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Nänie, Johannes Brahms

Creato il 25 marzo 2011 da Nenet

papaverorosso

Adoro Brahms … è il mio preferito, da ascoltare e da eseguire. Questa sera avrò ancora una volta il piacere di eseguirlo in teatro (clicca QUI per il programma completo del concerto). Nänie è una piccola perla … una quindicina di minuti di musica sublime e coinvolgente!!!

A chi verrà a sentirci auguro un buon ascolto!

Nenet

Qualche curiosità …

Nänie, per coro a quattro voci e orchestra, fu composta nel 1880-1881 e pubblicata nel 1881. La sua prima rappresentazione fu il 6 dicembre 1881 a Zurigo.

Brahms utilizzò un testo di Friedrich von Schiller (1759-1805), in onore un caro amico, il pittore Anselm Feuerbach, scomparso nel gennaio 1880 e dedicò la composizione alla madre di Feuerbach. L’opera fu completata nell’estate del 1881.

La poesia di Schiller è un lamento sull’inevitabilità della morte, “Auch das Schöne sterben muss” (Anche la Bellezza è destinata a morire).

Brahms divide i versi di Schiller così: sette distici in tre sezioni, la prima delle quali fissa quattro distici, il secondo due, mentre il distico finale è trattato singolarmente.
La forma generale musicale della Nanie è ABA, con le sezioni esterne in re maggiore in 6/4 e la centrale in fa diesis maggiore in 4/4 . Brahms spesso sceglie il 6/4 per le composizioni di più profondo significato, un esempio ne è Ein Dutsches Requiem op. 45.

L’introduzione al Nänie, dominata dai legni, si apre con una citazione di Beethoven “Les Adieux” (Sonata per pianoforte op. 81 bis), sebbene la progressione degli accordi sia stata leggermente modificata. La melodia lamentosa dell’oboe anticipa l’ingresso del coro. Brahms inizia la declamazione del testo con una fuga, anche se abbandona il tradizionale processo di fuga dopo che tutte e quattro le voci sono entrate, preferendo continuare con la tecnica della variazione dello sviluppo. La dolcezza della musica aumenta alla menzione di Adone (”schönen dem Knaben”), quando Brahms aggiunge un’ arpa al complesso e passa a Fa maggiore. Un aumento della dinamica e l’accompagnamento degli archi accentato annuncia l’arrivo del guerriero Achille nel distico ultimo della sezione A, e passa a la maggiore. La sezione centrale comincia senza squilli di tromba, anticipati solo armonicamente. Poco dopo appare uno dei momenti più toccanti dell’opera, “Siehe, da Weinen die Götter”, (guarda, piangono gli dèi), dove salti di ottava trasmettono appunto l’angoscia degli dèi. Successivamente, Brahms aggiunge l’arpa, come fa per Adone nella sezione A per poi far ritorno all’introduzione dei legni prima del distico finale, che inizia con la riga dei soprani, imitazione eseguita, questa volta, solo dai Bassi e non dalle altre voci.
La scelta delle toanlità maggiori può indicare la sua percezione della morte come qualcosa di non così tragico. Alla fine infatti, non ripete l’ultima riga del testo di Shiller “Denn das geht Gemeine klanglos hinab zum Orkus” (solo l’uomo comune scende agli inferi nel silenzio), ma la penultima riga, “Ein Auch Klaglied zu sein im Mund herrlich Geliebten der ist” (Ma anche essere un canto sulla bocca dell’amata, è cosa splendida,).

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Nänie

Auch das Schöne muß sterben! Das Menschen und Götter bezwinget,
Nicht die eherne Brust rührt es des stygischen Zeus.
Einmal nur erweichte die Liebe den Schattenbeherrscher,
Und an der Schwelle noch, streng, rief er zurück sein Geschenk.
Nicht stillt Aphrodite dem schöne Knaben die Wunde,
die in den zierlichen Leib grausam der Eber geritzt.
Nicht erretet den göttlichen Held die unsterbliche Mutter,
Wann er, am skäischen Tor fallend, sein Schicksal erfüllt.
Aber sie steigt aus dem Meer mit allen Töchtern des Nereus,
Und die Klage hebt an um den verherrlichten Sohn.
Siehe, da weinen die Götter, es weinen die Göttinnin alle,
Daß das Schöne vergeht, daß das Vollkommene stirbt.
Auch ein Klaglied zu sein im Mund der Geliebten, ist Herrlich,
Denn das Gemeine geht klanglos zum Orkus hinab.

Anche la Bellezza è destinata a morire!

Anche la Bellezza è destinata a morire! Lei che avvince uomini e dei,
non riesce a commuovere l’animo ferreo di Zeus stigio.
Soltanto una volta l’Amore intenerì il signore delle ombre,
E tuttavia sulla soglia, spietato, reclamò indietro il suo dono.
Né al fanciullo leggiadro Afrodite può sanare la ferita,
che nel corpo incantevole gli ha inferto il cinghiale feroce.
E neppure la madre immortale può riuscire a salvare l’eroe divino,
quando, cadendo presso le porte Scee, adempie il suo fato.
Ma essa sorge dal mare con tutte le Nereidi,
e un lamento si leva a celebrare il figlio.
Guarda, piangono gli dei, e piangono tutte le dee,
perché la Bellezza svanisce, e la Perfezione muore.
Ma anche essere un canto sulla bocca dell’amata, è cosa splendida,
perché solo l’uomo comune scende agli inferi nel silenzio.

