Magazine Cinema

Mucchio d’ossa secondo Mick Garris

Creato il 14 marzo 2012 da Soloparolesparse

Mick Garris è uno dei registi che ha lavorato meglio (e di più) con i soggetti tratti dai romanzi di Stephen King, ed anche questa miniserie realizzata per la A&E è un buon prodotto capace di mettere in luce il meglio del racconto kinghiano.
E tra l’altro il fatto che io non ricordassi nulla del romanzo da cui Mucchio d’ossa (Bag of bones) è tratto vuol dire che non è certo il migliore dei lavori del re.

Mucchio d’ossa secondo Mick Garris

Mike Noonan è l’ennesimo scrittore famoso. La morte della moglie, sua musa e aiutante, lo manda però in depressione e per provare a riprendersi si trasferisce nella casa sul lago Dark Score che avevano ereditato e nella quale però aveva vissuto soprattutto la donna.
Qui Mike finisce inevitabilmente per scontrarsi con i segreti di un piccolo paese e Dark Score di segreti ne custodisce uno bello grosso.

Apparizioni, sogni e strani accadimenti in casa non aiutano la sua ricerca di serenità e nemmeno il dubbio che la moglie potesse tradirlo con qualcuno del luogo.
In più l’uomo si trova invischiato in una storia di custodia di minore al fianco di una ragazza e contro l’anziano suocero di questa.

La vicenda si srotola bene, passo dopo passo, senza fretta.
A tratti, soprattutto nella prima parte, anche con troppa calma ma bisognava realizzare due puntate…

Mucchio d’ossa secondo Mick Garris

Molto buone le scene ambientate nel 1939, a metà tra sogno e magia, in cui Mike si trova protagonista.
Ma se dal punto di vista tecnico il film non ha particolari degni di nota (ma è comunque impeccabile e pulito), la forza del racconto è tutta nel soggetto kinghiano che compare nei suoi elementi classici (il piccolo paese con i suoi segreti, l’evento nel passato che cerca una soluzione, i ragazzi protagonisti…)

Pierce Brosnan è sicuro nel suo ruolo e si adatta bene alla produzione televisiva, chi lo circonda non sfigura assolutamente, a partire dall’affascinante presenza di Anika Noni Rose.

E Garris non rinuncia neppure ad una spruzzatina di horror lì dove serve, limitata però alla creazione dei personaggi ormai trapassati ed all’omicidio finale che sembra proprio una liberazione stilistica in un finale un po’ più arioso di tutto quanto lo precede.
Un lavoro comunque molto buono e convincente.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :