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Memento, remember Leonard Shelby

Creato il 02 agosto 2014 da Nicola933
di Michele Giacci Memento, remember Leonard Shelby - 2 agosto 2014

(id.)
Genere: Noir, thriller
Regia:
Christopher Nolan
Soggetto e sceneggiatura: Jonathan Nolan, Christopher Nolan
Cast: Guy Pearce, Carrie-Anne Moss, Joe Pantoliano, Mark Boone Junior
2000
113 min

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Di Michele Giacci. Titoli di testa. Primo piano della mano di un uomo che regge l’istantanea di una Polaroid. La foto ritrae il corpo disteso di un altro uomo in un lago di sangue. La mano sembra voler asciugare la foto che invece sta sbiadendo. Stacco. La mano infila la foto all’interno della Polaroid 690. Scatta il flash. Scopriamo il volto dell’uomo che mette via l’apparecchio fotografico mentre un rivolo di sangue compie uno strano percorso. Dettaglio di un bossolo, un paio di occhiali da vista ricoperti di sangue e poi il corpo disteso a terra che si intravedeva nella foto. L’arma del delitto si muove verso la mano destra dell’uomo, il bossolo e gli occhiali rimbalzano e il corpo inerme prende vita avvicinandosi alla canna della pistola. Parte un colpo. Schermo nero.

All’inizio del terzo millennio l’allora sconosciuto Christopher Nolan (visto la cattivissima distribuzione di Following) realizza uno dei migliori film rompicapo della storia del cinema: Memento. Accolto tiepidamente a Venezia e durante la distribuzione, il film divenne un vero e proprio cult e i pochi che lo videro iniziarono a pubblicizzarlo con le ultime VHS a noleggio rimaste ancora in vita.

Leonard Shelby viene da San Francisco, fa l’agente assicurativo e ha un solo scopo nella vita: trovare chi ha violentato e ucciso sua moglie. Dal giorno dell’incidente Leonard non riesce ad assimilare nuovi ricordi, non ricorda nulla di ciò che gli accade e per questo usa il metodo delle foto di riconoscimento, degli appunti e dei più efficaci tatuaggi sulla propria pelle.

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Il prologo iniziale scorre al contrario, è un nastro che si riavvolge in cui ci viene mostrato un omicidio. Nella scena successiva scopriamo che l’omicida è il protagonista della pellicola e nella scena ancora dopo appare la vittima in perfette condizioni che sembra conoscere molto bene il suo assassino. E’ subito chiaro che il film trova la sua peculiarità nell’intreccio delle scene. Montaggio che destrutturalizza la storia facendola scorrere dalla fine verso l’inizio. Leonard dimentica tutto nel giro di pochi minuti, si sveglia in posti che non conosce, indossa abiti che non sono i suoi e scopre ogni giorno il suo corpo ricoperto di frasi, numeri, graffiti che gli ricordano il suo disturbo, la targa di un auto, di non rispondere al telefono e soprattutto che “John G. raped and murdered my wife”.

La struttura stessa del film è una metafora della condizione del protagonista (cinema allegorico in senso stretto). Per effetto della composizione, la malattia del personaggio principale è direttamente percepibile dagli spettatori i quali, confusi e disorientati, arrivano quasi a considerare le conseguenze di una vita senza memoria. E’ come se lo sparo iniziale avesse frantumato la narrazione e il protagonista, per via del disturbo della memoria, non ricorda come ricostruirla. Quante volte avete raccontato un film saltando qualche scena per poi ricordarla successivamente e mischiando il tutto avete creato un enorme confusione?

Memento
Ogni scena del film ha la durata di memoria di Leonard e ognuno di questi capitoli inizia con la conclusione del capitolo successivo. Il film riflette l’assenza del passato nella struttura narrativa presente. Non è difficile collocare gli elementi narrativi in una struttura coerente, ma si prova un senso di difficoltà nell’usare la memoria. Ricordiamo le varie parti del film ma non siamo in grado di collocarle una dopo l’altra, perché non siamo in grado di ricordare se sono avvenute prima o dopo, o se dobbiamo inserirle nella struttura del film o nella mente di Leonard. Difatti, parallelamente a questa, ci viene mostrata un’altra linea temporale che scorre in ordine cronologico e sistematico rispetto al resto del film, in grado di aiutare lo spettatore meno attento; una ventina di minuti che si alternano agli altri capitoli del film e che si distinguono per l’uso del bianco e nero.

All’inizio non è difficile capire di cosa narri il film, è difficile determinare “come” lo stia facendo. Lo spettatore afferra la narrazione quando è in grado di porre le informazioni narrative in moduli cognitivi collegati, informazioni che si ripetono spesso nel film. All’inizio di Memento, già siamo in grado di fare un’ipotesi relativa alla forma del film. Riprendiamo la sequenza iniziale, quella della Polaroid. Lo spettatore è testimone diretto della regressione della direzione: il movimento inverso della sequenza è accuratamente preparato per giustificare l’irregolare svolgimento degli eventi.

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La successiva sequenza in B/W offre un modo per risolvere la perplessità, ma non subito, perché mentre si sente ancora l’eco dello sparo durante la dissolvenza in nero, un estremo close-up mostra gli occhi del protagonista. La voce fuori campo presenta il flusso interiore del pensiero: Leonard chiede a se stesso dove si trova. Dunque anche lo spettatore si chiede se esista una relazione tra questa sequenza in B/W e quella precedente a colori. Connessioni temporali o casuali? E’ successo davvero o deve ancora avvenire?

