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Motivare le persone alle quali hai dato un obiettivo

Da Ciraolo

Il Capo dà Obiettivi.

Cari lettori, mancano ormai un paio di settimane alla nascita della mia primogenita, Anna. Questo è il motivo per cui ho deciso di ridurre la mia presenza nel blog ad un paio di articoli settimanali. Sarà così per tutta l’estate. Sarà un’estate fantastica! :)

Veniamo al dunque…

Dopo aver letto Come capire qual’è il proprio obiettivo motivante, Sergio nei commenti propone una domanda:

“Motivare le persone ai quali hai dato obiettivi.. nell’ambito lavorativo in azienda piramidale.. qual’è il segreto per tenere alti i risultati?

La domanda è troppo interessante per lasciarsela sfuggire senza scriverne un post! :) Da ormai un po’ di anni sono un educatore: sebbene non abbia mai visto un’azienda in vita mia, ho una certa esperienza nel “dare obiettivi”.

Certo, non voglio dire che fare l’educatore ed essere manager di un’azienda siano la stessa cosa, ma facciamo un esperimento: io porto la mia esperienza e cerco di “trasportarla” in ambito aziendale, e voi fate il viceversa nei commenti. Se scriverò qualche baggianata, avrete pazienza.

Utilizzerò il termine “dipendente” qui in maniera generica, per indicare una persona che dipende, in qualche modo, da noi. Questi i punti che mi vengono in mente per rispondere a Sergio:

L’obiettivo deve essere chiaro e condiviso.

Tempo fa si parlava di scaffolding, l’impalcatura che sostiene bambini e adolescenti che devono svolgere un compito. Tutti abbiamo bisogno di un’impalcatura, soprattutto quando abbiamo un obiettivo da raggiungere. Il primo punto dello scaffolding dice che questo obiettivo deve essere chiaro, esplicito e condiviso da entrambe le parti. Ma come far si che una persona condivida un obiettivo in maniera non solo apparente?

Spesso (e giustamente) gli obiettivi reali di un dipendente e quelli reali del capo sono molto differenti.

Scopro l’acqua calda. Il punto è questo: molto spesso ci lamentiamo che Tizio non ha raggiunto l’obiettivo che gli abbiamo proposto. Ma in realtà siamo noi a non aver raggiunto il nostro obiettivo, mentre potrebbe essere che Tizio abbia raggiunto il proprio. Quando gli obiettivi reali di tutti i componenti di un gruppo sono gli stessi, a quel punto non c’è dispersione di energia perché si rema tutti nella stessa direzione.

Quale potrebbe essere il vero scopo del dipendente?

Da ciò che vedo in giro, per molti questa domanda è un tabù. Ma se non ci interessa questo punto, si rischia di non porre le basi per raggiungere gli obiettivi più alti. Ottenere lo stipendio è sicuramente uno degli scopi principali di un dipendente, ma sicuramente non è l’unico. Chi si trova a dover coordinare un gruppo di persone deve essere un po’ psicologo, ed addentrarsi (con estrema delicatezza) nelle esigenze affettive, relazionali, mentali di ognuno (Vedi: Perché cambiare lavoro?).

Rispondere alla domanda: “Che vantaggio ne ricaverà Tizio a raggiungere l’obiettivo?”

Questa, per quel che ne so, è LA domanda. Certo, tutti possono pretendere dai propri dipendenti il conseguimento degli obiettivi perché questo è il loro dovere, ci mancherebbe altro. Ma qui stiamo parlando di motivare nel senso di dare una marcia in più. Da quel che vedo le aziende offrono, al conseguimento di certi obiettivi, vantaggi economici. Questo va benissimo ed è un forte propulsore (forse il principale), ma non dimentichiamo che non è il solo. Alla creatività di ognuno pensare agli altri.

Entusiasmarsi dei successi altrui

Credo che l’entusiasmo sia un’arma formidabile. Dall’adolescente in piena fase ribelle (come nel caso dei “miei” ragazzi) all’operaio all’ultimo anno prima della pensione, le persone hanno bisogno di vedere che i loro gesti entusiasmano. Come per un gol di Crisitiano Ronaldo, deve esserci una platea pronta ad applaudire. Un piccolo appunto: l’entusiasmo deve essere sincero, altrimenti è controproducente. Piuttosto che allenare la propria capacità di mostrare entusiasmo, meglio allenare la capacità di entusiasmarsi per le piccole cose.

Il giusto equilibrio tra “tirare fuori” e “mettere dentro”

Educare, dal latino ex-ducere, tirare fuori. Quando abbiamo dei dipendenti, non stiamo in fondo educando, cioè tirando fuori le loro potenzialità? Non è facile trovare il giusto equilibrio tra il mettere dentro norme, impegni, doveri, concetti, e il tirare fuori le idee, l’entusiasmo, la brama di raggiungere un obiettivo. Ma credo che sia una strada vincente. “Facile a dirsi…”, direte voi. Già, e difficile a farsi. Ma non impossibile.

Essere come un buon padre

Abbiamo parlato dei bisogni affettivi e relazionali dei dipendenti, abbiamo parlato di doveri da passare e di entusiasmo da trasmettere. Chi incarna tutto ciò alla perfezione, se non un bravo padre (o una brava madre, neh)? Secondo me il paragone, seppur forte, non è azzardato: spinge alla perfezione e sottointende che il capo (e qui mi ricollego al mio lavoro da educatore) deve avere l’occhio su tutto, su ogni minimo dettaglio non solo organizzativo. Avere dei dipendenti vuol dire anche avere grossa responsabilità, e troppo spesso vedo persone che sprecano l’opportunità che viene loro data. Se avremo curato le basi, gli obiettivi verranno da sé.

Foto | Flickr

">"Motivare le persone alle quali hai dato un obiettivo. è stato scritto da Andrea Ciraolo.


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