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Muri invisibili

Da Carlo Deffenu
MURI INVISIBILIQuesto pomeriggio sono uscito di casa per portare la mia scheda anagrafica aggiornata in ristorante per la prossima assunzione. Sole. Moltissimo sole. Gente. Moltissima gente. I viali di Alghero sono letteralmente invasi di persone che come tante formichine si muovono su e giù senza una logica apparente.Io cammino con il mio giubbotto di pelle e la mia cartella di documenti e mi dico: "Ho una meta. Devo uscire da casa, camminare, seguire un percorso preciso - con poche variabili - e consegnare a qualcuno dei fogli stampati con la mia vita lavorativa."Tutto semplice.Eppure mi soffermo sulle facce della gente.
Moltissimi occhiali da sole.Molte biciclette.Un'infinità di bambini.Il mondo gira e si riproduce.Camminare senza un bipede vicino con cui parlare - non ho neanche un cane sfigato per fingere un minimo di socialità - ti apre la mente in modo diverso.Ti rendi conto che non sprechi fiato in convenevoli inutili e vai... vai per fare quello che dev'essere fatto.Il giro è lungo e lo assecondi senza opporre resistenza.Saluti i colleghi che cenano prima del servizio serale.Carne e verdure al forno.Tutto bene?Sei dimagrito.Il lavoro?La terrazza?Le terme come sono andate?Firmi il CUD, saluti e vai via.Altre formichine tutte intorno.Camminano, corrono, ridono, mangiano...Altra gente.Un ragazzo mi chiede una sigaretta.Rispondo che non fumo... mi dispiace.(Dispiacere per cosa mica l'ho capito... io sono contento di non fumare.)Lui mi guarda scazziato... come se sulla mia testa avesse appena visto due antenne verdi o uno stronzo fumante... e va oltre.Sorrido.E cammino.Vado al cinema?Prendo un caffè in un bar?Mi siedo su una panchina?Qualcuno mi chiama al cellulare?No... nessuno.Ok.Cammino.
Troppa gente in giro.Penso ai parassiti.Troppi parassiti.
Penso ai miei amici detenuti.Alle celle.Al cortile dove vanno avanti e indietro con la testa china e le braccia dietro la schiena.Alle sbarre e alle serrature elettroniche.Ai muri alti... altissimi...Penso alla libertà...Un concetto che più di una volta abbiamo affrontato in classe.
Io, questo pomeriggio, potevo definirmi libero.
A volte, le definizioni, non definiscono un emerito cazzo.

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