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Movember Test Match, un bilancio - Part One

Creato il 04 dicembre 2012 da Rightrugby
Movember Test Match, un bilancio - Part One E' opportuno un recap a mente fredda del novembre dei Test Match - o meglio del Movember dati i baffi sfoggiati da tanti protagonisti anche italiani (notevoli quelli di Richie McCaw, autodefiniti "da attore porno" ma la causa e il senso identitario da rugbisti che comportano, trovano la nostra adesione a dispetto dell'estetica).
Partiremo dal "basso" per arrivare rapidamente alle stelle, dividendo la ventina di squadre in un paio di gruppi da dieci; diciamo che ci stupisce, a fare il roundup dell'informazione locale, la scarsa consapevolezza di aver assistito a un evento epocale once in a lifetime e a una serie di accadimenti minori ma tutt'altro che trascurabili.
- Uno di tali eventi riguarda un nuovo inizio per il Giappone, ora 15' nel ranking Irb.  Nella nuova gestione di Eddie Jones (che non tutti sanno essere per metà giapponese) i Brave Blossom iniziano a uscire di casa non solo per i Mondiali e i tornei in Asia - Pacifico: quella sul Mar Nero (in Romania e Georgia) è stato il loro primo tour europeo ever. Hanno incassato due vittorie per il rotto della cuffia,   mostrando che tutto sommato la loro "tacca" quella è; ma farlo fuori casa, in recupero e in quei campi "rognosi" e poco adatti alle evoluzioni della cavalleria leggera, è tipico delle Irlanda e dei Leinster, solo per citare nostre ferite aperte recenti: è cioè indice di completezza e anche di cinismo (in italiano proprio si direbbe freddezza) che fa la differenza.
Oltre a questi episodi, il rugby giapponese registra nel mese un indicativo evento epocale: dopo l'era del "dragare" nel loro campionato nazionale campioni a fine carriera (e non: come SB Williams) Kiwi, Aussie  e Pacifici con annessa qualche nazionalizzazione (politica che continua imperterrita; ad esempio, il trevigiano Loamanu ha passaporto giapponese), il salto di qualità  è avvenuto  quando l'Otago ha inserito alcuni figli 100% del Sol Levante nella squadra per il torneo NPC e un paio di questi - il mediano Fumiaki Tanaka e l'hooker Shota Horie - si sono distinti al punto da guadagnar contratti con franchigie del SuperRugby. Un bel doppio salto in alto, dai Panasonic Wild Knights ai Rebels o ai Blues : se son rose ...
- Georgia e Romania van seguite: una delle due con tutta probabilità sarà nel girone mondiale dell'Italia. Novembre pessimo per le rappresentative agli opposti capi del Mar Nero: sconfitte di misura col Giappone entrambe, i Lelos perdevano di poco anche coi resti dei figiani mentre i Lupi prendevano una bella strigliata dagli Usa. Ora languono al 17' e 19' posto del ranking, sotto Giappone e Usa e la Romania viene superata anche dalla Spagna.
- Anche Canada e Usa, 14' e 16' nel ranking, van tenute d'occhio attentamente: una di loro sarà probabilmente nella nostra Pool mondiale. Entrambe prevalgono nettamente sulla Russia ora 20' nel ranking, che di strada mostra di doverne fare ancora tanta; ambedue esplorano i loro limiti contro le Pacifiche: Canucks pesantemente battuti dalla splendida Samoa, Eagles che lottano ma non reggono la concreta Tonga e si rifanno schiacciando la Romania a Bucarest.
- Le Pacifiche: splendido novembre per Samoa, ora settima nel ranking davanti a Pumas e Dragoni, grazie alla netta vittorie sul Canada, soprattutto allo scalpo del Galles e un gran partitone in vantaggio quasi per un'ora in casa di una Francia tra le più impressionanti degli ultimi anni. Non è un exploit momentaneo, i Pacifici in rosso si segnalano nei tour da oramai qualche anno, sopravanzando Fiji nel ruolo di pericolo pubblico, di mina vagante Pacifica in grado di far vedere i sorci verdi a chiunque e non solo per mezz'ora o ovale in mano.
Lo stesso dicasi, più in piccolo, per Tonga undicesima nel ranking, appiccicata alle spalle dell'Italia per 14 decimi di punto: battuti dagli Azzurri, si sono rifatti con Usa e a sorpresa ma non tanto anche con la Scozia, determinando le dimissioni di Andy Robinson. La forza assoluta dei tongani sorprende solo gli smemorati (ai Mondiali batté la Francia e, finale a parte, fu la squadra che più impegnò gli All Blacks); gli stessi si sorprendono per le  loro caratteristiche apparentemente "anti-Pacifiche" (trazione anteriore, prima linea e pack tutto forti). Nella realtà è squadra che sfrutta al meglio la fisicità tipica di quelle parti e quasi al pari di Samoa, viene messa in campo non più in modo naif come un tempo ma da tecnici preparati. Come se non bastasse, l'esperienza di Europa e Australasia li sta rendendo più disciplinati.
