Magazine Cultura

Mr Ciak #43: The Giver, Walking on sunshine, Xavier Dolan e un po' di altre cose (recuperate, riviste, in giacenza²)

Creato il 14 settembre 2014 da Mik_94

Mr Ciak #43: The Giver, Walking on sunshine, Xavier Dolan e un po' di altre cose (recuperate, riviste, in giacenza²) Non pensavo. Non lo aspettavo. Non ne sentivo neanche il bisogno. Invece The Giver è un film bellino, molto. Io avevo i miei dubbi, sapete? Pensavo che dopo Hunger Games e Divergent, altra distopia al cinema non fosse cosa buona. Pensavo che un libro scritto ventuno anni fa e arrivato in ritardo alla festa non avesse niente da dire. I cambiamenti dovevano esserci, e mi auguravo fossero migliorie, non stravolgimenti. Me lo auguravo, ma temevo segretamente il contrario. Un'operazione commerciale per dare un'aria alla moda allo stile esile e alle ambientazioni minimaliste della riflessiva Lois Lowry. Protagonisti più fighi e svegli, il grande amore ostacolato, un paio di nomi grossi per richiamare il pubblico curioso in sala. Fate, dunque, come me: guardatelo convinti che sia un'altra storia. Così non vi lamenterete per quello che sembrerà diverso e, col sorriso, vi meraviglierete per quello che sarà identico. Altrettanto delicato, emozionante, di cuore. The Giver ha una bell'anima: è puro. Privo di furberie e di sovrastrutture, ha la stessa semplicità del romanzo di formazione della Lowry. Da esso prende le poche controversie, il viaggio e, soprattutto, il segreto della quiete. Le differenze rispetto al gemello cartaceo ci sono, ma state attenti: non sono poi tante. C'è il giusto, e ci sono i giusti cambiamenti. Un protagonista adolescente, ad esempio, che scopre l'amore, ma senza perdersi negli eccessi zuccherosi dei film per ragazzi. Sarebbe stato insensato, contro natura: rendere il protagonista sedicenne e privarlo del primo amore. Tra lui e la sua amica Fiona, un bacio a fior di labbra e basta. In esso c'è la curiosità scoperta da zero, la pulsione che apre un intero passaggio nascosto. Brenton Thwaites è un Jonas cresciuto, ma che mostra meno dei suoi venticinque anni: ingenuo, fanciullesco, comune. Guarda il suo mondo passare dal bianco e nero ai colori e, sotto il suo sguardo, si potenziano quei personaggi secondari che nel libro andavano e venivano. Lo stesso Donatore, interpretato da un buon Bridges, che vive con lo spettro di una ragazza dal nome indicibile che ha la dolcezza di Taylor Swift; gli amici di sempre, tra cui c'è un Cameron Monaghan che lontano dal set di Shameless non fa però mai faville; l'algida e inquietante Meryl Streep, sinonimo di rigore e maestria. I novanta minuti complessivi sono una fortuna. Lievissimi, non pesano, ma regalano elementi che anche a livello visivo intrigheranno. Non parlo di spettacolarità – quella è dosata in piccole dosi – ma del buon gusto di cui Philippe Noyce si mostra capace. Letto come passaggio dall'adolescenza all'età adulta, il viaggio finale del protagonista ha molto più senso. Ha un perché, uno scopo che libera la pellicola anche dalle esigenze di un sequel forzato. Un'aggiunta, un complemento di fine, ma aperto a un epilogo che è precisa e curata trasposizione del romanzo. La neve, il salto, un ragazzino che stringe in braccio l'avvenire. Fa facce buffe per farlo ridere, gli fa da papà, gli dice che lo ama, mentre un brivido scende tra le nostre scapole e la tenerezza vince. Un film che non si vende all'ovvio, ma che si difende bene dalla concorrenza. A testa bassa, emotivo, eppure coerente con se stesso. Si difende, anche se contrappone una margherita a un'arma. Uno dei rari prodotti per tutta la famiglia, per bambini intelligenti o adulti che penseranno vagamente a Pleasantville, The Truman Show, Equilibrium. Uno scrigno di belle cose – foto d'epoca, ricordi, storia - da maneggiare con cura. Un documentario tutto sfumature su un'umanità che non dobbiamo lasciare che ci sfugga. (7) Mr Ciak #43: The Giver, Walking on sunshine, Xavier