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"Meglio soli o (anche) male accompagnati?" di Franco Bifani

Creato il 18 febbraio 2015 da Ambrogio Ponzi @lucecolore
Non è bene che l'uomo sia solo -aveva capito subito Iddio Creatore, che viveva, non per niente, ab aeterno, in compagnia di altre due divinità; tempo dopo, anche Ovidio gli diede ragione, con il suo Tristis eris, si solus eris.  E così Iddio assemblò quell'oggetto meraviglioso che è la donna. Poi, i due nostri progenitori, ne combinarono una proprio grossa, scusandosi col dire: “Soli eravamo e sanza alcun sospetto”.   Ma Jahwè era un assiduo guardone. Ed un giorno, persino il Petrarca, impenitente sottaniere, evidentemente in preda ad un torcibudelle lancinante, aveva borbottato, alla ricerca di un luogo appartato di sfogo: “Solo e pensoso i più deserti campi vo mesurando, a passi tardi e lenti e gli occhi porto per fuggire intenti, ove vestigio uman la rena stampi”. 
Io credo che, spesso, un uomo solo sia in cattiva compagnia, dato che si trova costantemente con se stesso. 
La lingua inglese ha saggiamente intuito i due aspetti contraddittori della solitudine, ed ha creato la parola “solitude” per esprimere il dolore di essere soli, e “loneliness” per esprimere la serenità di rimanere senza alcuna compagnia. Nella lingua italiana, per esprimere i due concetti, esiste solo la parola “solitudine”, quindi, sola soletta, pure essa. Essa costituisce il dramma della vita per molti; e tuttavia, tante persone felici sono dei solitari. Fingono o è veramente così? Un uomo, comunque, deve mantenere un piccolo recesso dove può essere se stesso, senza riserve. Solo così può conoscere un poco di libertà. E, spesso, senza una certa solitudine, nessun serio lavoro è possibile. Per me, rappresenta uno sforzo notevole, perché io amo parlare ed essere ascoltato; il silenzio rappresenta un tormento e ho bisogno di molti giorni di logorrea, verbale o scritta, per sopportare anche solo una breve solitudine. Il romitaggio è come un pasto piacevole, a patto che non venga consumato ogni giorno. Infatti, un uomo, che mangi sempre solo, assomiglia più ad un animale ad una mangiatoia. E chi dorme in un letto vuoto, non si riposa mai veramente, con un sonno ristoratore, riscaldato dal tepore di un'altra presenza umana. Noi siamo molto soli, soprattutto nella sofferenza; è un fatto deprimente, ma rende possibile la felicità al resto del mondo, che, tra gesti apotropaici, si rallegra del fatto che la disgrazia è capitata ad altri. E' il motivo che rallegra tanta umanità mediocre, quando passa in rivista la pagina dei morti, sui quotidiani, toccandosi per tutta la durata della lettura.  Sto sperimentando, da qualche tempo a questa parte, questa prava indifferenza e mancanza di senso di vicinanza; epperò, la compartecipazione becera, melensa, falsa ed ipocrita, mi procura ancor maggior fastidio.  Ho letto il messaggio quaresimale del Vescovo Mazza; non posso che concordare con lui, per quanto riguarda l'indifferenza, il peggior peccato contro l'umanità, prima ancora dell'odio, quintessenza della disumanità.  Il Belli sentenziava: “Pe' cchi vo' vive l'anni de Novè, ciò un zegreto sicuro, e te lo dò: lo sciroppetto der dottor Me ne frego.” Perciò, a volte, se la solitudine pesa, certe compagnie ti distruggono e la si sopporta meglio, quando si pensa con quali personaggi potrebbe essere sostituita. Non sono mai stato
Tanto
 Attaccato alla vita.” - Giuseppe Ungaretti.  Ma anche: “Ognuno sta solo sul cuor della terra, trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera” - Salvatore Quasimodo Franco Bifani


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