronte all’industrioso ultimatum del premier? Il diktat di Letta sarà suonato talmente minaccioso da indurre a risposte dimostrative, che le assunzioni, se ci saranno, dovranno adeguarsi a regole inflessibili, quelle della demolizione totale dell’edificio di garanzie e tutele conquistate in secoli di lotte?
Certo è che l’lndesit ha scelto la strada dello sberleffo provocatorio a sindacati e perfino a questo governo, avviando la procedura di “messa in libertà” (sic) dei lavoratori di Fabriano. Un gesto inequivocabile quello dell’azienda, come ormai sono sempre più esemplari e rivelatrici le azioni delle imprese in guerra aperta contro i lavoratori e il lavoro, per trasformarli in servi senza tutele, e per mutarlo in schiavitù.
E infatti la Indesit ha annunciato il fermo produttivo fino al 2 luglio “perché gli scioperi hanno reso impossibile approvvigionare correttamente le linee”, mandando a casa i lavoratori degli stabilimenti di Melano e Albacina a Fabriano, come rappresaglia dopo gli scioperi indetti dai sindacati contro il piano di ristrutturazione dell’azienda. E per dare un segno indubitabile di fermezza, ha sospeso senza retribuzione anche i lavoratori non scioperanti, così imparano, che per caso non si facciano venire strane idee, a scopo preventivo e didattico.
Mica occorre essere Bakunin per capire che si tratta di un comportamento non solo antisindacale, ma mosso contro la democrazia e la legalità. Come a Melfi dove la Fiat in barba alla sentenza di un tribunale, non fa entrare in fabbrica tre operai reintegrati.
La guerra dei manager e degli imprenditori, quelli che in questi anni si sono serviti dello Stato solo come elemosiniere e foraggiatore, quelli che hanno evaso le tasse e le norme della più elementare sicurezza e responsabilità sociale, quelli che i proventi li hanno festosamente messi nel circolo del gioco d’azzardo finanzario, in dispregio a investimenti in tecnologie e qualità, quella guerra non permette debolezze e cedimenti in vista della vittoria di una economia, informale la chiamano, che deve imporre al posto della legalità, della giustizia e delle regole, flessibilità sempre più immorali, precarietà sempre più inique, mobilità sempre più illegittime.
Il caso dell’Indesit è simbolico del loro atteggiamento perfino nei confronti di un governo che, nel segno della continuità, vive una condizione di perenne assoggettamento e subalternità. La pedagogia tossica della moderna cultura industriale si rivolge anche al ministro Pd dello Sviluppo che proprio ieri pensava di essersi portato a casa un “successo”, un accordo stipulato con l’Ad per aprire un tavolo nazionale, fissato per il 3 luglio e la promessa di continuare a produrre in Italia dopo il “riassetto”, spostando in Turchia e Polonia le sole produzioni ‘non competitive’ (tutto il settore del freddo). E l’impegno a non procedere con licenziamenti ma con un piano di ammortizzatori sociali, rinnovando la disponibilità ad individuare insieme alle parti sociali soluzioni diverse a sostegno dell’occupazione dei lavoratori coinvolti.
Ecco, oggi si è visto quale sia secondo la Indesit la soluzione diversa, quella dell’intimidazione, del ricatto, della minaccia e del ghigno beffardo e oltraggioso nei confronti di un governo dichiaratamente succube, esplicitamente debole.
Stamattina la Maria Teresa Meli, una che ha scoperto fin da giovane che è profittevole abbaiare con tutti, ma mordere solo alcuni, ha mostrato i denti a Landini dalla comoda poltrona di un talkshow, accusando – ma che novità – la Fiom di proteggere i garantiti a danno dei giovani e dei precari.
È un mantra unificante, bipartisan e osceno come ormai lo sono tutte le strofette entusiastiche in favore della santa alleanza e delle grandi pacificazioni, perché a ambo le parti ridotte a una sola piace la pace in alto e la guerra in basso, tra i lavoratori messi gli uni contro gli altri, tra i cittadini i cui patti millenari e i cui vincoli di amicizia sono stati spezzati. Ai commentatori sussiegosi con la puzza al naso e il culo al caldo piace stare a guardare le guerre tra poveri come fossero gli scontri tra i cani o i duelli tra i galli, gli piace vedere scorrere il sangue non quello proprio, tanto, se circola, è blu.
Ormai sia chiaro che non ci sono più garantiti, non ci sono più tutele, non ci sono più certezze se non quella della desiderabilità perversa del ricatto che assicura – chissà fino a quando – la fatica. E non ci sono più diritti, perché la loro lesione si ripercuote su tutti e li ferisce.


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