Magazine Attualità

Mezzo secolo di Vajont

Creato il 09 ottobre 2013 da Athenae Noctua @AthenaeNoctua

Sebbene molti filosofi del linguaggio abbiano evidenziato l'assenza di legame logico fra parola ed entità ad essa riferita, alla base della nomenclatura, specialmente geografica, si incontra spesso una motivazione precisa. I tecnici e gli ingegneri che nel 1949 iniziarono i rilevamenti e i lavori per la costruzione della monumentale diga del Vajont, nel Bellunese, avrebbero dovuto forse prestare più attenzione al nome del monte sul cui versante si accingevano a costruire: Toc è un'abbreviazione del lemma friulano 'patoc', che significa 'marcio'.
Mezzo secolo di Vajont
Un nome, un programma, insomma, ma, anche se non avessero badato a tali sottigliezze linguistiche, coloro che ordinarono la prosecuzione dei lavori avrebbero avuto diversi motivi per desistere, evitando che si consumasse una tragedia largamente annunciata. A supporto di una tesi che poteva sembrare meramente folkloristica, infatti, c'erano gli studi geologici che indicavano l'inadeguatezza di una catena calcarea, esposta alle frane e alle alluvioni, come sede di una diga; c'erano, inoltre, gli avvertimenti di parte del mondo dell'informazione (in prima linea la giornalista de L'Unità Tina Merlin) sui pericoli di una simile costruzione e, soprattutto, la morte dell'operaio Arcangelo Tiziani, causata dall'onda generatasi con la frana nell'analogo impianto di Pontesei nel 1959, mentre la diga del Vajont era in costruzione.
Il disastro della Diga del disonore (dal titolo del film di Renzo Martinelli del 2001) sarebbe dunque stato evitabile, se solo l'uomo non avesse peccato di arroganza, credendo di poter domare impunemente la Natura e dimostrando sprezzo totale nei confronti della sicurezza e della vita degli abitanti dell'area limitrofa alla costruzione, non solo nell'ostinazione a non tenere conto di tali segni premonitori, ma anche nell'imperterrita convinzione nel minimizzare i rischi.
Mezzo secolo di Vajont
Esattamente cinquant'anni sono passati dalla notte del 9 ottobre 1963: alle ore 22.39 franarono dal monte Toc duecentosettanta milioni di metri cubi di roccia; riversandosi nel bacino della diga, ingrossato dalle piogge nonostante i tentativi di mantenerne basso il livello, tali detriti provocarono l'innalzamento di un'onda che, scavalcata la diga (lasciandola intatta), spazzò via i borghi lungo il lago artificiale e si riversò nella Valle del Piave, distruggendo completamente il paesino di Longarone e provocando morte e distruzione anche negli insediamenti vicini (fra cui Pirago, Villanova e Rivalta). Il bilancio della catastrofe fu di millenovecentodiciotto morti, in stragrande maggioranza collocabili a Longarone.

Mezzo secolo di Vajont

Un fotogramma del film Vajont. La diga del disonore (2001)


A mezzo secolo di distanza, dobbiamo purtroppo considerare che un dramma umano di tali proporzioni non è servito da lezione: dal 1963 ad oggi si sono susseguiti disastri ingenti per l'ottusità di chi, a livello tecnico o politico, ha autorizzato interventi edili e attività che tolgono spazio alla Natura, incurante del fatto che quello spazio ha una ragione precisa di esistenza, e che non si può ignorarne la necessità. Il dissesto idrogeologico causato dalla cementificazione continua, dal disboscamento, dal mancato monitoraggio delle falde acquifere, dalla mancanza di strutture di contenimento delle frane montane, dall'incuria nello sgombero e nella pulizia dei corsi d'acqua causa ancora oggi disastri, morte e danni ingenti, che, anche se non paragonabili per bilancio al disastro del Vajont, sono ugualmente fonte di dolore e sdegno.
Smettiamo, dunque, di usare espressioni come 'bomba d'acqua' o 'montagna assassina' quando accadono quelli che solo in apparenza sono incidenti: la Natura non è un sicario dell'uomo, ma un'entità con cui l'essere umano deve confrontarsi manifestando rispetto e cura, non sono le montagne o i corsi d'acqua a mietere vittime, ma la stoltezza di coloro si ostinano a volerli assoggettare a colpi di trivelle e colate di cemento.
C.M.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :