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Mi Chiedete di Parlare: Monica Guerritore e l’Enigma Fallaci

Creato il 19 aprile 2013 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Antonino Reina 19 aprile 2013 Mi Chiedete di Parlare: Monica Guerritore e l’Enigma Fallaci

Anche il palcoscenico può sottoporti a sfide durissime. È ciò che avrà pensato Monica Guerritore nei panni di Oriana Fallaci, in scena nei giorni scorsi al Teatro Novelli di Rimini con Mi chiedete di parlare, spettacolo di chiusura del Turno D – Altri percorsi. Difficile raccontare la storia della maledetta toscana. Impegnativo tratteggiare i caratteri di una delle figure più controverse del secolo scorso. Amata ed odiata, apprezzata e vilipesa, troppo in fretta etichettata: terrorista, anarchica, guerrafondaia; ma anche la prima donna inviata di guerra, la benemerita della cultura, la più importante giornalista del Novecento. Impensabile un confronto esauriente con una vicenda umana così varia e problematica; con quello che l’attrice definisce, nel libretto di presentazione dello spettacolo, “l’enigma Fallaci”: «Un enigma in cui entro a tentoni, come entrare in una grande stanza buia illuminandola con una torcia. Sarà luce e forte su alcuni angoli… solo su alcuni». Un’incursione che la Guerritore compie principalmente sui testi, con minuziose ricerche di reportage d’archivio, ma anche con l’ascolto delle persone più care alla scrittrice fiorentina. Una vera full immersion nel mondo-Fallaci, che ha come risultato un monologo duro ed emotivamente forte; un atto di sessanta minuti in cui la Guerritore riesce nell’impresa di rappresentare tutti i passaggi chiave della vicenda umana e professionale della Fallaci: la passione per la scrittura, la politica, i viaggi, le grandi interviste. Con un paradosso, ben studiato, per cui è la stessa scrittrice, in scena, a rispondere alle domande di una immaginaria intervista, affrontata con insofferenza: «Perché l’intervista è come una giacca stretta, da indossare ad ogni costo, un abito insopportabile. Chi intervista, il più delle volte, sa già cosa si sentirà rispondere da un interlocutore che deve sembrare perfetto, e il più delle volte è uno stronzo. Nella cinquina degli stronzi intervistati inserisco Kissinger, con cui polemizzai. Ricordo con ammirazione, invece, Indira Gandhi. [...] Parlano di me come di un ego smisurato, di una grande astuzia, di un grande business. Mi additano come persona schierata politicamente, ma non sto con la destra e rifiuto la sinistra: il mio talento è la mia libertà».

Mi Chiedete di Parlare: Monica Guerritore e l’Enigma Fallaci

Un capitolo importante merita la guerra, onnipresente nella letteratura e nella vita della giornalista. Il Vietnam, Città del Messico, Kuwait City con i pozzi di petrolio in fiamme. Orrori vissuti in prima linea, a partire dal trauma adolescenziale dei bombardamenti nella sua Firenze: «Avevo 14 anni, c’erano tanti morti ed andai a piangere da mio padre. Mi diede uno schiaffo, e mi disse di non farlo più. Da allora non ho mai più pianto». E poi la morte, odiosa ossessione della Fallaci, ed il cancro a privarla degli affetti più cari: «La morte è uno spreco. Sono stata la prosecuzione fisica di mia madre, e la sua morte non è stata che l’inizio della mia». Un dramma impreziosito dalla cupa scenografia della stanza disordinata di una casa newyorkese, teatro della solitudine della scrittrice, e perfezionato dagli oggetti-simbolo della giornalista: la macchina da scrivere, l’immancabile sigaretta, gli occhiali da sole. La pistola, estratta a più riprese per la tentazione di farla finita: «Una lugubre dimestichezza c’è da sempre tra me e le armi…». Un monologo divenuto delirio, urlato dalla Guerritore, a tratti sedata da una compassionevole Lucilla Mininno, nei panni della fidata assistente della Fallaci; con uno sdoppiamento continuo tra la Fallaci, onnipotente celebrità che infiammava il mondo e la fragile Oriana, dignitosa custode dell’ultimo, tragico, segreto di una vita trascorsa a contatto con la morte. Il cancro, a non darle scampo, la calvizie nascosta da una parrucca, l’invocazione al pubblico («Non guardatemi morire»), sullo sfondo della sua Firenze, del Ponte Vecchio e della Basilica di Santa Maria Novella. E i ringraziamenti finali di una superlativa Monica Guerritore, coinvolta emotivamente da uno spettacolo, scritto e diretto, e recitato con rabbia e trasporto: «Mi piace fermarmi sul palcoscenico e condividere l’enorme complessità, la densa emotività, a tratti fortemente negativa, di questa straordinaria figura femminile che è Oriana Fallaci».

Mi Chiedete di Parlare: Monica Guerritore e l’Enigma Fallaci


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