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Metti un giorno a tavola…

Da Mriitan @MassiRiitano

Sono stato fortunato, lo so.

Metti un giorno a tavola…
Questa storia non l’ho mai raccontata ed è pure piena di aneddoti interessanti, ma risale a prima del blog, anche se durante quei giorni mi era nata l’idea di un diario della cosa.

Perchè mi è venuto in mente di raccontarla proprio ora? semplice, semplicissimo, quasi banale. Come l’attento lettore sa, mi sono alzato dal letto per una influenza ben assestata, e per tirarmi su il mio medico mi ha anche prescritto due compressine di Bentelan da 1 mg, una la mattina e una la sera, per 3 giorni. Per chi non lo sapesse il Bentelan è cortisone. Ricordate bene, 2 mg giorno.

Ma partiamo dall’inizio, e mi scusino gli amici medici che leggeranno il pezzo per le banalità, gli errori, e i luoghi comuni che potrò affrontare. Ma scriverlo è forse un passaggio, come per il lutto ci sono varie fasi, questa è una fase.

Siamo nel lontano 2007, un pranzo domenicale a casa dei miei, e improvvisamente mia mamma mi chiede “Massi che hai?”, io non avevo nulla, per cui rispondo appunto questo, Silvia anche mi guarda e mi dice “Ma che hai?”, in breve mi si era gonfiata la faccia sulla parte sinistra, tra orecchio e punta del mento diciamo così, mi tocco, mi ritocco, non sento dolore, ma effettivamente un bozzo incredibile mi è comparso sul viso. Così in due secondi.

Dopo qualche ripensamento, decido di andare al Pronto Soccorso, andiamo così al Cardarelli, codice bianco, l’infermiera mi misura la pressione, è alta, ma io odio ospedali e medici e sono un pò nervoso, per cui credo sia normale, l’infermiera si preoccupa e fa arrivare il medico, nulla di particolare, si tratta di un calcolo salivare, in pratica concrezione nella ghiandola salivare, scomparirà a breve, magari provando a massaggiare la parte, mi coniglia una ecografia per sicurezza.

Torniamo a casa tranquilli, preoccupati più per la pressione, così il giorno dopo vado nuovamente dal mio medico curante che mi racconta tutto sul calcolo salivare, ed effettivamente il gonfiore è scomparso dopo poco massaggiando la parte, e in bocca un piccolo spruzzo ad indicare la liberazione del canale, dall’ecografia nulla, così parliamo anche delle pressione e così decidiamo di andare da un cardiologo.

Un’amica dottoressa di li a qualche giorno mi visita, ECG e quanto altro, mi dice che così non c’è nulla di particolare da evidenziare ma per togliersi ogni dubbio all’Ospedale San Paolo hanno un centro che si occupa di ipertensione dove lavora altro suo amico, e mi consiglia di andare li in ambulatorio per fare tutti gli accertamenti del caso.

E così partenza verso il San Paolo. Teniamo presente che io, Ospedali, Medici e Infermieri, li odio a prescindere, mi mettono ansia, irrequietezza.

Il primo giorno è previsto il prelievo del sangue, ECG, RX torace, Ecografia addominale, tutto regolare. Il primo giorno passa abbastanza indenne. Magari!

Ore 15.00 Silvia mi chiama a lavoro, ha chiamato l’Ospedale, c’è un valore delle piastrine estremamente basso, troppo basso, l’indomani mattina devo ritornare subito in Ospedale per rifarlo. Scattano le ricerche su Internet, e visita al mio medico per chiedere lumi, può essere tutto e niente ovviamente, con un dato solo in mano e magari sbagliato. Dalla cultura fatta su internet, petecchie, lividi, addormentamento di arti, gengive sanguinanti questi i sintomi della PIASTRINOPENIA. Cavoli li ho tutti.

In effetti da qualche mese tornavo a casa dopo gli allenamenti con lividi enormi, che attribuivo al gioco duro che facevamo, al fatto che ci stavo divertendo sul playground, insomma non ci badavo, idem per i crampi che spesso avevo ai piedi, e soprattutto le petecchie, per me erano solo segni di invecchiamento, e poi talmente nascoste tra la peluria delle gambe… Panico. Internet in queste occasioni è deleteria al massimo, improvvisamente ti senti tutte le malattie del mondo, e tutti i sintomi delle stesse.

L’indomani al San Paolo gli esami confermano il dato, Piastrine: 3.500. Con la moto, una caduta, una graffio più profondo e rimanevo secco, a basket una caduta e una emorragia è amen. Le piastrine sono, figurativamente e non, gli elementi del sangue che servono, unendosi insieme, a bloccare appunto le emorragie (e tante altre miliardi di cose, amici dot non mi bacchettate). L’ordine di questi elementi è 150.000-400.000 in un adulto, io ne avevo 3.500. I medici mi consigliano subito un ricovero immediato in un centro di Ematologia, e mi indicano quello dell’Ospedale Don Bosco come uno dei migliori a Napoli, e chiamano anche davanti a me il primario che si rende disponibile a prendermi subito. Capisco che la situazione è grave, anche se io mi sento non bene, benissimo.

