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MILANO In urbanistica poche idee: solo business e burocrazia

Creato il 29 marzo 2012 da Maurizio Picinali @blogagenzie

MILANO In urbanistica poche idee: solo business e burocraziaINTERVISTA A VITTORIO GREGORETTI Gregotti, nato a Novara nel 1927, si è laureato in architettura nel 1952 al Politecnico di Milano. Dal 1953 al 1968 ha svolto la sua attività in collaborazione con Ludovico Meneghetti e Giotto Stoppino. Nel 1974 ha fondato la Gregotti Associati srl, di cui è presidente.
È stato professore ordinario di Composizione architettonica presso l'Istituto Universitario di Architettura di Venezia, ha insegnato presso le Facoltà di Architettura di Milano e Palermo, ed è stato visiting professor presso le Università di Tokyo, Buenos Aires, San Paolo, Losanna, Harvard, Filadelfia, Princeton, Cambridge (U.K.) e all'M.I.T. di Cambridge (Mass.).

Perché , nonostante il mercato non lo richieda come MAI a Milano, l'urbanistica continua a prevedere cubature?
A Milano l'urbanistica ha fatto molti errori. Ci sono migliaia di metri quadati inutilizzati e si vuole costruire ancora. Senza contare che la popolazione della città continua a diminure. È dal 1970 che i dati lo dimostrano e pensare ancora a una crescita è difficile.
Allora perché accade?
Perché l'urbanistica oggi è un mercato fondato sul valore economico dei terreni, delle superfici. E quanto vale un terreno dipende da quanto ci si può costruire sopra. E chi è proprietario se può costruire costruisce, anche se non c'è la necessità. La pianificazione gioca tra queste condizioni.
Altre necessità, come quella di case popolari, esistono eccome, però…
La domanda di 20mila abitazioni a costi calmierati è più che reale. Attiene al disegno della città, delle priorità e del rapporto con gli spazi. E tutto questo è completamente perduto. A Milano sono state realizzate opere talmente spaventose in passato che testimoniano la totale assenza di un dialogo tra l'urbanistica e l'architettura.
Le stime parlano di 2,5 milioni di mq tra ex industriale e terziario dismesso a Milano da recuperare entro il 2017. Il nuovo piano di governo del territorio se le è dimenticate?
Voglio ridere, non so come faranno. O demoliscono, o vendono a qualcuno che abbia le disponibilità economiche per trasformarle in case popolari. Senza contare che stanno continuando a costruire terziario, specie nella zone del nuovo polo fieristico, sull'asse Rho-Pero. Voglio sapere come faranno a vendere. Non è un problema di crisi economica, è un problema di super-offerta che prescinde dalle condizioni economiche.
Cosa pensa del Pgt rivisto dall'attuale Giunta milanese?
Siamo arrivati già troppo tardi. Qualcosa mi pare stiano facendo: ad esempio stanno cercando di fermare le compensazioni, che consentono di spostare le cubature da una parte all'altra. Non si può pensare però di intervenire su quanto è già stato approvato prima. Ora bisogna chiudere con il minor danno possibile.
Non crede ci siano troppi livelli di pianificazione?
In urbanistica tutto è troppo legato alle circoscrizioni territoriali, siano esse Province, Comuni o quartieri. A Milano la situazione è ridicola. Per anni, durante la precedente amministrazione, Milano e Sesto San Giovanni sono state in conflitto e ognuno andava avanti per la sua strada: oggi se ne vedono le conseguenze. Bisogna riaprire all'idea di comprensorio.
Come tutelare allora le specificità territoriali, garantendo le certezze amministrative su territori vasti?
Spesso la dimensione comunale non è ragionevole. I confini burocratico-amministrativi sono un concetto astratto. Il territorio, invece, finisce laddove finiscono gli interessi economico-sociali di una determinata collettività.
Dietro l'eccesso di burocrazia si nascondono molte incertezze e illeciti, denunciano le stesse Forze dell'ordine. Che cosa fare?
Ci sono molte lungaggini e incertezze. C'è poi una sfiducia generale e diffusa nella pianificazione. Tutto ruota intorno all'idea di trattativa, che è pure un concetto anglosassone legato allo sviluppo delle città. Ma in Italia sappiamo tutti cosa vuol dire.
Di chi sono le responsabilità? Degli organi centrali o degli enti locali?
La burocratizzazione è fortissima. Non è possibile dover aspettare 12 anni per un piano particolareggiato, e non solo al Sud. Mi è capitato anni fa per la trasformazione di un'area ex industriale a Schio. Posso farne decine di questi esempi. A Roma l'intervento di Acilia Madonnetta, in linea con il piano regolatore, prevedeva nuove centralità nelle periferie. Si è bloccato tutto con il cambio di amministrazione.
Ma di chi è la colpa?
Le regole ci sono, possono essere fatte bene o male. Ma c'è sempre qualcuno che le utilizza. Anche le Regioni hanno contrastato molto la logica degli sviluppi comprensoriali, per paura di una minaccia dell'autorità regionale.
Cosa dovrebbe guidare, quindi una riforma del settore?
Tutto questo proliferare di regole è la copertura di un'assenza di idee. Non è una questione di più o meno cemento, ma di cosa serve. Serve un'ipotesi di sviluppo: bisogna capire prima se servono più scuole o no, se bisogna spostare dei servizi o no, tenendo in considerazione le prospettive economiche. Oggi non si fa niente di tutto ciò, c'è troppa inerzia.TRATTO DA casaplus.24 Giovedi 29 Marzo 2012


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