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Recensione: Oro puro, di Fabio Genovesi

Creato il 04 agosto 2023 da Gliscrittori
Recensione: Oro puro, di Fabio Genovesi

Libri Recensione di Argyros Singh. Oro puro di Fabio Genovesi (Mondadori). Imprese, amori, violenze e malintesi dietro la scoperta dell'America, una narrazione emozionale a metà tra romanzo storico e diario di bordo.

Cantava De André: Ma voi che siete uomini,
sotto il vento e le vele,
non regalate terre promesse
a chi non le mantiene» Fabrizio De André, Rimini (1978)

3 agosto 1492: si parte. La storia la conosciamo tutti; possiamo così concentrarci su altre vicende, quasi insignificanti, ma ben più universali di un qualsiasi atto notarile.

Quindici anni fa, Fabio Genovesi leggeva, nei diari di Cristoforo Colombo, un passaggio che attribuiva a un giovane mozzo inesperto l’incagliamento e la distruzione della Santa Maria. Con i resti della nave, venne costruita la fortezza nota come La Navidad, primo insediamento europeo nell’odierna Haiti.
Ufficiali, re ed esploratori costituiscono però lo sfondo del romanzo, incentrato sul sedicenne Nuno, abitante di Palos e figlio di una prostituta ebrea, chiamata la Vedova, o la Gallega. La donna è una figura indipendente e, insieme al signor Nuno, dal quale il giovane prende il nome, insegna al figlio i fondamenti della lettura e della scrittura.

Nuno, il ragazzo, cresce nella Spagna da poco riunificata, dopo secoli di Reconquista, e subisce gli effetti del Decreto dell’Alhambra, con cui il re Ferdinando il Cattolico sanciva l’espulsione dai territori del regno di tutti gli ebrei che rifiutavano di convertirsi al cristianesimo.

Un evento storico che, per molti spagnoli di origini ebraiche, fu molto più rilevante dell’imminente scoperta delle Americhe.
Nuno però è fortunato. Per una serie di coincidenze, viene imbarcato su una nave che lo porta prima alle Canarie e poi in mare aperto, da dove nessuno – così si diceva – era mai tornato. Fortunato, sì, ma fino a un certo punto.
Lo scalo alle Canarie è un momento significativo. È quel passaggio intermedio, prima del grande salto, dove molti tendono a fare un passo indietro. L’arcipelago è il primo ostacolo, nelle vesti seducenti di un’isola paradisiaca, in cui abitano nativi che guardano soltanto il mare, «e sono contenti così».
E Nuno è tentato di fermarsi tra quelle genti, magari per assistere il frate eremita che ha conosciuto, ma – ancora una volta – un vento invisibile lo sospinge contro la sua volontà, un po’ come Giona in fuga, riportato alla sua dimensione.

«La nave è una persona» è la frase che apre il quarto capitolo.

Lo è per analogia, perché le sue componenti ricordano alcune parti del corpo umano, ma lo è soprattutto per ciò che rappresenta. Un’isola in mezzo al mare, che si lancia da una costa all’altra in cerca di connessioni e di significato. E al suo interno si svolge la vita, l’agire quotidiano espresso da Alonso, dal balbuziente Domenico, dallo Scimmione e dal Biondo. Ciascuno di loro ha qualcosa da raccontare, una missione da compiere, un significato da esprimere in forma individuale e come equipaggio della nave.
E poi ci sono gli ufficiali.

A Nuno viene insegnato che a scoprire nuove terre non sono i religiosi, ma i mercanti.

Marco Polo, sulla cui scia giunsero i predicatori, quasi inviati contro la loro volontà. Il giovane resta affascinato dalla prospettiva di poter vedere i tesori d’Oriente, ma non può non domandarsi perché uomini adulti si diano tanto da fare per il pepe e le altre spezie. A Nuno, chiamato il Granchio, ultimo degli ultimi ancora prima di imbarcarsi, quelle merci che definiscono lo status symbol restano estranee.
Il protagonista è più ammaliato dal sapere. Come anime affini che si cercano in segreto, il capitano, Cristoforo Colombo, chiama quel giovane nella sua cabina. Nuno l’aveva idealizzato, fin troppo, e, dopo un dialogo superficiale, sta per andarsene con una certa delusione. Il capitano lo ferma, perché ha scoperto che il ragazzo sa scrivere e da quel momento lo impiega come scrivano.

