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Morning Glory dei separatisti, tramonto di Zeidan, fallimento di Obama

Creato il 12 marzo 2014 da Maria Carla Canta @mcc43_

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Non è bastato al Primo Ministro  Ali Zeidan “comprare” il prigioniero Saadi Gheddafi dal Niger per salvare la sua scomoda poltrona. Il Congresso l’ha sfiduciato, chiamando il Ministro della Difesa Abdullah Al-Thinni per un incarico ad interim. Due settimane per scegliere chi accompagnerà alle elezioni fissate per luglio la Libia che resta, secondo Obama, una grave minaccia.

Il carico di petrolio conteso

Ali Zeidan

Ali Zeidan

La situazione del paese, forse, non consentiva a Zeidan il conseguimento di risultati brillanti, tuttavia sul piano della comunicazione si è dimostrato certamente fallimentare e a rivoltargli contro i membri del Congresso sono state le sue sortite durante la crisi della Morning Glory.
Petroliera battente bandiera nord-coreana, di proprietà degli Emirati Arabi Uniti,  era attraccata a Sidra per ritirare il petrolio che i ribelli separatisti della Cirenaica rivendicano di voler vendere in autonomia. Immediata diffida del governo libico, doppiata dall’ordine dato dal paese asiatico al capitano della petroliera: sospendere le operazioni e rientrare subito. Il capitano risponde di non poter obbedire: la milizia è a bordo e comanda le operazioni di carico. Ali Zeidan replica minacciando di “bombardarla” se cercherà di lasciare il porto con il greggio. La Corea del Nord ribatte: sarebbe un atto di guerra. 

Lunedì 10, Zeidan comunica di aver mandato forze militari (milizie pagate dallo stato) e di aver ripreso il controllo della situazione. Affermazione falsa, alla quale non si può opporre una chiara ricostruzione a causa del rocambolesco susseguirsi di notizie, compresa la voce che, colpita da un missile, la Morning Glory era in fiamme.  

Ultimo atto della crisi: martedì 11 la petroliera prende  il largo con 234 mila barili di greggio, scortata dai mezzi navali dei separatisti. Ali Zeidan, messo sulla graticola, è senza indugio sfiduciato. In tarda serata la notizia che gli è stato imposto di non lasciare la Libia perché a suo carico è avviata un’indagine per corruzione.  Il mattino di mercoledì 12, scoop di Al Jazeera: Zeidan è fuggito verso l’Europa, facendo breve tappa a Malta.

 Il Presidente ad interim

Abdullah Al-Thinni

Abdullah Al-Thinni

 Di Abdullah Al-Thinni si sa che ha un passato militare, complicato da un periodo di prigionia sotto Gheddafi – quando il fratello, pilota dell’aeronautica, era fuggito in Egitto. Si è ritirato dall’ esercito nel ’97 ed è diventato Ministro della Difesa nell’agosto 2013. Il mese seguente una milizia gli ha rapito il figlio, tenendolo prigioniero per quattro mesi. Sembra godere della reputazione di uomo senza intrallazzi e come Ministro ha dato prova di capacità di mediazione nei conflitti tribali. In gennaio aveva concluso l’accordo con i ribelli Tuareg di Ubari che ha permesso all’impianto petrolifero di riprendere l’attività.

Lo aspetta un compito difficile, perché difficili saranno le trattative per la designazione del nuovo Primo Ministro sullo sfondo delle spinte separatiste sempre più forti e delle cronache quotidiane costantemente bellicose.  All’ inizio di marzo un  pacifico sit-in si è trasformato in rivolta a causa dell’arresto di alcuni manifestanti; due parlamentari sono stati feriti, la sede del Congresso Nazionale nel centro di Tripoli è stata presa d’assalto da dimostranti che chiedevano lo scioglimento dell’Assemblea [che si era autonomamente prorogata la durata].

Il fallimento della politica stay behind
di Obama: e ora?

L’ International Institute for Strategic Studies , IISS,   think tank della Gran Bretagna  già lo scorso novembre ha pubblicato uno studio  della  Georgetown University sulla  Libia dal 2011 quando  Nicolas Sarkozy e  David Cameron erano alla ribalta e Obama restava nel backstage.

Gaddafi Gheddafi Obama
“A ben vedere, tuttavia , gli Stati Uniti hanno sostenuto la maggior parte degli oneri militari di tutta l’operazione. Sono stati i missili Cruise statunitensi a mettere fuori gioco le difese aeree libiche permettendo ai jet europei di volare e bombardare incontrastati ; gli americani hanno fornito i tre quarti del carburante necessario e le munizioni di precisione di cui gli europei, specialmente all’inizio del conflitto, erano a corto. Gli Stati Uniti hanno inviato 8.507 operativi, su un totale di 12.909, oltre a 153 del 309 di aeromobili e 228 dei 246 missili da crociera lanciati. “”

La conduzione “ stay behind “ sarebbe un trar lezione dalla guerra in Iraq condotta unilateralmente da Bush; quel fallimento del cambio di regime ha indotto l’amministrazione Obama a legittimare la leadership europea per evitare un altro contraccolpo internazionale anti-americano. Tuttavia, se Bush è da biasimare per non aver previsto il dopo-Saddam, lo stesso si può dire di Obama. Aver defenestrato Gheddafi è stato il “successo” del momento, ma a quasi tre anni di distanza l’operazione Libia appare ormai agli osservatori internazionali sempre meno riuscita.

Non ne è sortito, pertanto,  un “modello libico” da usare come nuova e valida opzione per la politica estera americana.  L’IISS conclude:

“Piaccia o meno, non c’è alternativa alla leadership americana, pertanto gli Usa, e il futuro bilancio per la difesa e la strategia militare globale, si trovano ad affrontare una scelta desolante: nè la leadership globale americana che sostiene un ordine mondiale europeo amico, nè rinunciare allo scettro della leadership, creando un vuoto che verrebbe riempito da attori, forse apertamente, ostili. Qualunque opzione l’amministrazione Obama voglia rivendicare, la politica estera, come i film, funziona meglio con un John Wayne che senza.”

Obama non ha mai abbandonato le manovre stay behind, sia mandando a Benghazi Chris Stevens, nominalmente ambasciatore, praticamente dispensatore di armi ai ribelli siriani, sia irrompendo nel territorio libico per catturare un ricercato alqaedista, Anas Al-Libi. Se nel primo caso i libici, ignorando la vera funzione di Stevens, manifestarono piena solidarietà agli Usa, nel secondo giustamente s’indignarono. Ciò accelerò il crollo dei consensi nei confronti di Ali Zeidan , accusato d’averne avuto notizia e d’aver approvato l’operazione.

In febbraio Obama ha rinnovato l’ordine di “stato di emergenza nazionale” relativamente alla Libia, emesso per la prima volta nel 2011 allo scoppio della ribellione. La Libia, afferma, è ancora una straordinaria minaccia internazionale.
Con Gheddafi la Libia era un paese amico, d’improvviso – per ragioni che solo la storia deluciderà – divenne una minaccia e tale e rimasta nell’avvicendamento delle persone ai vertici. 

E’ certo un fallimento, ma è anche il colpo in canna per un nuovo eventuale intervento entro uno scenario che ha perso completamente la sua coesione. Resta solo da vedere se Obama farà John Wayne o  se manderà avanti uno sceriffo europeo.

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Gentili Lettori dalla Libia,
sarebbe molto interessante conoscere vostre opinioni o notizie. Grazie se qualcuno lascerà un commento, sotto pseudonimo, assicurando la massima riservatezza. (it-en-fr-es) 

Auguri per il vostro paese.


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