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Musica di un certo livello #18: KAMPFAR, ISKALD, WOODS OF DESOLATION

Creato il 25 febbraio 2014 da Cicciorusso
DarioFoCorna1

HELVETEEE!!!

Tra i gruppi storici del black metal norvegese che ancora campano i KAMPFAR si possono a tutti gli effetti considerare parte di quella sparuta cerchia tutt’ora meritevole di rispetto: artistico, per non aver mai fatto cagate clamorose tipo questa (e quest’altra e, che ne so, ancora questa), e umano, per non aver dilapidato un patrimonio iconografico da brutti e cattivi, costruito faticosamente in una vita intera ma che ci vogliono cinque secondi per sfasciare tutto (oltre alle cazzate quotidiane dello stesso Varg si veda pure l’auto-sputtanamento senza possibile via di redenzione del tizio dei Taake col tizio degli Shining). A parte l’inserimento di una nuova chitarra, quella di Ole Hartvigsen, già membro dei necrocultissimi Utumno (in seguito Emancer), rispetto alla formazione di Mare nulla è cambiato. È cambiata invece l’etichetta, Indie Recordings al posto di Napalm, ma dietro al vetro della sala prove ci sono ancora il prolifico Peter Tägtgren e Jonas Kjellgren, ex chitarrista dei riformatisi Centinex. Per questo motivo, forse, non scorgo grandi differenze nella produzione. Per il resto li conosciamo bene e non ha molto senso fare tanti giri parole, se non dire che Djevelmakt merita; è un album di buon livello se si considera la storia dei Kampfar, di ottimo livello se si prende a riferimento la media della roba che esce ‘sto periodo.

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Rimanendo sempre in casa Indie Rec. e sempre in Norvegia, mi sento di spendere qualche buona parola anche per gli ISKALD che hanno recentissimamente pubblicato Nedom og Nord (che dovrebbe significare una cosa tipo Giù al Nord, come il film con Dany Boon), gelido come il nome che si portano (Iskald invece vuol dire ghiacciato). A far più o meno tutto è Simon Larsen, le cui abilità avevo già avuto modo di testare nell’ascolto del primo disco dell’altro suo gruppo, gli Skaur, che adesso non è che mi ricordi proprio bene bene però non mi era dispiaciuto, ecco. Il disco in sé è leggermente pesantino da digerire perché i pezzi sono molto lunghi e i tempi sempre sostenuti e piatti ma, sebbene non brilli in originalità, manco questo mi dispiace affatto. Non fosse altro che il riferimento principale, al mio orecchio prevenuto, è il sound di The Archaic Course, amatissimo disco dei sempre amatissimi Borknagar. Nella monotonia complessiva spunta, però, una traccia, anch’essa un po’ troppo lunga, che mi ha lasciato perplesso perché apparentemente non ci azzecca niente. Si chiama The Silence ed è un vago omaggio alla migliore scuola goteborgana alla The Gallery. Ora non vi esaltate, ho detto vago.

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Qualche anno fa Torn Beyond Reason riuscì a raggiungere il quarto posto della nostra classifica assoluta del 2011, a pari merito di bombe atomiche quali March Of The Norse e Varjoina Kuljemme Kuolleiden Maassa, il che significa che qui ci siamo usciti pazzi più o meno tutti. I WOODS OF DESOLATION si sono dati un periodo di pausa più che adeguato per non rischiare il classico schianto dopo il botto e, nel frattempo, guardare a come buttavano le cose nel mondo del post-black metal e dintorni depressi. Quindi, tenute frenate le attese ad arte, proviamo a capire se il terzo disco dei WoD li catapulterà tra i nomi da ricordare o se li ributterà nell’anonimato della tante band australiane medio-buone ma che tutto sommato ‘sti cazzi. Né l’una, né l’altra. Con As The Stars né deludono, né alzano l’asticella, semplicemente continuano in modo dignitoso. Alcuni pezzi, due o tre, sono molto belli, e nel complesso dimostrano di funzionare bene proprio quando seguono pedissequamente quel registro, oramai abusato ma chissenefrega, che gente come gli Alcest non ha più intenzione di sostenere, perché semplicemente tengono in vita le caratteristiche essenziali di detto registro: il muro di suono e la cacofonia. Spicca invece, come un bel tortellino nel brodo, Anamnesis, un pezzo che, almeno all’inizio, ricorda spiccatamente l’epoca Brave Murder Day e, magra consolazione, fa vedere quanto i WoD potrebbero, se volessero, essere migliori dei millemila sopravvalutatissimi epigoni dei Katatonia. (Charles)



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