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Mi chiamo Ash, reparto ferramenta

Creato il 14 novembre 2010 da Elgraeco @HellGraeco
Mi chiamo Ash, reparto ferramenta

C’è ancora qualcuno che non conosce Bruce Campbell. E questo è grave, anche se, tutto sommato, non è la fine del mondo. Ma davvero imperdonabile è non conoscere Ash, del reparto ferramenta. Questo sì, è la fine del mondo. Il presente articolo, quindi, è a lui dedicato, con affetto, in un giorno perfetto. È anche piuttosto lungo. Lettori e lettrici avvisati.
Protagonista di una storia, qualcuno la chiamerebbe saga, quella di The Evil Dead, a noi altri nota come La Casa, con la C a forma di falce grondante sangue.
Da piccoli, quella casa ha più sfumature horror, più di quante non ne possieda in realtà. Poi si cresce. Basta crescere solo un poco, per rendersi conto dell’umorismo macabro, dei mostriciattoli che vomitano bile bianca e verdastra, al posto del sangue, per non beccarsi divieti cinematografici. Poi anche il sangue, quello rosso, a cascate, per omaggiare certi maestri della celluloide, tanto da riempire persino lampadine ancora accese. Si assiste anche alla nascita di un eroe, il classico eroe positivo delle fiabe, anche se deviato nei suoi esiti e nei suoi istinti, un po’ alterato e allucinato, febbricitante come vuole l’età moderna. Che non avverte pietà, né dolore. Un eroe di cartone: Ash, uomo d’azione e d’idiozia.
Bruce Campbell, è lui Ash, anche se nell’ultimo suo film nega con tutte le sue forze di esserlo, ed è mosso, più che dal fato e dall’irruenza, dalle sottane di Grace, la sua partner. Il bello è che anche Ash è Bruce. Una sorta di dualismo schizoide. E non è solo un modo di dire.

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Dentro il Bosco

Si comincia con un cortometraggio di Sam (Raimi).
Voi che cavolo avete fatto durante l’università? Io parecchie cose, eccetto che girare film. Probabilmente me ne pentirò per il resto della vita. Sam, invece, insieme a Bruce, Ellen (Sandweiss) e a Robert (Tapert), in veste di produttore, che poi nei ’90 ci avrebbe dato Hercules e Xena la Principessa Guerriera, girava un film intitolato Within the Woods (1978), che potrebbe tradursi come Dentro il Bosco.
Ora, il bosco è uno dei motivi delle fiabe. Di solito si trova di traverso, si mette in mezzo tra l’avventuriero e il suo destino, ovvero una principessa dalle lunghe trecce rapita da un bruto mezzo scemo, ripugnante d’aspetto, ma potente, nonostante la smaccata deficienza nell’ambito delle relazioni sociali.
Bene, il bosco è una sorta di apprendistato. Lì dentro l’eroe può mettere alla prova la sua forza, accrescere le abilità e misurarsi con le proprie paure, in modo tale da giungere di fronte al suo nemico più forte e virtuoso che mai.
Bruce, in Within the Woods, è Bruce, ovvero Ash in nuce. Ellen, la futura Cheryl, è la sua ragazza. Durante un picnic, l’accidentale profanazione di un cimitero indiano (che sa di futura Strega di Blair) fa cadere il futuro Ash vittima di una possessione demoniaca, e allo stesso tempo carnefice dei suoi amichetti, Ellen e l’altra coppia che li aspetta nella casa in aperta campagna.
Reperibile su YouTube, qualità video pessima, vi avverto, il corto mostra di essere il nucleo primordiale di The Evil Dead (1981), che già si pensava essere afflitto dai limiti del low-budget. Si scopre invece che era tutto già bell’e pronto nella testa di Sam, almeno da tre anni. E senza un soldo.
In particolare le veloci carrellate della videocamera, il dondolo sotto al portico che si muove spinto da una mano invisibile e s’arresta all’improvviso, il demone che possiede le sue vittime e che dà l’idea di essere l’alfiere di un’invasione in piena regola da parte di forze demoniache; e ancora l’inseguimento ai danni di Ellen nel bel mezzo del bosco (senza violenza vegetale), lei che giunge alla porta e si affanna tentando di aprirla…
Il Bruce iniziale è vestito male, sfoggiando un maglioncino giallo e bianco, è occhialuto e tendente al nerd. Ellen, poi, non lo prende sul serio quando lui dichiara che, in caso di pericolo, la difenderebbe. Anzi, lo sbeffeggia. Sono i tipici personaggi anonimi calati nel bel mezzo di una situazione estrema.

