Magazine Cultura

Mondiali Brasile 2014, Cosa ci rimane

Creato il 21 luglio 2014 da Agilio @Agilioit

Per i fan accaniti di calcio o i loro esperti sicuramente non perderà il segno nella storia il 7 a 1 che il Brasile ha sofferto dalla Germania e ovviamente la coppa vinta da quest’ultima.

Ma qualcuno ricorda la cerimonia di apertura rimandata per le proteste dei circa 1500 nativi fuori dallo stadio che chiedevano una difesa del proprio territorio contro le multinazionali? O le manifestazioni create dai movimenti dei Senza Tetto e dei Senza Terra per la mancanza di diritti? O le case dei desaparecidos rase al suolo dai lanciafiamme della polizia per motivi di “sicurezza”?

protesta indigeni brasile 150x150 Mondiali Brasile 2014, Cosa ci rimane senza terra senza tetto 150x150 Mondiali Brasile 2014, Cosa ci rimane sgombero favelas  150x150 Mondiali Brasile 2014, Cosa ci rimane

Meglio fermarsi con l’elenco delle proteste perché sarebbe davvero lungo. In un paese dove la dignità umana e messa sotto torchio dal vivere nelle discariche e a pochi chilometri guardare grattacieli spuntare come funghi, l’unico modo per farsi ascoltare è la protesta col pugno duro e la voce alta. Tutto questo manifestare nasce dalla voce inascoltata del popolo che ha espresso il proprio disappunto nel dispendio di soldi che non solo ha mancato nell’essere speso per un miglioramento della vita dei cittadini ma ha finito col far alzare le tasse, come quella del 10% sui trasporti pubblici, il tutto condito col buio totale su questo progetto che non ha nessuna base e che quindi non può essere impresa per il futuro. La conferma dell’inadeguatezza del lavoro FIFA-Governo è data dal movimento sociale composto non solo di una parte del paese che è povera e di cui tutti conoscevamo l’esistenza ma ora anche da quella classe di operai, artigiani, allevatori e contadini che si sono visti passare davanti miliardi di Real (la valuta del paese per chi non lo sapesse) senza fermarsi, aiutando sponsor e multinazionali a far incetta nel tesoro fornito dal paese. Per le situazioni appena espresse alcuni sponsor come Coca-Cola e Adidas avevano annunciato di ridurre drasticamente il loro budget se qualora non si fosse fatto qualcosa in appoggio dei cittadini del Brasile.

Il grande rumore provocato da queste proteste ha fatto si che fosse svelata una parte oscura della FIFA e che sicuramente pochi avevano di conto: pur essendo associazione a statuto “no-profit” è in positivo per questo mondiale di 1,4 miliardi. Si avete capito bene, la FIFA nella sua cassa con questo ultimo mondiale si porta 1,4 miliardi e nonostante l’esenzione da tasse dovuta dallo statuto, è stato il paese del Maracanà a sborsare 85% del totale di 13 miliardi speso in maggior parte nella costruzione degli stadi che andranno a finire col sostenere partire di seconda o terza serie con circa un migliaio di spettatori. Insomma qualcuno potrebbe pensare una vera e propria truffa, non riuscendo neanche ad immaginare in quale pozzo senza fondo vadano tutti quei guadagni dell’associazione mondiale del calcio.

Il comico John Oliver non potrebbe spiegarlo meglio:

In questi ultimi giorni si è dimostrato che il Brasile non ha avuto segni d’incisione favorevoli dal mondiale con un +0,1 +0,2% del Pil grazie a quest’ultimo e un’economia che va via via fermandosi segnando in produzione industriale un +1,8% dal +3,6% di un anno fa. Il 5 ottobre ci saranno le elezioni generali nel paese, in cui si decideranno Presidente e membri del Parlamento, dopo i fischi ricevuti in mondovisione nel match inaugurale, Dilma Roussef l’attuale Presidente (qui il video), dovrà spiegare quale linea era stata segnata per questo mondiale e quale vantaggio voleva trarne per la popolazione e perché tutto quell’ammontare non è stato speso per un risanamento dei poveri, ma le uniche risposte date finora sono state carcerazioni preventive, mandati di cattura e militarizzazione della polizia, tutte azioni incostituzionali. Si sa che la repressione come atto intimidatorio crea paura ma sappiamo anche, dalla storia, che un popolo oppresso non ha paura dei suoi princìpi.


Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Magazines