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Morti viventi

Creato il 03 settembre 2010 da Dragor

DDDDDDDDDDceciliovittar_20080915114954   Niente paura, George A. Romero non c’entra. Volevo soltanto dire che non tutti i morti sono uguali. Qualcuno è vivo e non soltanto: è più vivo di molte persone ufficialmente vive. C’è una quantità di vivi di cui non si accorge nessuno. Se scomparissero, il mondo non cambierebbe, è come se fossero già morti. Ma ci sono morti vivi. Sono lì, ci sembra di toccarli, sono dentro di noi, sono noi. Ci controllano come se fossimo burattini mentre la maggior parte dei vivi ci lascia indifferenti. Stimolano le nostre emozioni, pilotano i nostri pensieri, ci fanno sentire come loro. Ecco, se mai invidio qualcuno, sono questi morti. Il loro potere è immenso, sfida i secoli e non si corrompe con gli anni, a differenza dei loro corpi che hanno ingrassato chissà quanti vermi.

  

   L’ho pensato mentre suonavo Bach. Niente di speciale, era un preludio.Con le loro esplorazioni in tutta la gamma cromatica, i preludi di Bach sono un esercizio eccellente per ogni strumento e per ogni tipo di musica, tenetelo presente anche se suonate la chitarra elettrica e volete imitare Jimi Hendrix. Del resto Bach componeva soprattutto a scopo didattico. Suonavo in souplesse e intanto pensavo: “Ma accidenti, quanti vivi riescono a farmi sentire così?  Non mi sento come se portassi una parrucca alla Luigi XIV e suonassi in una cattedrale luterana della Germania del Nord. No, mi sento come un tizio del XXI secolo che si sente fuori dal tempo e dallo spazio grazie a queste note ribattute, ipnotiche, progressive, che esplorano, cercano, si esaltano e s’innamorano di se stesse come se non volessero fermarsi mai.”  

 

   in definitiva E’ meglio un morto vivo che un vivo morto. Adesso qualcuno citerà Foscolo. No, il buon Ugo è completamente fuori strada. Nell’urna funeraria non si prova nessuna emozione, né poca né tanta. Foscolo  ha parlato di poca gioia perché credeva nella vita dopo la morte. Non solo in quella vera degli artisti ma anche in quella falsa dai preti, così credeva che nell’al là ci si potesse rammaricare per l’eredità che non si ha lasciato nell’al di qua. Un’affermazione religiosamente corretta ma gratuita, perché nessuno ha provato l’esistenza dell’al di là. No, la gioia la si prova da vivi, quando si pensa a tutte le persone in cui rivivremo quando fisicamente non ci saremo più. Le faremo ridere, piangere, soffrire, riflettere, godere, estasiare, amare con noi come se fossimo là. Lasciare un’eredità fa godere da vivi e non nell’urna, come chi fa testamento e pensa “quell’arpia di mia moglie la frego, lascio tutto alla serva.”  Gode da vivo, non da morto. Anche se l’arpia crepasse di fame, da morto non godrebbe affatto, come non godrebbe se la serva partisse per le Seychelles. I morti non godono.

 

      Dragor

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