Malgrado le apparenze, non mi ritengo una persona dotata di un umore stabile, anzi. In me si alternano momenti di eccessiva euforia ad altri di sfrenata malinconia, e probabilmente come mi sento adesso è catalogabile fra uno di questi ultimi.
Sono al quarto anno di giurisprudenza, il corso di studi forse più abusato e inflazionato degli ultimi 50 anni. Insieme a me c'è gente che probabilmente ha basi ed esperienze diverse dalle mie. Ho fatto studi umanistici, di cui non mi lamento. Ho avuto modo di confrontarmi e interagire spesso con ambienti e contesti culturali vivaci, che forse altri non hanno avuto l'opportunità di conoscere.
Eppure c'è qualcosa che sento venir meno da un po', a prescindere da tutto ciò, e che vedo (o almeno ho l'impressione di vedere) non mancare in molti altri come me, o perlomeno essere presente in misura maggiore.
Sarà che tutti gli esami di giurisprudenza sono abbastanza noiosi, ma in ognuno di essi cercavo di trovare qualcosa che sapesse risvegliarmi e provocarmi, e di far leva su quella cosa, renderla nucleo gravitazionale e motore del tutto, e girarci attorno infinitamente, per arrivare a tutto il resto ed apprenderlo.
Sarà lo studio, adesso in particolare, di una materia che mi sta risultando ostica; sarà l'esser tornato da un ambiente culturalmente, internazionalmente e paradossalmente più fertile di quello che posso trovare e ricreare in una città come Roma; sarà l'essermi ormai abituato a viaggiare e prendere un volo al mese; sarà che lo studio del diritto, di per sé, è uno studio settoriale, specialistico e che non dà modo di cogliere trasversalmente molti altri interessi, di quanti avevo nel periodo liceale e che poi ho dovuto abbandonare, per forza di cose, col trascorrere del tempo.
Ciò che mi sembra a volte mancare o, comunque, più difficile da trovare, è una motivazione. Qualcosa per andare avanti. Qualcosa in cui credere, qualcosa di utile, che non rimanga sui libri, ma continui a vivere al di fuori. Qualcosa di vivente e vivace, che si contrapponga a uno studio grigio e noioso. Qualcosa che sappia veramente ridestare il mio interesse, e farmi fare le notti in bianco senza sentirle, come succede quando leggo qualcosa che mi interessa, sto con qualcuno che mi piace o vedo un film che mi emoziona.
Mi chiedono a volte cosa ho intenzione di fare dopo la laurea, ossia tra circa un anno/un anno e mezzo, se tutto va bene. Mi piacerebbe rispondere, se solo sapessi io stesso la risposta. Lavorare all'estero, senza dubbio. Conoscere persone di diverse culture, viaggiare, parlare e imparare altre lingue. A che titolo, non ne ho la più pallida idea. Istituzioni europee, organizzazioni internazionali, al limite grandi studi legali. E vado a caccia di informazioni, siti su siti, motori di ricerca, blog di persone che all'estero ci vivono, per capire se effettivamente c'è speranza di arrivarci, o almeno se vale la pena rischiarsela per dei traguardi del genere. Si parla di prove difficili e concorsi inavvicinabili, ti cimenti con i pochi modelli disponibili online, ti ci chiudi un pomeriggio. Nel momento in cui devi confrontare i risultati, il tuo PC decide di impallarsi. Molli tutto, il libro fermo alla stessa pagina da stamattina; guardi l'orologio, "ed è subito sera". Un'altra giornata utile per studiare è stata persa... perché all'inizio cercavi una motivazione per farlo. Morale: la prossima volta studia, punto.
Pulchra vobis;)
LuciusDay
Magazine Società
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