Colombo continuerà fino alla fine ad affascinarlo: «Perché anche se non volevo, quando il Capitano parlava di anime nobili e sensibili, meno grette e più aperte alla meraviglia del mondo, mi sentivo tra quelle».

Allo stesso tempo, però, quel granduomo viene descritto come una persona incapace di provare empatia, di porsi a livello umano, e Nuno otterrà soltanto di essere chiamato per nome, ma quello di un altro: Diego.
Oro puro di Fabio Genovesi racconta tanto la parte positiva della civiltà occidentale, quella sete di conoscenza che ha spinto l’umanità verso nuovi orizzonti, quanto la parte oscura, caratterizzata dalla tracotanza e dal senso di superiorità per le conquiste raggiunte.
In tal senso, Colombo accoglie in sé questi due aspetti: è un visionario, che basa le sue convinzioni nella fede e – diremmo oggi – nell’analisi dei dati, ma al contempo è incapace di cogliere la piena umanità dei popoli che incontra, parlando subito di loro in termini di sottomissione.

Nuno è abbastanza sveglio da capire le due dimensioni e ne trae un doppio insegnamento.

Per esempio, si ispira alle parole del capitano, che affida la spedizione a Dio, e le rielabora a modo proprio.
Aver paura non serve a nulla nella vita, perché non sappiamo nemmeno di cosa dovremmo aver paura veramente. E lo stesso con la speranza: non abbiamo idea di cosa temere né di cosa sperare. Eppure tremiamo e speriamo, tremiamo e speriamo, senza mira, senza scelta, senza senso. Non sappiamo da cosa fuggiamo né dove correre, ma sempre e per sempre fuggiamo e corriamo. A testa bassa e senza capire nulla. Fabio Genovesi, Oro puro

Colombo nutre una cieca fede in Dio, ma Nuno prende consapevolezza che la natura non operi in funzione dell’essere umano e che il sole e le stelle brillino nei nostri occhi, ma non per noi.

Il protagonista ascolta il capitano, che lo ammonisce contro coloro che credono di sapere tutto, pur non ascoltando mai gli altri, o lasciando spazio al silenzio. Forse intuisce che quel discorso costituisca una sorta di autoconfessione non voluta. Il capitano si è riempito di teorie, è euforico per il recente successo della fedelissima corona spagnola sugli arabi, e non vede altro che quel trionfo.
Appena sbarcati dall’altra parte dell’oceano, il suo primo pensiero è di reclamare quella terra in nome di Dio e della corona: un atto notarile scritto ignorando il paradiso intorno, come si fa notare con ironia al termine del diciannovesimo capitolo.

Dopo la conquista, c’è la razzia, di uomini e di merci.

Gli equipaggi delle tre navi cercano soprattutto l’oro, ed è la prima parola che imparano nella lingua dei nativi. Nei suoi diari, Colombo li descrive come non-umani e parla di loro in termini aberranti.
Nuno trascrive quelle parole, ma non è costretto a condividerle. In cuor suo le respinge, non comprende come una persona tanto grande non riesca a provare quell’empatia e quell’amore che lui ha provato. Perché Nuno conosce un’abitante dell’isola e si innamora, perdutamente. Alle Canarie, la ciurma era andata in cerca di prostitute, mentre Nuno aiutava Alonso a cercare legna da ardere. Oltreoceano, mentre tutti cercano oro, pappagalli e nativi da rapire, il ragazzo trova l’oro puro, «senza lo sporco delle mani che lo afferrano, lo rubano, lo vendono.»: l’amore immateriale.

Il viaggio di ritorno è doloroso, perché la donna è stata presa dall’equipaggio, ma è su un’altra nave.