Salgo in macchina in direzione Don Bosco, avverto Silvia. Arrivo in Ospedale, ennesimo prelievo, ennesima risposta, serve ricovero per approfondire. Non ci credo. Mi trovo in un letto d’Ospedale per un calcolo salivare.

Così inizia la mia esperienza ospedaliera, in verità era cominciata anche qualche anno prima per una appendicectomia durata 5 ore, perchè ovviamente era lunga 10 cm, con calcolo fecale e andata in peritonite, tanto da essere pubblicata dal figlio del Professore che mi operò. Ma quella è un’altra storia.

Dicevo che così è inziata la mia esperienza Ospedaliera moderna, durata in questo caso ben 17 giorni, in cui nell’ordine, per non tediarvi troppo:

  • Analisi midollo spinale (dolorosissimo);
  • Flebo 4 volte al giorno con cateterino (che è un ago conficcatto in una vena del vs corpo con cui convivere per 2/3 giorni per evitare che vi buchino ogni volta che mettono una flebo, per poi appunto cambiare posizione dopo 2/3 giorni in cui l’ago non ne vuole sapere di rimanere in quella vena) di vari medicinali, coagulanti, e fortificatori di vene e arterie, diuretico;

Per 5 giorni il mio risiedere in Ospedale era dovuto al fatto di fare queste operazioni, le flebo, poi abbiamo verificato i denti, nuovamente le ecografie addominali e la radiografia busto, nulla di nulla. L’analisi del midollo conferma nulla di patologico, la situazione potrebbe risalire da sola, bisogna attendere un pò, ma ovviamente devo essere in regime controllato per il pericolo di emorragie. Giusto.

Dopo 5 giorni di nulla, si decide di iniziare il cortisone, iniziamo con 10 mg, e la mattina prelievo emocromo per verificare il livello di piastrine. Passano i giorni, gli ematomi scompaiono, le piastrine si attestano sui valori di 4.000/5.000. Aumentiamo la dose di cortisone, 20 mg giorno. Nulla da fare, le piastrine arrivano  a 10.000 e il Primario decide di mandarmi a casa, ma in regime comunque controllato, ovviamente niente pazzie, tipo moto o basket, ci mancherebbe.

Una piccola nota sul reparto di Ematologia del Don Bosco. Il reparto fa letteralmente schifo, cade a pezzi, gli infermieri fanno quello che possono, tutti gentilissimi, ma veramente un edificio vecchio, puzzolente e da abbattere. Il Primario è un generale, decide tutto lui, da cosa i pazienti possono o non possono avere sul comodino, a come tieni il cuscino, sembrava di essere tornato sotto le armi, guai ad uscire dal reparto, dalla stanza senza permesso o negli orari non consentiti, ed era stupefacente vedere queste bande di vecchietti che cercavano di ammutinarsi, ma appena entrava scattavano all’impiedi per cercare di carpire qualche informazione sulla propria salute. Si perchè in Ospedale le informazioni non te le danno, e anche se le chiedi non te le vogliono dare, per non parlare della cartella clinica, se la volevi visionare dovevi rubarla quando la mattina venivano a fare i giri. Si perchè di solito il medico di guardia le lasciava all’ingresso della stanza che avrebbe visitato con il Primario e quindi erano li disponibili, e i vecchetti si facevano da palo per poterle leggere, anche senza, ovviamente capire nulla. E in Ospedale è tutto un parlare di analisi, ma tu questo come lo hai, e quest’altro, ma tu devi fare così e non così, devi dire questo e non quello, insomma vai di Ipod che è meglio. E duranti i giri visita, sembrava il film di Sordi, il Primario ha visionare la cartella, il medico di turno a riassumere e lui a “professare”, e guai a fare domande. O facevi una domanda veramente intelligente o altrimenti eri squalificato.

Partono varie telefonate, tutti confermano che la scuola di pensiero adottata è corretta, se non ci sono patologie particolari evidenziate dalla “spinale” si va di tentativi successivi, cortisone, immunoglobulina splenectomia.

Il dramma è che nessuno riesce a dirmi come può essere accaduto, a cosa sia dovuto, si parla di una malattia autoimmunitaria, una reazione del mio corpo ad un agente esterno che lo ha attaccato, l’idea che si fa avanti più volte è una intossicazione da bomboletta che potrei aver avuto facendo dei lavori in garage alla moto.