Johannes Brahms
Johannes Brahms nacque da una famiglia modesta, secondo di tre figli. Suo padre era musicista popolare e suonava diversi strumenti: flauto, corno, violino, contrabbasso, e fu lui a dare al giovane Johannes le prime lezioni di musica; la madre era una sarta e Brahms la amava profondamente. Quando il padre se ne separò nel 1865, il musicista — che non si sposò mai — rimase profondamente legato alla famiglia, tanto da sostenere anche la seconda moglie del padre, in vecchiaia. Malgrado le ristrettezze, la famiglia riconobbe le doti del piccolo Johannes e gli consentì un’educazione di qualità.

Il ragazzo rivelò un talento musicale naturale; precoce e attirato da tutti gli strumenti, cominciò a studiare pianoforte a sette anni e pareva destinato alla carriera concertistica; prendeva anche lezioni di corno e di violoncello. Il suo primo concerto pubblico è attestato nel 1843, a dieci anni, e fin dai tredici anni il futuro compositore aveva cominciato a contribuire al bilancio familiare suonando — come suo padre — nei locali di Amburgo e, più avanti, dando lezioni di piano.

A vent’anni, nel 1853, Brahms ebbe alcuni degli incontri più significativi della sua vita: prima il grande violinista Joseph Joachim, con il quale iniziò una lunga e proficua collaborazione; poi fu proprio Joachim a presentarlo a Franz Liszt (e Brahms si addormentò, durante l’esecuzione del maestro!), ma soprattutto lo introdusse in casa Schumann: il rapporto con i due sarà fondamentale nella vita di Brahms. Schumann lo considerò immediatamente e senza riserve un genio, e lo indicò nella sua Neue Zeitschrift für Musik (una rivista musicale fondata a Lipsia da Schumann stesso) come il musicista del futuro; Brahms, per parte sua, considerò Schumann il suo unico e vero maestro, restandogli vicino con devozione fino alla morte. Il legame con la moglie Clara Wieck Schumann durò fino alla morte di lei; Brahms le sopravvisse meno di un anno.
L’attività concertistica di Brahms continuò fino agli anni settanta, spesso insieme con Joachim, parallelamente alla composizione e alla direzione d’orchestra. Una recensione cosí descrive il suo stile pianistico di quegli anni: «Molti artisti possiedono una tecnica più brillante, ma sono pochi quelli che sanno tradurre le intenzioni del compositore in maniera altrettanto convincente, o seguire il volo del genio beethoveniano e rivelarne tutto lo splendore, come fa Brahms».

Già dal 1853, anno della tournée con Reményi durante la quale aveva incontrato Joachim a Gottinga, Brahms cominciò quella vita un po’ raminga cui lo costringeva il suo lavoro e che in fondo, nonostante fosse uomo molto legato alle proprie abitudini e al proprio modo di vivere, non doveva dispiacergli. La sua passione erano però i soggiorni che gli consentivano lunghe passeggiate in mezzo alla natura, occasioni propizie per continuare a elaborare musica.
Quando Clara Schumann si stabilì a Berlino, nel 1857 Brahms tornò ad Amburgo, dove costituì e diresse per tre anni un coro femminile. L’attività con il coro, che continuò alla corte di Detmold e poi alla Singakademie di Vienna, aveva certamente motivazioni economiche, ma fu anche importante per la composizione; Brahms non produsse mai musica per opere, ma pose grande attenzione alla scrittura per voce. Egli lasciò una battuta divertente e significativa, che lega la sua storia di scapolo a quella di mancato compositore d’opera: «Scrivere un’opera sarebbe per me altrettanto difficile che sposarmi. Ma probabilmente, dopo la prima esperienza, ne farei una seconda!»

Nel 1862 soggiornò a Vienna, che dall’anno successivo divenne il suo principale luogo di residenza. A Vienna fu assai apprezzato, sviluppò relazioni e vi si stabilì definitivamente nel 1878. Fu lì che avvenne il suo unico incontro con Wagner e soprattutto, nel 1870, conobbe Hans von Bülow, il grande direttore che divenne suo amico e uno dei suoi principali estimatori.
Alla continua ricerca di perfezione stilistica, Brahms fu assai lento nello scrivere e soprattutto nel pubblicare ed eseguire le proprie opere, o almeno quelle che egli considerava “importanti”. La sua Prima sinfonia (che von Bülow definì “la Decima di Beethoven”) ebbe la prima esecuzione solo nel 1876, a Bayreuth: il maestro aveva già 43 anni e viveva di musica praticamente da sempre.
Negli ultimi 20 anni di vita, Brahms poté infine dedicarsi soprattutto alla composizione; sono gli anni dei principali lavori per orchestra: le altre 3 sinfonie, il Concerto per violino, il Secondo Concerto per pianoforte, fino ai magistrali capolavori cameristici dell’ultimo periodo.
Morì a Vienna di un cancro — come suo padre — il 3 aprile 1897, pochi mesi dopo la sua amica di una vita, Clara Schumann; fu sepolto nel cimitero di Vienna, nel “Quartiere dei musicisti”.
L’estetica di Brahms — che fa di lui uno dei grandissimi musicisti dell’800 — si fonda su una straordinaria miscela di forme classiche rigorose, fondate su una grande sapienza contrappuntistica e polifonica, e spirito profondamente romantico, che si manifesta nel magnifico colore musicale, nell’inventiva melodica, nelle sorprendenti sovrapposizioni ritmiche. (Wikipedia)

Nänie, Johannes Brahms
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