Inoltre, Nuno è responsabile dell’affondamento della Santa Maria, momento storico che Genovesi aveva letto in un fugace passaggio dei diari di Colombo, ispirandogli il romanzo.
A ogni modo, gli equipaggi tornano a casa. Inizia un nuovo capitolo della vita di Nuno. Per alcuni mesi, aveva vissuto nel solco della grande storia guidata da Colombo, cercando comunque di ritagliarsi una propria autonomia. Ora, mentre monarchie e mercanti disputano come suddividersi quell’enorme ricchezza, l’esistenza di Nuno ritorna nell’oblio.

Nuno, o si potrebbe dire Niuno, Nessuno.

Continua però a scrivere, perché – come gli aveva insegnato il suo vecchio maestro – la scrittura «è un lavoro del cuore», ma anche «del respiro» e, se possiedi quell’ispirazione, non puoi tirarti indietro.
Dopo sessant’anni, un ragazzo innamorato gli porta una lettera che aveva trovato in una botte. Il vecchio riconosce la sua grafia: l’aveva scritta durante il viaggio, quando c’era il rischio di non fare ritorno. Era un ammonimento rivolto alle future spedizioni: «Che nessuno provi mai a ripetere la nostra impresa sventurata, o incontrerà solo acqua salata e tenebre, un mare di tenebre come un enorme specchio scuro in cui trovarci riflessi, e riconoscerci».

Oro puro non è una cronaca o un romanzo storico, né un diario di bordo: quello esiste già e l’ha scritto Colombo.

La geografia proposta da Genovesi è di tipo emozionale. Si basa sul lasciarsi andare alle correnti e al cambiamento, non in maniera passiva, ma riflessiva.
È vero che l’appello finale è a non cercare nuove terre, ma a tentare «di fare cose nuove» in quelle solite, eppure è proprio Nuno a insegnarci che, con la giusta disposizione d’animo, sia possibile superare i propri limiti, caratteriali e culturali, tornando a casa più umani di prima.

Oro puro

di Fabio Genovesi
Mondadori
Narrativa
ISBN 978-8804773566
Cartaceo 19,00€
Ebook 10,99€

Quarta

Palos, Spagna, agosto 1492. Nuno ha sedici anni, ed è un granchio. O almeno questo è il soprannome che gli ha dato sua madre, morta pochi mesi prima, di cui Nuno conserva un ricordo che è dolore e luce insieme. Pur vivendo sul mare, Nuno non ha mai desiderato solcarlo, e preferisce guardarlo restando aggrappato alla terra, proprio come fanno i granchi. Finché, per una serie di circostanze tanto sfortunate quanto casuali, deve imbarcarsi su una nave di cui ignora la destinazione. Si tratta della Santa María, a bordo della quale Cristoforo Colombo scoprirà – per caso e per sbaglio – il Nuovo Mondo. Mentre Nuno si renderà conto, lui che di navigazione non sa nulla, di condividere lo smarrimento coi suoi compagni molto più esperti: tutti spaventati da quell'impresa folle e mai tentata prima. Avendo imparato dalla madre a leggere e scrivere, Nuno diventa lo scrivano di Colombo, e trascorrendo ore ad ascoltarlo sente crescere l'entusiasmo per i grandi sogni di questo imprevedibile esploratore visionario. Attraverso lo sguardo di Nuno, percorriamo il viaggio più importante della storia dell'umanità: i giorni infiniti prima di avvistare terra, fino alla scoperta di un mondo nuovo, una nuova umanità, una nuova, diversa possibilità di intendere la vita. In questo Paradiso Terrestre, Nuno imparerà quanta ferocia, quanta avidità possa motivare le scelte degli uomini, ma anche la forza irresistibile dell'amore, che lo travolgerà fino a sconvolgere i suoi giorni e le sue notti. In questo romanzo, Fabio Genovesi non solo ci racconta la navigazione di Colombo come mai è stato fatto prima, ma ci cala dentro una grande avventura umana, esistenziale e sentimentale, che si snoda attraverso imprese, amori, crudeltà spaventose e improvvise tenerezze, svelandoci come dietro la scoperta occidentale delle Americhe si nascondano violenze, soprusi e malintesi, ma soprattutto l'insopprimibile, eterno istinto degli uomini a prendere, consumare e distruggere tutto, persino se stessi.


Argyros Singh


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