Vabbè, iniziano i DayHospital, ogni 15 giorni all’alba al DonBosco per fare un prelievo, verificare l’analisi e settare la cura. QUuesta cosa è andata avanti quasi 10 mesi, con dosi di cortisone arrivate fino a 80 mg giorno. Oggi ne prendo 2 per la febbre e la tonsillite che ho avuto. A distanza di 10 mesi, si fa avanti l’ipotesi Splenectomia, che per i non addetti ai lavori significa asportazione della Milza, ma non scherziamo, addirittura un intervento per mettere a posto questa cosa.

Così, come al solito, quando la situazione si fa disperata, si ricorre al cambiamento, appuntamento con la buon’anima del Prof. Rotoli, del Nuovo Policlinico. Visita in intra moenia, professionale, silenzioso, verdetto: inutile continuare con il cortisone, facciamo una prova con l’immunoglobulina e poi vediamo. Mi spiega che l’attacco con il cortisone è previsto, ma per una durata al massimo di 8 settimane, inutile bombardare di più, in effetti dire che ero gonfio è un eufemismo.

Tentiamo anche questa strada, per una settimana, sveglia all’alba, corsa all’ambulatorio di ematologia del Policlinico e somministrazione di immunoglobulina, che a sentire il Prof. costa un botto, quindi la devo utilizzare bene, certo non la berrò. In effetti le piastrine hanno finalmente un sobbalzo seria, arriviamo a sfiorare le 60.000, quota con cui si può tranquillamente vivere senza problemi, anzi la sua soglia era di 30.000, ma dobbiamo attendere una quindicina di giorni per verificare cosa succede. Alla verifica le piastrine sono ovviamente riscese, lo convinco a fare un’altra prova, e riluttante acconsente, per cui altra settimana di flebo. Stesso riultato. Ragazzo serve un intervento. Se vuoi conosco un professore, al Monaldi, è il migliore, ti faccio una lettera di presentazione al Prof. Corcione.

Parte la telefonata per la visita. Due ora di attesa per essere ricevuti su appuntamento, legge la lettera, e mi dice che avrebbe la possibilità forse di li a un mese, nell’ambito di un seminario che deve presentare per operare una splenectomia in laparoscopia. Dovete sapere che stiamo parlando di un Re Mida, quello che tocca trasforma in ora, il suo reparto al Monaldi è quanto di meglio un paziente potrebbe desiderare, pulizia, aria condizionata, bagni in camera, divanetti, la seria A degli Ospedali pubblici, questo perchè ovviamente opera ANCHE in in intra moenia. Se non in tale modalità le liste di attesa per essere toccati da lui sono di anni. Beh sono fortunato, mi chiama la sua assistente e mi conferma che c’è un buco a inizio luglio, e in una settimana sono fuori dall’Ospedalecon questa soluzione tecnologica. Mi azzardo a chiedere un costo, ma scherziamo? lo facciamo a livello ospedaliero, è rientrato nel progetto cui accennava il professore, per cui gli serviva una milza da riprendere velocemente. CHE CULO!

Mi ricovero di lunedi mattina, martedi mattina sono in sala operatoria, mentre attendo che una dottoressa, parlando al telefono con la mamma dei problemi dei suoi figli, mi faccia una prima anestesia, arriva il Professore e si presenta, convinto che non ci fossimo mai visti, la speranza e che almeno abbia letto bene di cosa operarmi, e quindi cado nel sonno più profondo. Il risveglio da un’anestesia, cosa già provata due volte, è veramente duro, non si riescono a tenere gli occhi aperti, anche se si vuole si ripiomba nel sonno, le prime parole dette ricordo furono se mi avevano tagliato o meno, e invece la promessa è stata mantenuta, 4 buchini, quasi invisibili, e la milza non c’è più. Ovviamente ora le piastrine sono a quota 400.000, sono potuto partire per le vacanze estive anche se ancora bendato, e ricordo ancora il primo emocromo fatto in un centro sardo di analisi, i cui risultati li consultammo dal palmare. Che gioia.

Il cortisone a smaltirlo ci ho messo qualche anno credo, ma tutto questo conferma solo che ci vuole CULO, o come dice il mio amico Sandro devi conoscere e conoscere bene. Poi ci si fa una cultura di tutti i termini che riguardano la malattia, si diviene dei professionisti, la cosa la si racconta con serenità, quasi ridendo, ma quei 17 giorni di ospedale, più la settimana di operazione, più i vari Day Hospital e la varie visite, salotti d’attesa, tutto, è una via Crucis da non augurare mai a nessuno. Ora senza milza si può vivere tranquillamente, certo è che da quando non la ho più sono più cagionevole, per via di una leggere diminuzione delle difese immunitarie, ma volete mettere quanto sono dimagrito?

Metti un giorno a tavola…

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