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Mr. B si trasforma in Mr. Funeral

Creato il 27 maggio 2010 da Massimoconsorti @massimoconsorti

Mr. B si trasforma in Mr. Funeral. La ballata triste di un re nudo malinconico.

 

“Il sogno è finito”. “La favola è finita”. “Il matrimonio con gli italiani è naufragato”. “Peggio del Titanic”. Irriconoscibile, ieri, Berlusconi. Dopo aver letto i titoli dei giornali comunisti e imitando il gorilla lasciato solo dall’esploratore nella giungla, il Capo ha assunto la posa mesta di chi è rimasto senza notizie, nessuna telefonata, manco una cartolina né un segnale di fumo. Il profeta dell’ottimismo ha svelato la sua vera faccia e, in un crescendo di frasi fatte (lette) ha pronunciato per tre volte la parola “sacrifici”, battendo il suo personale record nel Guinness dei primati costituito da uno “zero” che aveva suscitato l’invidia della Merkel, di Sarkozy e perfino di Zapatero.

Mandato in avanscoperta il nunzio apostolico presso il Pdl, monsignor Gianni Letta, ad illustrare agli italiani le lacrime e il sangue che dovranno versare prossimamente, Berlusconi ha avuto 24 ore di tempo per cercare di limare quegli aspetti che avevano destato più critiche e, sondaggi alla mano, più paure negli italiani. Nonostante lo sforzo titanico di metterci una pezza a tutti i costi, il presidente del consiglio è andato a sbattere contro l’iceberg Tremonti che non ha fatto una piega: nessuna concessione.

A questo punto Mr. B, smessi i panni di Mr. Wedding per indossare quelli di Mr. Funeral, ha dovuto fare una cosa che gli ha procurato un violentissimo attacco d’ulcera: chiedere al popolo, che tanto lo ama, di avere pazienza e fiducia nel suo governo e, agli statali una comprensione difficile da ottenere dopo gli insulti di Brunetta che per anni li ha tacciati di essere dei fannulloni. Giunto al culmine della sua recita teatrale, Berlusconi con il volto santo trasfigurato dall’ennesimo modellino eufemistico del duomo di Milano lanciatogli contro ha detto, “Abbiamo speso troppo”, usando un pronome che i cassaintegrati dell’Asinara hanno immediatamente definito un plurale maiestatis perché loro, di spendere troppo, non se lo sono mai sognato.

Sarebbe facile affondare con un siluro la corazzata di Mr. Funeral, ma ci stanno pensando le paratie stagne che hanno ceduto a farla naufragare definitivamente. Ricordare le spese superflue, i fondi neri, le tangenti, le imprese da megalomane incallito che si chiamano new town e ponte sullo Stretto non è un esercizio fine a se stesso né ci sentiamo pervasi dalla sindrome del Savonarola, è solo la presa d’atto del fallimento totale di un leader che ha scambiato l’Italia per “cosa sua” e gli italiani per sudditi un po’ idioti a cui raccontare balle per sempre. Nonostante tutto, le reti Mediaset non hanno fatto una piega. Bravissime nel gettonare figuranti per rendere dichiarazioni a favore di Berlusconi, questa volta hanno superato se stesse tanto che, nel Tg 4 della sera, un Emilio Fede particolarmente incupito, ha dovuto pagare lo straordinario a tre comparse (le stesse che si intravedono a Forum, a Matrix, a Italian Talent’s, a Amici e a C’è posta per te), travestite da gente comune, per fargli dire: “Se dobbiamo fare sacrifici li faremo, abbiamo fiducia in Silvio” che, pronunciato dai co.co.co. di Mediaset suona un po’ come una beffa. Saputo che nella tosatura raso zero prevista dalla Finanziaria, rientrava l’abolizione delle province sotto i 220 mila abitanti, Bossi ha prontamente tuonato: “Se tolgono Bergamo scoppia una guerra civile”, ricordando al suo stesso governo che i padani, oltre le asce e le frecce, hanno anche quel cannoncino montato su un trattore con cui tentarono qualche anno fa l’assalto al Campanile di San Marco.

Vittime dei tagli anche i consiglieri comunali, un dieci per cento in meno come i parlamentari e come i ministri. Facciamo due conti: il dieci per cento di settemila euro sono settecento euro, di settecento euro, settanta euro. Forse è per questa ragione che Berlusconi ha tolto l’ici non solo alla prima casa degli operai ma anche ai proprietari di castelli e ville. La legge deve essere uguale per tutti, la differenza la faranno sempre e comunque i soldi.


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