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Memorie di una Geisha: il piacere di essere un’opera d’arte

Creato il 17 agosto 2014 da Nicola933
di Valentina De Brasi Memorie di una Geisha: il piacere di essere un’opera d’arte - 17 agosto 2014

Memorie di una Geisha (Memoirs of a Geisha)

Genere: Drammatico\Romantico\Storico
Regia: Rob Marshall
Cast: Ziyi Zhang, Ken Watanabe, Kôji Yakusho, Michelle Yeoh, Kaori Momoi,Youki Kudoh, Gong Li, Kenneth Tsang, Ted Levine, Togo Igawa
2005
137 min

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Di Valentina De Brasi. Tanto tempo fa, ma non troppo, in luogo lontano, una bambina veniva separata da sua sorella: quella bambina si chiama Chiyo (Suzuka Ohgo) e il suo ingresso in una casa particolare, una casa di geishe, le cambierà per sempre la vita.

Tre anni dopo il successo di Chicago, Rob Marshall ritorna dietro la macchina da presa, raccontando una storia di  sofferenza e separazione, di dignità e coraggio. Una storia che parla di mancanza, ma anche di gentilezza.

La storia della piccola Chiyo, la bimba dagli occhi come il mare, che diventa donna inseguendo il sogno di incontrare di nuovo un uomo, il Direttore Generale (Ken Watanabe): lui che su di un ponte le ha fatto ritornare il sorriso. Guidata, così, da  Mameha (Michelle Yeoh), una bellissima e famosa geisha, la piccola Chiyo inizia il suo addestramento e diventa Sayuri (Zhang Ziyi), una giovane donna piena di fascino e desiderata dagli uomini più importanti di Osaka, tra cui Nobu (Nobuyuki Matsuhisa), amico del Direttore Generale, da Sayuri sempre amato. La vita della ragazza non è, però, facile, ostacolata dall’inarrestabile invidia di Hatsumomo (Gong Li), rivale in bellezza e fama di Mameha, e, successivamente, dal mondo che cambia: con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale il suo percorso di geisha sarà interrotto proprio nel momento di maggior successo.

La trasposizione cinemtaografica del romanzo di Arthur Golden riesce a toccare gli animi di chi la guarda. Delicato e struggente, Memorie di una Geisha è una delizia per gli occhi, con le sue atmosfere esotiche e, a tratti, fiabesche che rapiscono lo spettatore fin dal primo istante. Bellissime le tre donne che vediamo maggi

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ormente interagire sullo schermo, Zhang Ziyi, Michelle Yeoh e Gong Li: la finezza della Ziyi, la dolcezza della Yeoh e l’iconica bellezza della Li si fondono insieme, creando un mix forte e sensuale, come i tre personaggi che interpretano.

Marshall si addentra, dunque, in una cultura che da sempre attrae l’occhio occidentale, per il diverso modo di approcciarsi alla realtà e per l’importanza della tradizione, radicata profondamente nell’animo di ogni uomo, donna e bambino. Lo fa, forse, con un’occidentalità troppo evidente, troppo poco ferrata nel comprendere la vera essenza di queste tradizioni e del loro triste svilimento; ma non per questo il suo sguardo è meno volenteroso. Anzi, egli è desideroso di mostrare al pubblico l’importanza di questa presenza, quella della tradizione, che è un tutt’uno con la persona, il fattore senza il quale essa non potrebbbe definirsi, appunto, “persona” stessa.

E, subito, un punto viene chiarito: la geisha non è una cortigiana. Non è una escort, diremmo oggi. La geisha è molto di più e Mameha ci tiene a chiarificarlo alla piccola Chiyo: “La parola geisha significa artista, ed essere geisha vuol dire essere valutata come un’opera d’arte in movimento.

Questa figura, tanto seducente quanto misteriosa, è qualcosa di prezioso: non è una volgare prostituta, non offre il suo  corpo come un oggetto di piacere. La geisha è il piacere; non solo sensuale e fisico, ma anche sensoriale e spirituale. Ogni gesto, ogni minimo movimento di una geisha, racchiude in sè un’elevatezza dello spirito, uno studio dell’animo umano che non ha eguali.

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Ma è sempre l’occhio dell’uomo occidentale che rimane maggiormente catturato da questo film, rapito dalle imagini che scorrono, oltre che dalla narrazione celata dietro di esse. Ed è sempre l’occhio occidentale che premia la pellicola, vincitrice, nel 2006, del Premio Oscar per i migliori costumi, per la migliore scenografia e per la migliore fotografia. Premi meritatissimi, ma che rivelano, appunto, l’occidentale attenzione di Marshall alla forma, piuttosto che alla materia. Non perchè Memorie di una Geisha sia privo di sensibilità, al contrario essa è presente in ogni inquadratura; ma perchè tale sensibilità invece di “scavarsi la strada attraverso la pietra” come l’acqua, rimane “radicata al terreno come un albero sakura.

Un peccato evidente, ma che i nostri occhi occidentali riescono, un po’ a malincuore, a perdonare.

★★★ ½


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