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Mister Lonely

Creato il 11 giugno 2014 da Jeanjacques
Mister Lonely
Ogni tanto in quel paesino dimenticato da Dio e da tutte le altre divinità di ogni pantheon esistente ed esistito che è la città in cui abito, ci sono delle iniziative interessanti. Certo, solitamente accadono una volta ogni morte di papa e quando succedono sono tutte nello stesso giorno, quindi manco hai la possibilità di fartele tutte, ma di scegliere quale fare sperando che non sia la più smarza. Poi ci si chiede come mai molti giovani iniziano a drogarsi... Comunque ieri sera è iniziata una rassegna cinematografica - che poi parlare di cinema, quello vero, dove abito io è una vera e propria impresa - che prevedere la proiezione in un bar di alcuni titoli da noi inediti qui in Italia, rigorosamente in lingua originale e sottotitolati in italiano. Certo, il fatto che una cosa simile accada in un bar la dice lunga su molte cose, ma sono certo che un consumo in tal luogo possa dare al tutto una veste ben diversa. Il primo step è toccato a questo Mister Lonely, film diretto da quell'ambiguo regista che è Harmony Korine, del quale avrò visto si e no un paio di pellicole, quindi un'occasione per poter approfondire la visione di una personalità così curiosa.

Un ragazzo che vive facendo il sosia di Michael Jackson incontra una ragazza che fa la sosia di Marylin Monroe. Questa lo inviterà in una speciale comune abitata solo da sosia, dove insieme cercheranno di realizzare lo spettacolo più bello del mondo. Ma la vita, purtroppo, non è una finzione...

Di Korine ho visto solo il suo stralunato esordio, Gummo, che pur con qualche riserva posso dire mi sia davvero piaciuto. Non sapevo quindi come approcciarmi a questo suo terzo lavoro, da noi in Italia ancora del tutto inedito nonostante abbia partecipato nella sezione Un Certaine Regard del Fetsival di Cannes 2007. L'ho fatto quindi con gli occhi del novizio, di quello che non sa cosa aspettarsi e che quindi non ha nessuna pretesa o ipotesi, ed è stato un bene. Perché questo film, pur ottenebrato da una logica altamente malata e depressoide, è davvero bello e maestoso nella sua assoluta semplicità. Non c'è una trama particolarmente articolata, anzi, possiamo dire che essa pur non essendo assente è comunque flebile, lasciando il posto più che agli intrecci all'introspezione dei personaggi, tutti dei sosia senza nome e riconosciuti attraverso la celebrità che personificano. Oltre ai due protagonisti abbiamo il marito di lei, Charlie Chaplin, arrivando poi ai tre Marmittoni [Stooges], Abraham Lincoln, James Dean, Madonna, la regina Elisabetta, papa Wojtyla e vari altri. Persone che hanno abbandonato la propria identità, come il protagonista, perché non si sentivano in pace con se stessi e che hanno quindi preferito rifugiarsi in un mondo tutto loro dove trovare una felicità che nella vita reale sembra impossibile da raggiungere. Insieme alle loro vicende, spezzettate in ideali capitoli dai titoli delle canzoni del Re del Pop, sono narrate quelle di un gruppo di suore - accompagnate da un reverendo interpretato nientemeno che da Werner Herzog - che pregando hanno acquisito la capacità di sopravvivere alla caduta da un aereo, ottenendo così un colloquio con il papa. Due storie ben distinte, ma quella principale, quella sulla quale il regista - insieme al fratello Avi per quanto concerne la sceneggiatura - vuole porre le nostre attenzioni, è quella dei sosia e del loro mondo. Un mondo che appare idilliaco a una prima, fugace occhiata, ma nel quale non è possibile estraniarsi completamente da quelli che sono i mali comuni del viver quotidiano. E se tutto si inizia a intuire nel momento in cui devono abbattere le pecore del loro bestiame perché ammorbate da una strana malattia, la cosa troverà il proprio apice quando ci si metteranno le gelosie fra di loro, i litigi quasi bambineschi ed i sospetti di un Charlie Chaplin troppo geloso della sua Marilyn. Chi è quindi il Signor Solitudine del titolo, anticipato dall'omonima canzone di Bobby Vinton [e che da piccirillo avevo conosciuto tramite la sfigatella versione di Akon]? Fondamentalmente lo siamo tutti. Chi nella vita non ha mai provato a fingersi qualcun altro, chi non ha mai desiderato essere qualcuno di diverso per ovviare delle semplici difficoltà o per traslare una propria personalità magari non così accattivante? In qualche maniera credo lo abbiano fatto tutti, a loro modo. Pure io. Basti pensare alle etichette, a chi ama identificarsi in un genere musicale o chi riveste un specifico ruolo in una comunità. Tutti possono essere tutti e al contempo non sono nessuno, in certi casi per semplice incapacità o forse perché cercano un miracolo in grado di colmare un'esistenza altrimenti vuota e troppo vasta nella quale si corre il rischio di perdersi. Ma forse non ci servono miracoli, non serve pregare per salvarsi dalla caduta da un aereo così come non ci si deve isolare per cercare quella scintilla che manca. Perché l'unica cosa che ci serve realmente è quella che abbiamo sottomano. E non si tratta né di una preghiera né di un miracolo. Molto semplicemente, è la vita.

Un film delicato e triste, eppure molto arguto, sostenuto da una coppia di attori magistrale che riesce a trasportare in un'ideale dimensione da sogno. Solo che alla fine bisogna svegliarsi. Voto: 

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