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Mob City, gangster e poliziotti nella Los Angeles di Frank Darabont

Creato il 11 dicembre 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Uno dei prodotti più attesi di questo periodo è senza dubbio Mob City, la nuova serie di Frank Darabont, primo showrunner di The Walking Dead e regista di capolavori del cinema come Le ali della libertà e Il Miglio Verde. Il regista, dopo l’esperienza finita male con l’AMC, cerca di rilanciarsi in casa TNT. Darabont ha, infatti, ideato il nuovo gangster drama che racconta della Los Angeles degli anni ’50, in continua lotta tra polizia e gangster. Lo show, ispirato al libro di John Buntin, L.A. Noir, ha come protagonista l’ex star di The Walking Dead, Jon Bernthal, conosciuto per aver interpretato il personaggio di Shane nello zombie drama. Questa volta Bernthal è Joe Teague, un ex marine, divenuto poliziotto, che lavora per fermare la corruzione nel dipartimento di polizia e soprattutto Mickey Cohen (Jeremy Luke), il più pericoloso gangster della città. Togue non è solo nella sua missione. E’, infatti, affiancato dal detective Hal Morrison (Jeffrey Demunn, The Walking Dead) e dal Capitano Parker (Neal McDonough, Band of Brothers). A sbrigare le faccende legali di Cohen ci pensa Ned Stax (Milo Ventimiglia, Heroes, Una mamma per amica), avvocato alle sue dipendenze ed ex commilitone di Teague durante la guerra.

Nella sua interpretazione Bernthal si dimostra perfetto e una scelta sicuramente azzeccata. La figura del buono-non buono gli calza a pennello e la sua aria da antipatico, duro e stronzetto rende il suo personaggio molto accattivante e interessante, così come lo era Shane in The Walking Dead. Sì, perché Mob City non è caratterizzato da poliziotti impeccabili, dannatamente buoni e moralmente corretti. Nella serie è, infatti, sottile il confine che separa il bene dal male e ciò che è giusto da ciò che è sbagliato.

I due protagnisti in una scena della serie

Milo Ventimiglia e Jon Bernthal

Lo show esplora la “zona grigia” di personaggi come Togue e Stax, sempre in bilico tra il bianco e il nero. Questo aspetto non rappresenta sicuramente una novità, ma Mob City riesce a sfruttarlo a modo suo, rendendolo piacevole. Inoltre, il rapporto particolare tra Togue e Stax è un motivo in più per seguire lo show e sarà approfondito man mano che la serie andrà avanti. Il pilota è ben fatto e la mano esperta di Darabont si vede. Lo showrunner, infatti, realizza un gangster drama a tinte noir che intriga e non annoia, nonostante il ritmo lento potrebbe far pensare, erroneamente, ad uno show dallo sbadiglio facile. Per i nostalgici di film come L.A. Confidential, Mob City può risultare un’ottima alternativa. La colonna sonora è sempre molto accurata e le ambientazioni, realizzate in maniera impeccabile, ti portano ad immedesimarti al meglio nella Los Angeles di quel periodo.

La prima stagione è composta da 6 episodi dalla durata di circa 45 minuti ciascuno e ha debuttato in America il 4 dicembre. Dal punto di vista qualitativo la serie sembra convincere molto. Il prodotto è valido, ben fatto, curato e merita senza dubbio di andare avanti per una seconda stagione. Purtroppo però gli ascolti non sembrano confermare questa impressione dal momento che la serie non ha avuto un debutto esaltante. La premiere dello show ha ottenuto 2.3 milioni di telespettatori, un numero relativamente basso se pensiamo che show come Rizzoli & Isles, Major Crimes e Falling Skies hanno fatto registrare circa il doppio dei telespettatori. Tuttavia lo show di Darabont ha tutte le carte in regola per andare avanti e fare innamorare i telespettatori di Mob City perché, allo stato attuale, sarebbe un peccato vedere cancellata una serie del genere.

Di Francesco Sciortino per Oggialcinema.net

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