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Mont Gelè

Creato il 01 luglio 2010 da Alpinismoandco

Relazione:

Dove: Mont Gelè

Gruppo Montuoso: Gruppo Grand Combine – Alpi Occidentali

Località e quota di partenza: Valle d’Aosta – Bionaz ( località Ruz) 1650 m

Quota di arrivo: 3518mt

Dislivello di salita: 1818 mt

Difficoltà: BS+

Prima tappa: al Rifugio Crete Seche

Seconda tappa: Cima del Mont Gelè

Espozione: Sud-Est

Punti di appoggio: Bivacco Spataro o Rifugio Crete Seche

Mont Gelè

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Ciao,
“perchè vai in montagna”, o “perchè si scalano le montagne”, sono domande cui quando ci si immagina di sentirsele fare non si trova mai una risposta precisa.

Chi fa queste domande sa già che non riceverà la stessa risposta da 2 persone diverse, anche se lo chiedesse a 1000 persone.

Io, come tutti quelli che si sono immaginati una risposta, non posso rispondere con una frase precisa. Mentre tornavo a casa da questa gita e mentre ripensavo al wend avevo le idee un po’ più chiare su cosa avrei risposto.

Potendo mostrare il film dell’ultimo week-end, avrei risposto che si va in montagna per giornate ed esperienze come sabato e domenica. E con questo non aiuterei certo chi non sa di cosa stia parlando. Il programma di sabato e Domenica era di andare al rifugio Crête Sèche, facendo qualche puntatina nei dintorni, poi domenica andare al Mont Gelè.

Non è stato tutto perfetto, non è stato tutto facilissimo, non è stato nemmeno “raggiungere il proprio limite”, ma nel complesso non sarebbe potuta andare meglio.

Questa gita è stata piuttosto contraddittoria:

sabato la prima parte della giornata il tempo era fantastico, si saliva con tanta luce, tanto sole, panorami bellissimi e la compagnia con cui pian piano si prendeva confidenza. Sapevamo che il meteo non sarebbe stato perfettamente stabile e tenevamo d’occhio (per quanto possibile) la situazione guardandoci intorno.

l fatto di essere sul confine costituiva un aspetto importante, e alla fine per noi vantaggioso: sarebbe dovuta essere la zona in cui il peggioramento sarebbe stato più in ritardo, ed in effetti è stato così.

Il ritmo di salita non poteva certo essere quello delle gite “mordi e fuggi”, lo zaino un po’ più pesante ed ingombrante rispetto al solito “zaino della barbie” che mi basta quando si fan le gite in giornata (niente di enorme, ma un cambio in più ed un po’ più di cibo si sentivano).

A rallentare il ritmo c’era anche il programma con la salita di Domenica a consigliare ritmi miti.

Raggiunto il rifugio in circa 2 ore, continuiamo per passare il tempo e vedere com’è il percorso di domani. Raggiungere il bivacco posto 200 m più in su è velocissimo, e intanto le note d’instabilità cominciano a mostrarsi verso il sud della valle.

Ernesto ed io continuiamo la salita verso la testata della valle, dove le vecchie morene glaciali sono una testimonianza del lavoro della natura.

Il tempo continua a dare segni di variabilità, ma son più gli sprazzi di sole che le nuvole. Non minaccia nebbia o altro, quindi si può proseguire un po’. Il percorso scelto è verso il col Chardonay, anche Ernesto vuol risparmiare energie per domani e quindi rimango solo per questi ultimi 400 m circa.

In questi momenti provo tanta serenità, ho lo zaino ben assestato, si sente un po’ la quota, ho solo voglia di salire e di vedere cosa c’è più su. Quando il ritmo comincia ad essere troppo lento mi fermo per il rifornimento, panino, acqua e formaggio sono ancora validi rispetto agli alimenti apposta per lo sport. Ci si guarda intorno e alcune cime sono nascoste dalle nuvole, altre sembrano fumare con pennacchi di vapore e altre sono completamente libere.

Dopo tutto se non ci fosse il cattivo tempo quando arriverebbe la neve?. Il meteo resta comunque benevolo e le nuvole non danno segnale di volersi chiudere sulla mia testa e su questa cresta di confine.

Con un’ultima mezz’oretta di fatica raggiungo il colle e un breve riposo. La vista su nuove cime circondate da bei ghiacciai è sempre invitante ed è bello immaginarsi gite su quelle vette.

