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Melancholia – Lars von Trier

Creato il 06 maggio 2013 da Maxscorda @MaxScorda

6 maggio 2013 Lascia un commento

Melancholia
Devo premettere che non saro’ obiettivo, anzi saro’ irrazionale e guidato da antiche pulsioni. Devo anche tributare a  Moralia in lob la spinta necessaria per dedicarmi ad una piccola retrospettiva su von Trier, iniziando dall’ultimo film, "Melancholia".
Dopo sette minuti e mezzo dall’inizio scottavo di passione, emozionato e sconvolto, logica in vacca ed eterna riconoscenza al regista.
Reazione esagerata? No. L’istante della fine del mondo e’ una mia piccola fissa sin da quando bambino leggevo i primi libri di fantascienza e in qualche modo von Trier ha una visione molto simile alla mia
Emerge il precipitato sedimentato in decenni di film e letture, il Poe de "La maschera della morte rossa", la Wismar herzoghiana in preda alla follia e alla morte, lo sgomento di Rod Steiger nella fine del mondo de "L’uomo illustrato", l’immane seppur glorioso strazio dell’immortale "Le guide del tramonto" di Clarke e certo, il Tarkovskij di "Stalker" e "Solaris" nel viaggio dentro a mondi infranti e ancora oltre.
In quei primi sette minuti, c’e’ tutta la visione di Greenaway prima che perdesse il controllo sulla propria estetica e c’e’ tutta la poetica di Tarkovskij e Sokurov, suo figlio piu’ caro, che non cessa di esaurirsi col tempo.
Psicodramma terribile perche’ come animali che percepiscono l’approssimarsi del pericolo, i protagonisti implodono nella tragedia ponendo ignari il matrimonio al centro del problema e non suo punto di partenza.
Si conosce il finale, si conosce l’inizio e tutto quanto sta in mezzo e’ un oceano di angoscia e ansia, la claustrofobica sensazione di chi conscio del proprio destino, non puo’ accettarlo ma nemmeno fuggire.
Mescolando nel calderone la vita carica di tensione e segreti della protagonista, un’incredibile Kirsten Dunst e della sua famiglia, che nel giorno del matrimonio pare sgretolarsi in una lucida follia premonitrice di quanto sta per accadere. L’effetto e’ devastante.
In realta’ e’ tutto un precipitare veloce dentro la morte, con la possibile declinazione della depressione come stato alterato di percezione della realta’ in una simbiosi con la natura privilegiata e animalesca.
Mi sento spaventato ed estasiato, vi sono fili nascosti o dimenticati che evidentemente von Trier ha toccato con la sua opera.
Fosse solo per questo film, restassero solo delusioni, il nome di von Trier e’ gia’ stato scritto in me. 

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