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Muhammad Ali di Rino Tommasi

Creato il 29 dicembre 2014 da Ilbicchierediverso

Muhammad Ali di Rino Tommasi

Gargoyle ci regala un bellissimo diario -di Rino Tommasi- di pensieri, storia, riflessioni sul grande Ali, che riporta nel sottotitolo “L’ultimo campione. Il più grande?”…  domanda a cui alla fine si offre una personalissima risposta e che è anche il motore principale della stesura di queste pagine, che celebrano le vicende e il mito del pugile.
Un formato d’eccezione, con fotografie ricche di potenza evocativa e fisica, è uno di quei libri che si assapora con tutti i sensi, per il suo peso immaginifico, per la carica di ricordi che riesce a far esplodere nelle menti, negli occhi e soprattutto, per un valore empatico che porta ad una malinconia nel confrontarsi con il presente e i suoi figli, più e meno illustri.

Rino Tommasi, si racconta, in un certo senso, attraverso la figura di Ali. Prendendolo ad oggetto/soggetto, riporta su carta i propri ricordi, gli incontri -come giornalista e come organizzatore sportivo- facendo reinterpretare, il più delle volte, le vicende e i titanici scontri dal lettore. Lo stile è quello del sussurro tra sé e sé, di un racconto fatto all’orecchio di un amico o di un parente, quando tutti dormono e si confidano i bei tempi andati, quando il passato è talmente potente da essere pericoloso se gridato… come questo pugile nero, che divenne ciò che nessuno era mai stato prima di lui e che non sarebbe più stato dopo, un simbolo universale, tra fanfaronate e gesti ponderati.

Più che uomo, oltre la dimensione stessa del talento sportivo, al di sopra dei sistemi comunicativi e pugilistici dei suoi anni, seppe come nessuno cavalcare la tigre del proprio ego e del proprio pensiero, e farsi cavalcare da essa, arrivando a vertici tali da potersi far atterrare (pochissime volte) e rialzarsi senza aver subito il minimo graffio alla sua personalità e fama.

In questo libro viene celebrato anche il bel pugilato, vengono portati ad esempio nomi fondamentali come Sugar Ray, si ripercorrono annali di guantoni e sfide e vecchie regole; si sale e si scende dal ring con sparring, secondi e corti dei miracoli; si entra ed esce dall’America e dalle sue idiosincrasie razziali e sociali; si corre accanto ad un campione che oltre a grande vittorie ne ha anche alcune “oscure”, tra incontri che hanno segnato uno sport e altri che lo hanno reso una mera e triste trovata commerciale. Tutto attraverso gli scatti e le parole, in un film letterario che si brucia in pochissimo tempo, anche flirtando con quesiti come “Chi raccoglierà la sua eredità?”, “Ce ne sarà un altro?”, “Chi è stato il migliore atleta di sempre e come si colloca Ali in una classifica di questo genere?”.

Ma tra queste una domanda resta – e l’ha posta perfettamente Nicola Lagioia in un recente e bellissimo articolo su Il Venerdì di Repubblica (del 19 dicembre 2014 a pag 95)- ed è sempre quella  «Ali è stato un prodotto irripetibile del Novecento? Siamo fuori da un’epoca in cui gli equilibri tra sport, politica e show business consentivano – a quelli che ne avevano il coraggio – di essere uomini sotto la casacca?» .

Ding. Primo round.

Buona scelta
IBD
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