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Milano tra un mare di cocaina negli uffici e le pistole da due euro

Creato il 29 giugno 2012 da Nottecriminale9 @NotteCriminale
di Mario Di Vito
Milano tra un mare di cocaina negli uffici e le pistole da due euroCocaina e armi. Trafficanti ecuadoriani, fornitori albanesi, oscuri personaggi italiani e star della televisione. Un altro tassello della Milano criminale, tra quintali di cocaina da tagliare, ecstasy di provenienza olandese e pistole modificate. Una storia in cui non c'è nazionalità, tutti inseguono i soldi e la roba. Il colore della pelle diventa secondario. 
Nel gran bazar della droga si aggirano funzionari della dogana – un dipendente della Sea, l'azienda aeroportuale milanese -, brutti ceffi pluripregiudicati e facce insospettabili. Milano ha fame di coca e il mercato non è mai saturo, c'è sempre spazio per una nuova impresa. Niente questioni d'onore, comunque: pochi, maledetti e subito. Questo è il dogma. 
Ventidue arresti, alla fine, tutti eseguiti dai carabinieri nella giornata di ieri. Le indagini erano cominciate nel 2008 e sono andate avanti per quattro anni, con una serie infinita di pedinamenti e intercettazioni, sia telefoniche sia ambientali. Il risultato è scritto in 900 pagine che poi il gip di Milano, Fabrizio D'Arcangelo, ha trasformato in un'ordinanza che, oltre ai ventidue arresti, ha prodotto anche tredici denunce. 
Milano tra un mare di cocaina negli uffici e le pistole da due euroI reati vanno dal traffico internazionale di stupefacenti alla compravendita e fabbricazione di armi. Secondo gli investigatori, erano tre i boss che organizzavano il mercato in una città che sembra avere una sete di droga inesauribile. Carlos Astudillo, del gruppo degli ecuadoriani, si sarebbe occupato per anni dell'importazione in Italia delle sostanze, mentre Raffaele Laudano, “elemento di spicco” dell'organizzazione, stoccava la droga in due box di sua proprietà a Segrate. Poi c'è il boss, Marco Damiolini, 35 anni, che avrebbe rifornito anche alcuni dipendenti di Mediaset – estranea all'inchiesta. Ad ogni modo, per gli inquirenti, il boss “agiva in autonomia, nell'acquisto, custodia, preparazione e commercializzazione della droga”. Ed è proprio lui il più ''canterino'' nelle intercettazioni, è dalle sue parole che i carabinieri sono riusciti a ricostruire gran parte della vicenda. 
Milano tra un mare di cocaina negli uffici e le pistole da due euroE' lui che in una telefonata rimprovera un suo collaboratore perché stava spacciando cocaina “troppo pura”. L'altro però si difende e dice “Ma non posso dargli la merda a quelli di Mediaset. Io lo so già come sono fatti quelli. Quelli mi portano via trenta grammi a botta”. Secondo gli investigatori, “quelli” sarebbero protagonista di una popolare trasmissione della domenica, Maurizio Costanzo e Paola Barale, che si sono dichiarati del tutto estranei alla vicenda, parlando di “colpo di sole africano”. 
Mediaset, però, spunta fuori anche in una telefonata tra Damiolini e Laudano. “Mò ti dico una cosa – è Damiolini a parlare –, guarda che Mediaset se ti blindano, se la cantano. E' normale”. Sempre lui, in un'altra intercettazione, fa il nome di una “vecchia gloria” della mala milanese, Antonio Rossi, settantenne, ex membro della banda Vallanzasca: “Vorrei utilizzarlo per uccidere alcuni venditori. Ma forse è troppo anziano...”. 
Milano tra un mare di cocaina negli uffici e le pistole da due euroDamiolini tesseva le fila di questa enorme rete: mandava uomini in Bolivia, pagava i portieri dei palazzi 5mila euro per ricevere pacchi di droga e non fiatare e si occupava anche di traffico di armi: “Ho la mitraglietta buttata nel naviglio, stanotte la vado a recupare...l'ha buttata via, ieri ce l'aveva al ristorante, ha fatto in tempo a prenderla e lanciarla sulla pista ciclabile. E' volata dentro un cespuglio. Ieri un dramma, è successo un casino della Madonna. Io mi sa che me ne vado via per un po'”.
L'uomo delle armi è Klodian Rhoda, uno capace di modificare le pistole scacciacani per trasformarle in pistole vere, grazie a complicate operazioni con tubi d'acciaio e molle. Le armi a salve costano tra i 60 e gli 80 euro, ma dopo, dice ancora Damiolini “io le vendo a tre e cinquanta” oppure venivano regalate, secondo uno specifico codice etico malavitoso, però: le armi non si regalano, porta sfortuna. “L'ha pulita – dice ancora il boss raccontando uno “scambio di regali” -, gliel'ho regalata e gli ho detto dammi due euro. 'Sto barbone mi ha dato pure venti centesimi...”. 

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