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Mork e la scintilla di pazzia che lo ha riportato su Ork

Creato il 12 agosto 2014 da Moky
Non so con esattezza perché, ma la morte di Robin Williams mi ha colpito piuttosto fortemente. Sara' che anche io, come milioni di persone, sono cresciuta con Mork & Mindy, sarà che amo le persone che mi fanno ridere, e sicuramente Robin Williams e' nell'Olimpo dei comici, ma appena saputa la notizia, mi e' venuto un po' il magone. Perché in qualche modo lo sapevamo un po' tutti che dietro quella comicità irrefrenabile, esistevano tormenti e demoni profondi (come spesso capita con i comici, la loro comicità' ha radici in sofferenze), lo sapevamo tutti, almeno qui in America che ne seguivamo gli ups and downs, i saliscendi fatti di grandi successi professionali e cadute e ricadute personali tra gli artigli dell'alcol, che qualcosa sarebbe potuto succedere. E ne aveva accennato in tante interviste negli ultimi anni specialmente.
Nella sua ultima intervista con Jon Stewart del Daily Show, Robin Williams parla apertamente della sua lotta contro l'alcolismo (oltre all'alcol, aveva anche abusato di cocaina negli anni '70 e '80), e dice, rispondendo a Jon che menziona la sua paura, una volta che aveva smesso di farsi, di non essere più capace di creare, di far ridere la gente, "the main operative word is fear… the fear is there, and you're try to overcome it with that, but if you can deal with fear and realize that some of it  is real and some isn't, and then come throughout that…" "La parola operativa e' paura… la paura e' li', e tu cerchi di superarla con quella (la sostanza chimica), ma se riesci a trattare con lei e realizzare che un po' e' reale e un po' no, e poi riesci a passarci attraverso…"
Paura di non essere adeguato, di non farcela, di aver bisogno di alcol… Depressione.
E' difficile per noi "comuni mortali" concepire che una persona che verosimilmente ha raggiunto l'apice di successo, fama, soldi, sia depressa o viva paralizzata dalla paura… Eppure e' la realtà di tante persone, persone meno famose e ricche, persone "normali", con una vita che sembrerebbe perfetta, o comunque una vita che vale la pena vivere.
La mia prima esperienza con la depressione risale a una trentina di anni fa, mi ricordo un Natale in cui mia madre era sdraiata sul divano non so se piangesse o meno, ma non era felice. Non capivo perché e pensavo, vabbe' ma perché deve fare cosi' a Natale? Perche non si alza e si unisce al resto della famiglia?
E' un ricordo vago, ero un'adolescente penso, e ricordo le parole "esaurimento" e "depressione"…
La seconda esperienza che ho avuto con la depressione e' stata molto più drammatica e difficile, e l'ho vissuta quando mio marito e' stato diagnosticato come bipolare/depresso, 12 anni fa. La stessa diagnosi di Williams, tra l'altro.
L'intervento della polizia, il ricovero in un ospedale psichiatrico seguito da mesi, anni di medicine, terapia, gruppo di supporto.. mentre io con 3 figli piccoli (Vivian non aveva nemmeno 2 anni) mi ubriacavo di informazioni su cause, cure, pericoli… lo sapevate che il 25% di persone diagnosticate bipolari commettono suicidio? Io ho vissuto con questa spada di Damocle per anni.
Oltre al trovarmi a dover imparare a convivere con una malattia di cui si parla poco, una menzione particolare va allo stigma che qualsiasi malattia mentale porta con se e all'isolamento che ne consegue... sono convinta di essere riuscita a sopravvivere a quegli anni un po' perché non avevo scelta e un po' grazie al mio piccolo gruppo di amiche locali che erano a conoscenza di quello che mi succedeva, e sono state presenti nonostante lo stigma appunto.
Prima del mio incontro ravvicinato con la depressione, anche io facevo parte del gruppo di persone che, di fronte ad una persona depressa, pensava Snap out of it!,  Riprenditi!
Ora so che non basta schioccare le dita o battersi i tacchi delle scarpette rosse, non si esce dal tunnel della depressione con un colpo di bacchetta magica...
Non vi tedio con i dettagli, ma e' stata una lunga battaglia combattuta da parte sua, con me al margine…Tanto lavoro che lui ha fatto su se stesso, dall'imparare a riconoscere i "momenti giù" e i sintomi, quando tornavano, all'accettare la propria imperfezione, la propria immaturità emotiva ed essere disposto ad accettarsi e a cambiare, ogni giorno… tanto lavoro anche da parte mia… una battaglia dove la sua "fortuna" e' stata anche quella di non avere mai avuto problemi di abuso di sostanze chimiche.
Quali fossero i demoni interiori che tormentavano Robin Williams, probabilmente non lo sapremo mai, non possiamo capire in quale oscurità vivesse, per noi e' inconcepibile, ma guardatevi intorno, perché siamo tutti circondati da persone che soffrono silenziosamente. E se avete qualcuno nella vostra vita che soffre di depressione, che vive una paura che voi non capite, ma che per lui e' così forte e potente da dominargli la vita, non accantonate questi suoi sentimenti come insignificanti, o facili da superare, perché per questa persona non lo sono. Che almeno sappiano che sono amati. E che riconosciamo che i loro dolori sono veri e non un parto della loro immaginazione o un modo perverso per cercare attenzione (questo e' quello che si sente spesso dire in relazione alla depressione).
Robin Williams ha toccato in modo indelebile la fantasia e le vite di milioni di persone nel mondo. Che la sua morte prematura ricordi a tutti che la depressione e' una malattia vera, che non c'e' niente di intrinsecamente sbagliato o marcio in una persona che soffre di una malattia mentale, qualsiasi essa sia. Che esiste aiuto (anche se spesso quello che possiamo dare noi come famigliari o amici e' solo la nostra presenza e il nostro affetto) e che possono vivere una vita normale, e persino guarire.
Parliamone apertamente, cosi come parliamo di diabete e asma.
Perché alla fine siamo tutti un po' pazzi.

"You're only given one little spark of madness. You mustn't lose it."  (Robin Williams)

"Ti viene data solo una piccola scintilla di pazzia. Non devi perderla."


Qui l'intervista di cui vi parlavo dello scorso settembre con Jon Stewart:
The Daily Show
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