Dolan e un po' di altre cose (recuperate, riviste, in giacenza²)Una coppia di coniugi di mezza età, la cui passione giovanile si è raffreddata con l'avvento del matrimonio e dei figli, in cerca di stimoli, in una notte di libertà assoluta, decide di firmarsi con il tecnologico iPad di lui, mentre – snodati e un po' goffi – per tre ore mettono in pratica tutte le astruse posizioni del Kamasutra. Il video, per via di una app di ultima generazione, rimbalzerà sui computer dei loro più cari amici e dei loro datori di lavoro. Avranno un giorno e una notte per sistemare tutto, prima che le loro facce – e i loro sederi, e il resto... – finiscano su Youporn, per la soffiata di un anonimo e imprevedibile aguzzino. Neanche a farlo apposta, poco dopo lo scandalo bollente delle foto rubate a Jennifer Lawrence e compagnia bella, al cinema arriva Sex Tape – Finiti in rete. Una trascurabile commedia sexy, divertente solo a tratti, che ha due bravi attori e, in platea, un pubblico in cerca di cosette da poco. Dopo un inizio volgarotto - simpatico forse per quello? - il film segue le scie di pellicole come Notte folle a Manhattan e lì si stabilizza, all'insegna di una comicità tipica e tipicamente americana. Mitico Jack Black, in un cameo tutto da ridere, e autoironico Rob Lowe, che scherza coi suoi passati problemi legati alla droga e a un video amatoriale che fece scandalo negli anni '90. Meglio di Tutte contro lui, peggio di Bad Teacher. Comunque mediocre. La più lunga e smaccata pubblicità Apple mai realizzata, con una Cameron Diaz in gran forma per cui gli anni – e le visite dal chirurgo plastico - non passano. (4,5)
Mr Ciak #43: The Giver, Walking on sunshine, Xavier Dolan e un po' di altre cose (recuperate, riviste, in giacenza²)Un viaggio in Italia che si scopre una festa di nozze. Ma non quella dell'introversa Taylor, che assiste a rimpatriate tra chiassosi amici e ai preparativi in grande della seducente sorella Maddie, che le ha soffiato il ragazzo di cui lei è stata innamorata. Walking on sunshine, che ha il titolo di una famosa canzone, è un contenitore di famose canzoni. Una foto patinata di una Puglia che fa sinceramente invidia per quant'è calorosa e accogliente. Per il resto? Una classica e prevedibile commedia rosa che una trascinante colonna sonora tutta anni '80, sfiziosi e caserecci inserti musicali, begli scorci della nostra bella Italia rendono godibile, anche se tutt'altro che indispensabile. Piacevole, estiva, un po' fai da te. Nessun lampo di genio, nessuna cover degna di particolare nota, né coreografie alla Rob Marshall. Le damigelle cantano Girls just want to have fun, i testimoni Wild Boys. Saltellano, si tufanno, sbagliano i passi e hanno tutta l'aria di divertirsi. Il pensiero corre costantamente a Mamma Mia!, che già al cinema non era un musical con la lettera maiuscola di suo, e nel modesto cast spiccano la Leona Lewis un tempo così promettente, la sorellina bionda di Gemma Arterton e soprattutto il “bello de casa”, Giulio Berruti: aitante, coi piedi leggeri e anche canterino, si farà notare anche dagli inglesi... e dalle inglesi. Guardate Walking on sunshine con altra gente, in conclusione: potrebbero partire, durante la visione, spontanei e stonati effetti karaoke tutti da ridere. Inevitabile la cosa, quando tirano in ballo Shocking Blue, Wham, The Human League, George Michael. (5,5)