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La Casa

Dentro La Casa, Bruce assume l’identità di Ashley “Ash” J. Williams (nome da donna, ndr), quella definitiva, ma il suo ruolo, a dispetto dei titoli di testa, è secondario, almeno fino alla metà del film. Non è neppure la coscienza del gruppo o l’osservatore, è solo tappezzeria. Letteralmente sovrastato da Scott (Richard DeManincor), da Cheryl (sempre Ellen Sandweiss), la sorella, sia prima che dopo la trasformazione, dalla sua ragazza, Linda (Betsy Baker) e persino dalla voce del registratore che pronuncia frasi in antico sumero. È l’ultimo a subire le tentazioni dei demoni di Kandar. E, ricordiamoci, non accenna neppure a pronunziare frasi a effetto. Quando ci prova, durante il brindisi, il meglio che riesce a fare è incespicare nelle sue stesse parole.
Ritengo da sempre che l’eroismo di Ash possa essere definito tale proprio in virtù della sua presa di coscienza progressiva. Di fronte a Scott, al suo carisma, alla sua presenza scenica, un carattere timido come quello mostrato inizialmente da Ash è remissivo, tendente a scomparire, fino a quando non resta solo divenendo bersaglio dei demoni che, nel frattempo, hanno posseduto, sfigurato e ucciso tutti i suoi amici, sua sorella e la sua ragazza. Non è il prescelto, lui. È solo l’ultimo da possedere. Lo sfigato del gruppo.
Ma a quel punto, dopo il necessario apprendistato, della durata di una sola, lunghissima notte, Ash diviene eroe e, in quanto tale, non già artefice del proprio destino, ma vittima designata dello stesso. La situazione, infatti, peggiora ogni minuto e lui è costretto ad adattarsi al meglio delle sue possibilità, essendo incapace di opporsi se non per quanto concerne la sua  naturale spinta all’autoconservazione.
Supera così i suoi affetti terreni nel giro di venti minuti. Decapita e fa a pezzi la sua ragazza e combatte contro sua sorella e il suo amico Scott come nulla fosse. E sopravvive fino all’alba. La luce, infatti, allontana i demoni delle favole. Da sempre.

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Ancora in quella Casa

Nel primo capitolo ufficiale, La Casa, Bruce è ancora uno studente universitario e sarà l’unico a tornare fisicamente sul set, nei panni di Ash, per completare i vuoti lasciati nel film a causa della mancanza di fondi. Poi, diviene un attore, e Sam Raimi il regista che è ancora oggi. Con i soldi, arriva la voglia di ridare linfa al personaggio.
La Casa 2 è il seguito/reboot del primo episodio, ricco di effetti speciali e caratterizzato da una brusca virata verso lo humour nero.
Caratteristica della saga è la discontinuità.
Ogni capitolo segna la crescita del personaggio Ash in termini di figaggine. E, all’incrementare puntuale e costante del suo status eroico, corrisponde un migliorare delle condizioni di partenza. Quando si dice revisionismo storico… In questo secondo capitolo, il nostro Ash è sempre fidanzato con Linda. Ma è una Linda migliore, più bella, l’attrice Denise Bixler. Ed è in coppia con lei che si reca allo chalet di montagna. Scott, la cui mascolinità era stata pesante ostacolo al suo primeggiare nel capitolo precedente, non esiste più.
Ora Ash è più spigliato, sicuro di sé e abile, suona persino il pianoforte.
I demoni di Kandar si fanno vivi presto e il suo apprendistato, ora, è più  rapido e completo: oltre ai suoi affetti, Ash combatte anche contro sé stesso, nella forma della sua mano, a lui ribelle perché posseduta da un demone, e che lui amputerà senza pensarci due volte.
Qui, d’altra parte, Ash assume le sembianze e adotta quelle armi con le quali è ricordato: la motosega, che è innestata sul moncherino del braccio destro e il fucile a doppia canna che lui stesso accorcia con l’ausilio dell’altra arma.
In più, egli compare, non riconoscendosi, descritto e ritratto nelle nuove pagine del Necronomicon, portate a lui dalla figlia dell’archeologo (Sarah Berry) proprietario dello chalet.
Combattendo contro i demoni, egli accetta il suo fato, ma allo stesso tempo non si sottomette completamente ad esso, riuscendo a superare i limiti dell’umano e assumendo caratteristiche tipiche dell’eroe dei fumetti.
Qualità, queste ultime, riconosciutegli subito dopo nella nuova realtà temporale che egli raggiunge attraverso il passaggio dimensionale che lo risucchia in chiusura del film.