Ora si guardano le relazioni su internet, i libri di scialpinismo, ma una volta da una gita si studiavano e scoprivano nuove possibilità e nuovi percorsi. L’aspetto pionieristico mi ha sempre affascinato. Comincio a scendere perchè ne è venuta l’ora, infatti al colle si sta benissimo, la solitudine non mi pesa, c’è il sole. La valle è all’ombra delle nuvole e quindi la neve non si sta scaldando troppo.

Il ritorno è magico, ci sono altre tracce ma sono l’unico così ritardatario, il percorso è semplice e in un attimo arrivo al rifugio.

Qui, inizialmente solo con i soci e i rifugisti, poi con gli altri gruppi saliti fino a qui ci si scambiano le classiche frasi sulle condizioni delle gite, sulla speranza (per il momento molto bassa) del bel tempo per domani e sui vari argomenti da rifugio. Intanto facciamo passare il tempo per la cena, una bella birra in bottiglia dona la giusta reintegrazione salina e sistemiamo gli zaini per la notte.

Con i soci ci si racconta delle varie esperienze sci o non-sci-muniti, e finalmente si giunge alla cena (il rifugio è l’unico posto in cui posso prendere in considerazione se preferire il minestrone alla pastasciutta, e fortunatamente opto per entrambi). Tendiamo l’orecchio per sentire un po’ i discorsi degli altri rifugiati (cai Savona e altri gruppetti), scambio di impressioni anche con loro e poi tutti a dormire.

Seconda tappa:

Il mattino ci porta un po’ di incertezza perchè troviamo nebbia e leggere spolverate e facciamo colazione con calma, per vedere come evolve il tempo.

L’idea è di cominciare comunque a salire perchè per decidere di tornare indietro facciamo a tempo anche più su, il tempo non è certo così inclemente da sconsigliarci in assoluto il tentativo. Intanto altri gruppi partono di già, con la nostra stessa intenzione di prendere una decisione più in alto.

L’idea di cominciare e poi decidere si mostra fortunata, infatti già mentre calziamo gli scarponi, e poi mentre saliamo la coperta nuvolosa bianca si apre e anche se l’azzurro è solo in piccoli sprazzi, il tempo è adatto a salire.

Il percorso non è difficle da intuire, avendo fatto un pezzo del percorso anche ieri, la vecchia traccia ora coperta da 10 cm di neve nuova non è a noi completamente nascosta, e saliamo con convinzione.

l percorso del resto è piuttosto semplice e con la cartina ci si riesce ad orientare molto bene.

Si sale il canale dell’aroulette, facendo un po’ fatica a far tenere le lamine (crosta che a volte cedeva); il canale spiana facendo da ottimo imbocco al piano del ghiacciaio. Ora si deve puntare a ovest per il col du Gelè, tenendo un po’ d’occhio i pendii che ci si lascia a sinistra.

Dal colle non si scende al ghiacciaio e si comincia a percorrere un arco di cerchio che prima puntando a Nord e poi di nuovo a Ovest ci porta sotto la cima. Uno sguardo al pianoro dell’Aroulette appena percorso. dal colle 2 panoramiche: verso sudest e verso sudovest.

Verso la cima la nebbia ha precluso i panorami e la visibilità ma la traccia vecchia, non completamente occultata dalla neve nuova, fa da giuda.

Un breve tratto di roccette ci fa scegliere di depositare gli sci e io calzo anche i ramponi, non indispensabili; in realtà più avanti noto di nuovo la traccia sciistica, con visibilità buona probabilmente si sarebbe potuto fare la diretta dalla cima. L’esposizione non è molto valutabile nella nebbia, non sembra comunque tale da rendere necessarie grandi precauzioni se la neve, come nel nostro caso, non è ghiacciata.

La salita è stata svolta seguendo la traccia del giorno prima, coperta dalla piccola nevicata notturna che l’ha resa appena percettibile. Ci ha dato molta sicurezza seguire la traccia, soprattutto nei pressi della cima, finchè non è comparsa la croce di vetta (mancavano 5 minuti ancora). Battere per tutto il percorso è stato molto gratificante, il terreno vario e l’ambiente hanno dato grande respiro alla giornata. In discesa fino al bivacco condizioni varie tra sciabilità ottima e discreta, Al rifugio 4 birre (una ciascuno) per coronare una giornata completa e poi nuovamente in discesa curve in una granita sfondosissima, discesa di sopravvivenza sulla strada per poi in 15 minuti di spallaggio arrivare all’auto.

La sensazione è quella di aver fatto 2 giorni senza sprecare nulla, godendosi tutte le condizioni e l’ambiente ottimo.

Testo e foto di Marco Giudici

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