Mr Ciak #43: The Giver, Walking on sunshine, Xavier Dolan e un po' di altre cose (recuperate, riviste, in giacenza²)In secret è la storia di una creatura tutto istinto. Un'orfana curiosa e ribelle che diventa una giovane donna curiosa e ribelle, all'alba di un improvviso trasferimento nella caliginosa capitale francese e di un matrimonio combinato con l'inetto cugino, per volere di una zia premurosa e onnipresente, destinata a diventare anche sua suocera. Una scialba vita di coppia a tre, in una sartoria modesta. Finché Thèrese non conosce un pittore, una creatura selvatica come lei, e l'amore molesto li condurrà alla via che porta all'omicidio. Cupo e oscuro noir in costume, su eroine tragiche, amori folli, delitti imperfetti e castighi esemplari. La fotografia, caliginosa e grigiastra, ma bellissima, ritrae una Parigi inedita che sembra una cartolina della Londra vittoriana che più mi piace. Diretto con classe, è tratto dal controverso romanzo di Zola. La Thèrese Raquin della delicata e brava Elizabeth Olsen è un personaggio complesso, umano e detestabile insieme, al centro di un vortice di insoddisfazione, erotismo, corruzione. Accanto a lei, un malaticcio e irriconoscibile Tom Felton (lo ricordate in Harry Potter, no?) e una Jessica Lange teatrale, superba, in una forma - al solito - smagliante. Un film acquoso, algido, languido e profondamente decadente. Nell'anima. Un melò dall'aria dark, con un cast credibilissimo e gli spettri deformi di una romantica ghost story. (6,5)
Mr Ciak #43: The Giver, Walking on sunshine, Xavier Dolan e un po' di altre cose (recuperate, riviste, in giacenza²)Questo film l'ho guardo tante volte. Eppure è la prima volta, in due anni, che trovo l'occasione giusta per mettermi al computer e raccontarvelo. L'occasione non giusta, ma quella sbagliata. Nei mesi scorsi, sul web, è circolata una notizia che non avrà colpito molti lettori, soprattutto qui in Italia. Ned Vizzini si è tolto la vita. Era uno scrittore e un aspirante suicida da tempo. Pur non avendo avuto un legame di alcun tipo con i suoi libri, la notizia mi ha stordito. In realtà, indirettamente, avevo conosciuto Ned e, più volte, ero stato in sua compagnia. Era da un suo romanzo che era stato tratto It's a King of Funny Story. Tradotto letteralmente, il titolo annuncia che quella che si vedrà è “una sorta di storia divertente”. Cosa bizzarra, cosa ironica. La finzione e la realta erano un unicum. Il protagonista, il problematico Craig, era il reale Ned. Un sedicenne che si sente senza aria, senza libertà, senza senso. La storia vuole che riesca a trovare il respiro nel reparto psichiatrico di un ospedale: in mezzo alle tragicomiche vite degli altri. Accanto ai dolori della gente comune, accanto ai drammi della mente umana – grandioso Zach Galifianakis, adorabile Emma Roberts – aveva capito che nulla erano le sue pene in confronto a quelle degli adulti. E aveva ballato e cantato Under Preassure, riso e pianto, amato e infranto cuori. Un film profondo e profondamente vitale. Uno young adult con un brutto anatroccolo come protagonista che, tuttavia, sapeva diventare quello che non aveva mai avuto il coraggio di essere, portando il suo strano mondo fuori. Io immagino Ned con lo stesso viso comune del bravo Keri Gilchrist, con i suoi stessi capelli lisci e senza forma e con il suo guardo acuto. Aveva saputo esorcizzare i suoi fantasmi, portarli alla luce del sole e combatterli armato di carta e penna, eppure a volte il passato non vuole andare via. E' tornato a galla e, in un giorno di Dicembre, poco prima di Natale, l'ha risucchiato con sé, in un abisso in cui il sofferente Ned vedeva chissà cosa. Vedete It's a King of Funny Story per sorridere ed emozionarvi in compagnia di un adolescente che non molti film tollererebbero, forse. Vedetelo, adesso, anche in memoria di Ned, magari. Per sentirvi invadere da quella serenità che lui ha trovato solo ora, nel modo più estremo. (7)
Mr Ciak #43: The Giver, Walking on sunshine, Xavier Dolan e un po' di altre cose (recuperate, riviste, in giacenza²)Che tipo che è, Xaviel Dolan. Io, a vent'anni, sto qui a studiacchiare invano e più che altro a grattarmi, mentre lui – classe 1989 – è già un nome di punta nel mondo elitario del cinema d'autore. Dichiaratamente omosessuale, propone e ripropone tematiche quali amore, desiderio e sessualità in ogni sua pellicola e i risultati, audaci e brillanti, assurdi e vagamente geniali, stordiscono, ma piacciono. Attenzione smodata alla forma, all'accostamento dei colori e delle musiche, alla