Il film scorre seguendo questo schema per tutta la sua durata ed è impossibile ricordare più di quattro o cinque elementi nella memoria a breve termine. Mentre il film continua a presentare nuovi elementi da elaborare, noi non riusciamo a mantenere la narrazione pulita nella nostra mente. Così, tendiamo a costruire una mappa locale degli eventi, soprattutto di quelli più importanti e lo facciamo grazie ad espedienti mnemonici che ci ricordano le fasi precedenti o successive dell’azione un po’ come fa Leonard che spiega la sua malattia tramite il ricordo di Sammy Jankis, un uomo che come lui, in seguito a un incidente, aveva perso la memoria a breve termine.

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“Remember Sammy Jankis”, ripete spesso Leonard, un memorandum – tra i tanti – tatuato sul suo corpo. Diventa persino una sorta di motto del film stesso. La frase vuole ricordare a Leonard la sua condizione, come un’etichetta, dislocata in parti del film dove è necessario ricordare la situazione di un uomo senza memoria. L’uso sistematico di questo espediente è un promemoria anche per lo spettatore. Stabilite le difficoltà nel costruire una storia che scorre dalla fine all’inizio siamo invitati a confrontare le situazioni dei personaggi. La storia di Sammy Jankis è un modo per collegare la nostra attenzione alle condizioni di Leonard. Leonard è Sammy, lo spettatore è Leonard.

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Leonard vive in un mondo di paure che si amplificano ad ogni suo risveglio in un posto sempre sconosciuto, attorniato da gente diversa ogni volta (“Ma ora so che uno finge. Perché se pensi che qualcuno si aspetti che tu lo riconosca, fingi di riconoscerlo”) a cui mente per non sentirsi diverso. Dall’altra parte c’è l’ossessiva ricerca verso la vendetta ostacolata dall’amico/nemico Teddy. Ma anche lo stesso Leonard diventa doppiamente ambiguo: da ”eroe” e soprattutto vittima finisce col diventare (colpa della formattazione della mente) un personaggio moralmente sbagliato ai limiti dell’anti-eroe. Rifiuta una vita d’automa e si impone la normalità che gli altri non vedono, ma che lui si ostina ad annotare meticolosamente su foto, blocchetti di carta e sulla pelle.

“Lei non c’è più e il presente è un vuoto che ricopio sui miei maledetti appunti”

Leonard è il simbolo perfetto dell’uomo fallito che combatte con la menzogna. Cerca di scoprire la verità ma raggiunge solamente l’origine di tale menzogna senza però riuscire ad accettarla, perché si costruisce la verità (”Tu non vuoi sapere la verità, tu crei la tua verità!” -Teddy) che lo tiene prigioniero di un loop senza possibilità di uscita, regalandosi ogni volta un motivo per la quale vivere. Eppure il regista ci mostra nel finale, in qualche frame, la terribile possibilità che sia stato lui stesso a distruggere la sua esistenza, ad uccidere la sua unica ragione di vita, possibilità che gli viene raccontata da Teddy ma troppo assurda da digerire, troppo macabra da credere (”Don’t believe his lies!”). A cosa serve la realtà di fronte al tentativo di una verità che meglio si adatti bene alle proprie necessità? Personaggio al di là del bene e del male con tutte le caratteristiche dell’essere umano: debole, insicuro ed imperfetto.

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Christopher Nolan fornisce allo spettatore tutte le informazioni del caso per poter fare chiarezza sulla vicenda. Vari elementi che distruggono e fortificano i giochi di mente. Strumenti mnemonici che hanno la funzione di riassumere l’intero film. All’inizio vediamo Leonard uccidere Teddy. Leonard è stato utilizzato da Teddy per uccidere Jimmy, e poi utilizzato da Natalie per uccidere Teddy. Il colpo di scena finale, mostra Leonard allontanarsi da Teddy, andando in una direzione che sappiamo essere priva di senso. Qui sta il senso del film, e della vita stessa di un malato incurabile.

Ha già ucciso John G. e se l’è dimenticato?
Ha ucciso quello giusto e se l’è dimenticato comunque?
Esiste davvero un John G.?
Esiste davvero un Sammy Jankis?

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Memento è un film sulla memoria e l’oblio. Memento è un film sul tempo passato, e sui ricordi. Il punto più avanzato nel tempo non è un’azione, ma un’immagine. Memento invita lo spettatore ad usare le sue abilità cognitive e della memoria per comprendere ciò che il personaggio principale non è in grado di comprendere. Se a Leonard manca la possibilità di vedere la situazione della sua vita in maniera cristallina, lo spettatore può aiutarlo. E ciò che può capire è il centro dell’interesse di tutti. Memento, come altri film contemporanei, offre l’opportunità di considerare un numero elevato di risposte, al di là del valore estetico della pellicola. Possiamo studiare l’esperienza dello spettatore, del suo assorbimento mentale di fronte ad un film complesso, e gli effetti che ne derivano. Memento è un film che va ricordato e preservato o ricordare di preservarlo. Meglio prendere un appunto.


★★★★★


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