Alcuni sono convinti che le migrazioni per motivi di studio, lavoro e cura in Nuova Zelanda e Australia (fenomeno non certo recente) e le politiche di nazionalizzazione in Europa - dette "equiparazione" in linguaggio politically correct (è la globalizzazione vista dalla periferia) - alla lunga penalizzeranno queste nazionali: del resto son sempre più i Manu Tuilagi, i Vunipola e i Toby Faletau. Per non parlare dei cosiddetti "Maori" neozelandesi, che originano in tutte le isole delPacifico (fino alla minuscola Niue, dove nacque Piri Weepu), tranne le due più grandi. Tutto sommato però, stan solo seguendo le strade degli Hape, Botha e McLean, la cui dipartita non ha certo impedito alle rispettive nazioni di restar grandi.
Per ora chi ci rimette è chi si trova isolato e boicottato per questioni altre: Fiji, ora 13' in ranking anche perché la sconfitta con l'Irlanda non contava (conta quella con l'Inghilterra e la vittoria con la Georgia), che di campioni ne avrebbe tanti sparsi in giro ma si trova senza voce e risorse per richiamarli. Sotto schiaffo dei club "schiavisti" i quali, come ha denunciato Maddox, ex staff del Racing Métro, allungano assegno (e scuse politiche) ai potenziali nazionali per non perderne una stilla di energia e non rischiare infortuni.
- Dulcis in fundo per questa prima parte, la coppia che scoppia per una volta a nostro vantaggio: Italia e Scozia. Percorsi paralleli - in comune All Blacks e Tonga, per noi Australia per loro Sudafrica - e risultati quasi simili, ma il diavolo si nasconde nei dettagli di quel "quasi".
Difatti noi abbiamo subito un divario di 32 punti dalla Nuova Zelanda e similmente loro ne han presi 29 pur marcando tre belle mete; eppure la stampa (nostrana) ha magnificato la prestazione Azzurra, a nostro modesto avviso gravemente carente rispetto ad altre sue prestazioni del passato (quel crollo nel finale: inguardabile).
Continuando col parallelo, se in Scozia la sconfitta con Tonga (meno sei punti e due mete subite a zero) costa la testa all'allenatore, anche da noi la opinione pubblica locale s'è alquanto incupita per una vittoria di soli 5 punti (ma tre mete fatte) con quei Pacifici. Nella realtà la sconfitta della Scozia offre la dimensione corretta della forza dei Pacifici e quindi della valida prestazione Azzurra con loro, se nn altro in termini di "cinismo". Una riprova della unica grande imperitura Verità mallettiana: "in Italia di rugby (i giornalisti) non ci capiscono un biiip" .
Infine la grande, eclatante differenza tra Azzurri e Scots: 11 punti subiti dagli Springboks, due mete a una e partita mai in discussione, contro il gran recupero Azzurro coi Wallabies, partito da meno 19 subito in 15 minuti di gambe tremanti e terminato a meno tre, con tanto di pareggio in mano nel finale. Una impresa storica contro la attuale numero due del ranking mondiale che meriterebbe ben altro spazio e lodi.
Per fare un bilancio, gli Azzurri han fatto i  bull raider da rodeo con gli All Blacks, tenendosi più o meno in sella per i secondi necessari a non far brutta figura, per poi farsi sbalzare pesantemente al suolo; ci sta, nell'ottica della kermesse "ad inviti" (e ci fermiamo qui per non riaprire fronti polemici). Alla fine gli All Blacks pagheranno carissima a Twickenham tale logica, che li vuole portati in giro  a spremersi per l'Europa come la Madonna Pellegrina: think about, e "fuori i secondi" (cioè poche partitelle contro nazionali third tier) se mai vorranno ripristinare una striscia vincente di dimensioni decennali al Nord.
Torniamo a noi: prima della kermesse, gli Azzurri han saputo essere cinici e tenere il controllo della partita contro Tonga, un team forte ma non completo e dopo coi Wallabies han mostrato cuore, attributi, forza bruta e tecnica superiore - ma non il cinismo, "bruciato" dall'insostenibile pesantezza dell'evento storico - contro chi ha messo sotto con la forza bruta e la tecnica Inghilterra e Galles, e aveva pareggiato con gli All Blacks.
Movember mostra che gli Azzurri abbiano dei problemi precisi, sia di squadra (tenuta, depth) che di reparto (ali, cerniera mediana) che di singoli (quanto dura LoCicero? Si può puntare su Orquera? Gori sarà mai un leader vero? Benvenuti esplode finalmente o vivacchia? E Venditti , c'è o ci fa? Etc.etc. ), ma anche belle realtà concrete (la terza linea tutta, e Minto!) e la consapevolezza che stiamo crescendo tutto sommato in modo ordinato, anche se sovente la coperta tirata sul mento scopre i piedi. Ne avremo una riprova, nel bene e nel male,  contro le Nazioni Europee da febbraio, si spera con un animo più consapevole e determinato. L'assicella nel frattempo si alza: la solita Scozia (peraltro fuori casa stavolta) non può certo bastare, in un programma triennale per forza di cose targettato verso quei marpioni dei Tutti Verdi, gli irlandesi che pare già disporre di solidi ricambi (vedi giovani di Ulster) per rimpiazzare una generazione di grandi che ha raccolto decisamente meno di quanto avrebbe meritato, ma soprattutto che possiedono innata quella capacità di mixare la freddezza (il cinismo) britannica con la  ... cattiveria cattolica sottotraccia, in barba alle regole e al fair play

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