composizione e alla scomposizione dello spazio filmico. Anarchia visiva. Io, che non sono dotato di palato fine, concludo i suoi film mai del tutto appagato, ma affascinato. Li ho visti alla rinfusa. Tom à la ferme, il più recente, è una bestia strana. Lento, spoglio, teso - inquieta. E' un curioso noir, tra campi di grano e funerali, sulle tentazioni e i cattivi pensieri che la solitudine fa fare. Il protagonista, lo stesso Dolan, va in campagna, al funerale del ragazzo che è stato il suo compagno. La famiglia non conosce la sua esistenza e il fratello del defunto, misterioso e violento, è disposto a tutto pur di chiudere la bocca a Tom: la madre, affranta, non deve sapere. Fuori posto, in mezzo alle bugie e a tutto quel dolore assordante, tra vento sferzante e lettere d'addio, si avvicina pericolosamente a quella famiglia. Cupo e ambiguo, taciturno e incompleto, ma incredibilmente ben musicato,Tom à la ferme – grande nell'arte del disorientare – non dice e mostra episodi grotteschi, tragici, crudi. La tensione è onnipresente, i toni non sono i soliti, il rapporto tra i mancati cognati trema, per il pericolo e la passione negata. Quello Xavier Dolan dai capelli ossigenati potrebbe perire sotto gli sguardi dell'altro uomo, che lo invita a ballare il tango in un fienile e a tenere, a forza, la bocca serrata. Il film, il più nelle mie corde della sua cinematografia, risulta carismatico, ma dispersivo. Riesce e non. La trama, che fa tanto thriller anni '90, è meno delineata di quanto abbia fatto io, parlandone. Si mantiene oscura e vaga, e questo è unico. La sensazione che non porti da nessuna parte e che dietro i campi e le spighe gialle ci sia una strada senza uscita, cosa affascinante lo è pure; solo, non totalmente... bella. (6,5)
Mr Ciak #43: The Giver, Walking on sunshine, Xavier Dolan e un po' di altre cose (recuperate, riviste, in giacenza²)Più alla Almodovar, invece, il brillante Les Amours Imaginaires: una “mina vagante”. Avevo dato una sbirciata per curiosità, questa volta, tutt'altro che convinto; invece, dialoghi pepati e con un ritmo concitato di denti che battono, lingue che schioccano, bocche che si inumidiscono mi ha incatenato in poltrona. Sono un grande estimatore delle chiacchiere di classe e, più loquace del “mio primo” Dolan, Les Amours mi è piaciuto di più. Colori accesi, una struttura precisa e intelligente, un triangolo amoroso che strappa sorrisi. Il regista si ritaglia il ruolo dell'insicuro e bisognoso Francis che, insiema all'amica Marie, cade vittima della bellezza da statua neoclassica del biondissimo Nicolas – che forse è gay, forse è etero, forse è bisex, forse non si sa. Amici intimi, gran chiacchieroni e registi di clamorosi film mentali, Francis e Marie entrano nella vita di Francis e lasciano che Francis entri nella loro. Come vediamo la persona amata, e come ci vede lei? E ci ama? Siamo sicuri? Dolan riflette sugli amori che non saranno: irrimediabilmente immaginari, irrisolti. Lo fa con lo sguardo spaesante e atipico che gli è proprio. Portandoci a vedere i battiti del cuore dei protagonisti con i loro stessi occhi pieni di desiderio. Marie, che indossa abiti da casalinga disperata anni '50, e Francis, che si pettina come James Dean e si tocca cercando odori in un maglione arancio. La rivalità tra i due – mentre l'amore diventa un campo di battaglia – è scandita dall'entrata in scena della nostra Bang Bang che fa da colonna sonora a immagini al rallentatore di piani criminal-sentimentali. Con la macchina da presa Dolan fa quel che vuole e lo schermo, morbido come pasta di pane, si trasforma per suo volere, sotto le pressioni di un tocco riconoscibilissimo e deciso. Dipinge, crea, inonda di scritte e colori fluo. Taglia, cuce, evidenzia. Lui è il punto di partenza del suo cinema. Il segreto: simpatica sfrontatezza, ipnotica caoticità, figure pazze e isteria assai bene accetta. (7,5)

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :