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Misteri, nelle notti di luna piena

Creato il 02 maggio 2015 da Faustotazzi
Nelle terre a sud di Al Ain, a partire dal versante est del Jebel Hafeet e lungo tutto il confine tra l’Emirato di Abu Dhabi e l’Oman si trovano diverse centinaia di tumuli funerari, ultime dimore di antichi uomini delle montagne la cui polvere riposa laggiù da migliaia di anni a testimoniare progenie Bibliche, Mesopotamiche, Sumere. Sono generalmente strutture semplici fatte di sassi e rocce trovati sul posto che spesso si stagliano contro la linea dell’orizzonte di queste colline. Tra queste montagne si possono incontrare abbastanza facilmente anche dei triliti, misteriose piccole costruzioni di tre pietre messe a formare un triangolo, a volte con una quarta pietra posta orizzontalmente sopra. Si possono trovare file di triliti di molti metri di lunghezza, con le pietre della base incastrate nel terreno e a volte con incisi sopra degli antichi petroglifici ormai indecifrabili. Ammassare pietre fa parte di molte antiche culture del Golfo. L’usanza di costruire mucchi di pietre è una pratica che nelle pianure e sugli altopiani desertici della penisola Arabica è continuata per un gran numero di anni, per secoli. E forse continua ancora oggi, per ragioni a noi sconosciute. E’ frequentissimo trovare pietre impilate con la funzione di segnali che guidano i viaggiatori lungo i sentieri appena accennati tra le colline e nei canyons. Spessissimo si incontrano pietre che sono resti di recinti, antiche case, ripari di fortuna, trappole per lupi ma una volta ci capitò di osservare cumuli di pietre stranamente diversi da tutti quelli che avevamo incontrato fino a quel momento nelle nostre esplorazioni di quelle montagne. Non erano segnali ne’ triliti, non erano tumuli funerari e nemmeno trappole per lupi. Erano mucchi di pietre molto semplici, disposti apparentemente a caso; in un certo senso possedevano un’aria naturale, misteriosa e selvaggia, come se nessuna mano d'uomo li avesse mai concepiti. Ne trovammo in una pianura sassosa a est di Jebel Hafeet e poi anche nei dintorni di Ras Al Khaimah, di Showkah e di Khadrah.Quella sera (descrivi la salita al villaggio con la luna piena) Approccio con la pista dei fuoristradaIl caldo umido opprimenteInizio della salita tra I sassi, sembra di andare nel nienteLa luna piena sopra di noiLa fila degli uomini, il bianco dei kanduraSudore al passoIn vetta, il vento fresco sulla pelle bagnata, ci sediamo a cerchio sul ciglio della valle a mangiare datteri e bere acqua e caffé, Dall’altopiano nella distanza si vedevano le luci di RAKDietro le ombre del villaggio abbandonatoOltre il villaggio lungo l’altopianoIl posto sembrava segnalare costruzioni e attività relativamente recenti. Un grande mucchio di sassi era chiaramente stato usato per costruire una struttura di riparo temporanea e, in un angolo stavano I frantumi di diversi cocci di ceramiche provenienti da vecchi contenitori. Tre strutture di fondamenta nelle vicinanze potevano somigliare a piccole moschee costruite una sull’altra, un perimetro di pietre più piccole delimitava il mirhab. L’area era stata accuratamente ripulita di tutti i detriti e un cerchio di pietre più grandi sembrava delimitare un riparo di fortuna assemblato in tempi più recenti. I tratti islamici del luogo suggerivamo rimandi tra la disposizione delle pietre e un periodo legato a questo culto. Le pietre, rese più scure su un lato dall’accumularsi di quell sottile strato di terra che i beduini chiamano “il colore del deserto” spiccavano contro la superficie chiara della sabbia.Alcuni ingegneri trovarono queste pietre qualche anno addietro, nel corso di ricerche per valutare l’impatto ambientale della costruzione di un oleodotto. Certificarono l’esistenza di alcune dozzine di mucchietti di pietre nella vicinanza di un sito dove vennero ritrovati dei forni pre-Islamici per trafilare il bronzo, una miniera di rame e numerosi resti di altre antichissime strutture. Molte tombe islamiche stavano tra la zona delle pietre e quella della miniera di rame. Chi ha passato abbastanza tempo tra queste terre sa che esistono segni inequivocabili del fatto che sono state popolate da almeno settemila anni, fin dall’alba dell’uomo. I resti di antichissimi insediamenti preistorici sono ancora visibilissimi in queste regioni spazzate dal vento del deserto. In un’ampia pianura poco lontana da qui, nella zone di Al Madam, a sud di Al Dhaid, negli anni ottanta vennero ritrovati I resti di un forno di argilla risalente all’età del ferro.La vallata era circondata da tre lati da letti di torrenti asciutti e una pista appena visibile correva sul lato sud. Appena oltre l’imboccatura era ancora ben visibile una traccia più grande, di una pista probabilmente usata durante la costruzione dei tralicci dell’alta tensione che correvano attraverso il deserto poco distante. Qualcuno, in un tempo ignoto, aveva raccolto quelle pietre e le aveva sistmate in piccolo cataste apparentemente disposte a caso, probabilmente in funzione dell’originale dispersione delle pietre sul terreno. Che gli abitanti del posto avessero impilato quelle pietre con il progetto di venderle alle cave, sempre alla ricerca di materiale da costruzione durante il boom edilizio degli anni settanta, poteva essere la spiegazione più plausibile ma questa non era supportata dai racconti dei vecchi abitanti di Mezyad che raccontavano come quei mucchi di pietre fossero semplicemente sempre stati lì da sempre, almeno fin da quando i più anziani tra gli anziani del villaggio quando loro erano ancora piccoli, potesse ricordare.

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