Magazine Cinema

Miele – Oggi al Cinema incontra Valeria Golino

Creato il 06 maggio 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

miele

In attesa che rappresenti l’Italia al prossimo Festival di Cannes, dove parteciperà nella sezione Un Certain Regard, arriva nelle nostre sale Miele, l’esordio alla regia di Valeria Golino. Un film coraggioso, tratto dal romanzo A nome tuo di Mauro Covacich e prodotto dalla Buena Onda (società fondata dalla stessa neoregista insieme a Riccarco Scamarcio e Viola Pestrieri), che racconta con emozione la storia di Irene, una ragazza di trent’anni interpretata splendidamente da Jasmine Trinca, e del suo difficile lavoro: aiutare i malati terminali ad abbreviare la loro agonia.

Valeria, perché ha scelto un argomento così complesso e rischioso per il suo esordio alla regia?
Valeria Golino: La tematica, il binomio vita-morte, è stato il motivo che mi ha spinto a fare questo film. Mi interessava parlarne e mi piaceva immaginare sullo schermo i personaggi descritti da Covacich nel suo romanzo. Ci tengo a sottolineare che nel film non si parla di eutanasia ma di suicidio assistito. E quindi si parla di morte, che è ormai un argomento tabù in Italia, per le istituzioni, la politica e le persone in generale. Credo che nel film ci sia il tentativo di porsi domande, senza prendere una posizione definitiva sul tema, che è molto complesso. Sinceramente non ho mai pensato che l’argomento fosse ostico, ma avevo paura di non farcela per inesperienza. E poi avevo paura che non ci facessero fare il film, perché la prima reazione delle persone a cui proponevamo il film era sempre la stessa: ma siete pazzi?!

Da dove parte il desiderio di portare sullo schermo il romanzo di Covacich?
Valeria Golino: Ho letto il libro tre anni fa, l’ho trovato un romanzo fulminante. Un testo contemporaneo, doloroso, provocatorio, con un personaggio femminile diverso da quelli solitamente proposti dalla nostra letteratura e dal nostro cinema. Ho parlato con i miei soci della Buena Onda e ho chiesto a loro di comprarne i diritti. Sinceramente all’inizio abbiamo avuto paura, non sapevamo se realizzarlo davvero o no, e soprattutto non sapevamo se era il caso di affidarlo a me come regista.

Insieme alle altre due sceneggiatrici, Francesca Marciano e Valia Santella, come vi siete comportate nei confronti del romanzo?
Valeria Golino: Siamo intervenute moltissimo. Abbiamo spremuto il romanzo di Covacich, l’abbiamo filtrato con un’etica nostra. Abbiamo preso cose che ci piacevano e lasciato altre che secondo noi sullo schermo non avrebbero funzionato, come ad esempio il finale che abbiamo cambiato.

Come ha fatto a non cedere alla tentazione, in cui cadono molti suoi colleghi attori che poi passano alla macchina da presa, di affidare a lei stessa il ruolo della protagonista?
Valeria Golino: Volevo che il personaggio femminile avesse ventotto anni. Solo all’inizio abbiamo pensato alla possibilità che potessi interpretare Irene, ma poi ci siamo resi conto che la protagonista non doveva essere una donna matura come sono io. Anche io stesso ho capito che non volevo esordire alla regia dirigendo me stessa, ma che ero invece curiosa di filmare altri. Se dovessi tornare a dirigere un film, non escludo la possibilità di interpretarlo io stessa, ma per adesso il mio primo istinto è voler osservare gli altri.

Riccardo, tu come ti sei trovato in quest’esperienza produttiva?
Riccardo Scamarcio: In questa veste di produttore ho scoperto la mole di lavoro che bisogna sostenere quando ti ritrovi a dover produrre un film. Siamo stati assorbiti due anni e mezzo nella ricerca dei soldi. Devo ringraziare RAI Cinema, che è stata la prima a sostenerci, Gianluca De Marchi, il Ministero dei Beni Culturali, i coproduttori francesi del film e il distributore Valerio De Paolis che ha preso il film sulla carta. Credo vivamente che Miele sia la prova che in Italia si possono fare film difficili e coraggiosi, e che si possono fare anche bene.

Valeria, contenta di portare il film a Cannes, nella sezione Un Certain Regard?
Valeria Golino: Sono felicissima di andare a Cannes con Miele, e non nego che ho sempre pensato ad Un Certain Regard come sezione perfetta per il mio film. Partecipare ad un festival così importante mi inorgoglisce e dà a tutti noi una sensazione di appartenenza al cinema mondiale.

Jasmine, come è stato interpretare un personaggio come Irene e come è stato farsi dirigere da Valeria Golino?
Jasmine Trinca: La resa sullo schermo di ogni personaggio dipende anche dai tipi di incontri che fai. E Irene è venuta così perché ho avuto modo di lavorare con Valeria. Mi sono affidata completamente a lei e insieme abbiamo costruito questo personaggio in bilico tra vitalità e sfinimento. Irene, che sul lavoro uso lo pseudonimo Miele, è una macchina ma guarda ai suoi “clienti” anche con un occhio di pietà.

Valeria, come ti sei comportata nel raccontare la morte sullo schermo?
Valeria Golino: Miele racconta la morte ma non la mostra mai direttamente. Ho volutamente deciso di non mostrare mai la morte, tant’è che le scene staccano sempre un attimo prima che muoia uno dei personaggi. Volevo solo che si sentisse il peso e la tensione della morte.

Il tuo film ha uno stile sempre coerente per tutta la durata. Hai seguito un metodo preciso di regia durante le riprese?
Valeria Golino: Posso dire ironicamente che il mio metodo è stato il caos. Mi piacerebbe dire che ho un metodo ma non è così, non ho neanche utilizzato lo storyboard. Volevo che il mio primo film fosse libero e formale al tempo stesso. Il mio intento era quello di costruire il film con inquadrature ben fatte, con una buona confezione formale, ma volevo anche che non mancassero incidenze di luce, che si potesse sentire anche una certa spontaneità. L’imprevisto per me è sempre il benvenuto. E credo che le cose più belle del film siano venute sul momento. Posso aggiungere che durante le riprese ho capito che amo molto i primi piani. Più riprendevo Jasmine, e più mi volevo avvicinare a lei. Era sospinta più da una voglia emotiva che stilistica. Lo stile di questo film è il frutto di tanti pensieri, di tanta disciplina e di tante cose che ho imparato dai registi con cui ho lavorato nella mia carriera di attrice.

di Antonio Valerio Spera

Print Friendly

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :