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MEN, WOMEN & CHILDREN (o L'uomo col telefono in mano) di Jason Reitman

Creato il 21 febbraio 2015 da Furio Spinosi @ilfilmaniaco

MEN, WOMEN & CHILDREN (o L'uomo col telefono in mano) di Jason Reitman

MEN, WOMEN AND CHILDREN (J. Reitman 2014)
Voto complessivo: 7 e mezzo

Dopo un inizio da commedia indipendente con retrogusti amari come "Thank you for smoking", "Juno" e "Tra le nuvole", il figlio del papà dei Ghostbusters Jason Reitman arriva definitivamente al dramma in Men, Women & Children. Questo suo ultimo lavoro, che sottotitolerei "L'uomo con il telefono in mano" è un garbato affresco sulla situazione sociale tutt'altro che garbata in cui si trovail popolo statunitense, ma non solo.
Il tutto narrato dalla voce impeccabile da documentario di Emma Thompson. Flop al botteghino statunitense, giunto a noi per miracolo e ignorato totalmente agli Oscar come pure dal pubblico americano. Ma è in buona compagnia... Vedi Gone Girl di Fincher di cui parlerò quanto prima. 
Reitman usa volti noti nella commedia brillante come quello di Adam Sandler  - già apprezzato molto nel "Ubriaco d'amore" di P.T. Anderson - e li cala in personaggi un po' simili ai Mostri mucciniani del belpaese, ma naturalmente in chiave stelle e strisce. C'è la madre che fotografa la figlia e che la porta a fare le audizioni per un talent di Hollywood molto famoso. La ragazzina ossessionata dalla linea che pur di stare col suo principe azzurro rischia doppiamente la vita. C'è l'addolorato dalla separazione dei genitori che si rifugia nei videogames e in una relazione "clandestina" con una lettrice di libri controllata ossessivamente sul web dalla madre. Poi ci sono i sessodipendenti, tale padre e tale figlio, rifugiati nei siti porno e che nella vita vera hanno problemi col sesso. Ci sono le coppie sposate, giustamente fedifraghe che fanno una scappatella e poi ritornano insieme cercando di far finta di nulla.

MEN, WOMEN & CHILDREN (o L'uomo col telefono in mano) di Jason Reitman

Rosemarie DeWitt e Adam Sandler

Sembra semplice, sembra quasi banale, ma oltre la superficie vediamo dei comportamenti molto veri e comprendiamo meglio una società. Comprendiamo anche come American Beauty di S. Mendes abbia influito tantissimo sulla dramedy (tragicommedia) cinematografica di tutto l'ultimo decennio, anche a livello di estetica e colonna sonora musicale.
Si fa un bilancio alla fine del film - durante le sue quasi due ore a tratti si batte la fiacca - e si capiscono svariati elementi non solo sull'America post 11 settembre, ma anche su tutta la società occidentale: siamo uomini, abbiamo sentimenti ed emozioni, ci innamoriamo, abbiamo istinti sessuali, ma ormai il nostro unico cervello è la mano che scorre sui nostri device touch e viviamo in funzione di esso e dell'immagine che ci rappresenta. Non è un caso la controlling mother, la madre ossessiva, Jennifer Garner, si preoccupi di pedinare la figlia sul web e non seguirla nella realtà in modo da conoscere le sue normalissime frequentazioni. Comprendiamo che siamo davanti a una cautionary tale, una parabola ammonitoria,  la voce narrante prima distaccata e cinica di Emma Thompson, si silenzia per tutto il nucleo del film, poi riemerge sul finale con la sua morale banalotta, ma necessaria. I genitori di questo film sono più incoscienti e patologici dei figli forse, ne escono più a testa alta i giovani. Decisamente. Ma rimaniamo comunque "quel pallido puntino blu nella galassia". Un cast corale notevole, fra i cui nomi di spicco, oltre ai già citati, abbiamo Rosemarie DeWitt, J.K.Simmons, Dennis Haysbert insieme a un manipolo di giovani poco conosciuti, ma promettenti.
Il trailer "musicale" del film

Qui sotto il film integrale in lingua italiana 

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