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Magazzini S-Mart. I migliori d’America

Terzo capitolo, L’Armata delle Tenebre, e terzo reboot. Linda cambia faccia per la terza volta, ma è sempre più bella e innamorata di lui; è Bridget Fonda, in una comparsata alla velocità di un battito di ciglia.
Ash e Linda provengono entrambi dai magazzini S-Mart. Lui dal reparto ferramenta. Tutto il suo mondo.
Ash del reparto ferramenta nasce con L’Armata delle Tenebre.
A rafforzare l’identità tra Ash e Bruce arriva anche il titolo originale del film che prevede un Bruce Campbell vs, ovvero contro l’armata.
Il personaggio è ormai un eroe tipico degli anni Ottanta: volgare, sprezzante, sicuro di sé, arrongante e sbruffone. Unici difetti sono l’appartenenza al 1992, fuori tempo, anche se non trattasi di tempo massimo e il non essere sbarcato in un serial a puntate.
Per essere un commesso di un supermercato dispone di fin troppe conoscenze tecnico-scientifiche che egli puntualmente sfrutta per migliorare la propria condizione. Da umile schiavo condannato a morte diventa nel giro di un giorno, così come eroe lo era divenuto in una sola notte, condottiero contro l’esercito del male. E siccome non c’è nessuno che possa tenergli testa, ancora una volta, egli è chiamato a misurarsi contro sé stesso, il suo es malvagio, estratto fisicamente da sé. Non prima, però, di aver umiliato a più riprese gli idioti primitivi coi quali ha a che fare, ed aver ricevuto il tanto sospirato zucchero da Sheila (Embeth Davidtz), nobildonna che casca tra le sue braccia.

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Futuro distopico

Doppio finale, comprensivo di director’s cut, che prelude a un successivo capitolo mai realizzato (o non ancora…), quello alternativo, e alla serializzazione a fumetti, quello canonico.
Complice l’ennesimo adattamento criminale del doppiaggio italiano, ci è sfuggito il senso dell’intera scena: il vecchio saggio consegna ad Ash una pozione e gli dice che bevendola e recitando la formula Klatu Verata Nikto, egli tornerà al suo tempo. Tale pozione non apre un passaggio dimensionale, bensì, la sua ingestione garantisce un sonno insolitamente lungo, durante il quale il corpo, come in stasi, non invecchia. Una goccia per cento anni di sonno. Sei gocce, seicento anni, fino alla fine del ventesimo secolo, partendo dal 1300.
Nel finale noto vediamo Ash tornare al suo tempo e al suo lavoro, ovvero il reparto ferramenta dei magazzini S-Mart. Qui egli racconta a un annoiato Ted Raimi la sua avventura medievale. Ma ancora egli riscuote successi in campo amoroso.
Dal momento che è il solito sbruffone, ha sbagliato a recitare la formula che l’ha riportato nella sua epoca, portandosi dietro quello stesso male che aveva creduto di aver sconfitto.
Non più Remington a doppia canna con calcio in noce e color blu cobalto, ma un fucile Winchester.
Nel finale alternativo, l’errata esecuzione del medesimo incantesimo temporale, ovvero l’ingerimento di una goccia in più, lo catapulta nel futuro, in una Londra devastata da una non meglio indentificata apocalisse.

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Contro i Mostri

Questo è Bruce, ed è anche Ash. O, almeno, così mi piace pensare. Un mimo, ma anche uno stuntman sul quale è stato cucito un personaggio non già alternativo, ma che sembra essere piuttosto la versione migliorata, esuberante e irresponsabile dell’attore che lo veste. E mentre noi oggi siamo alle prese con alternative fricchettone e, queste sì, fuori tempo massimo, tipo Machete e i deliri neo-exploitation di Robert Rodriguez, qualunque cosa, insomma, che ci porti via dai vampiri e dagli zombie a ripetizione e ripetitivi, come al solito non ci guardiamo indietro; perché, facendolo, vedremmo ciò che abbiamo perso e che, in parte, abbiamo colpevolmente dimenticato: il vanto della razza umana contro i nemici della fantasia. E mi spiace per Danny Trejo, che pure mi sta simpatico, ma lui è e resterà un eterno secondo, se pure. Prima, c’è sempre Ash. Il rimedio definitivo contro i mostri di serie B.

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