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Nastienka e il Cantore: Fino alle Origini del Racconto

Creato il 03 marzo 2015 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Nastienka e il Cantore: Fino alle Origini del Racconto

Non si può certo dire che Nastienka e il Cantore sia uno spettacolo di facile decodifica. L'opera, tratta da un brevissimo racconto di Rainer Maria Rilke, e portata in scena al Teatro Musco di Catania, dal 27 febbraio all'1 marzo, con testo e regia di Gioacchino Palumbo, si incarica di effettuare un'operazione di scavo faticosa ma di grande valore.

Rilke pubblica nel 1900 una raccolta di racconti, Le storie del Buon Dio, tredici storie scritte dall'autore boemo dopo un viaggio in Russia in compagnia di Lou Andreas-Salomé. Storie che intercettano la temperie fiabesca e favolistica e, in particolare, la tradizione russa e il suo tramandarsi per mezzo dell'oralità, nella ricerca inquieta di un Dio che si faccia presenza, che sia possibile avvertire e vivere dentro di sé. Il racconto che sta alla base dello spettacolo, intitolato Come il vecchio Timofej morì cantando, vede come protagonisti un vecchio cantore, il Timofej del titolo, e il figlio Egor (che nel testo di Palumbo diventa Ivan). Egor sposa, contro il volere del padre, una ragazza e con lei si trasferisce a Kiev. Questa figura femminile, in apparenza sullo sfondo nel racconto di Rilke, nella narrazione scenica alla base di Nastienka e il Cantore si rimette in gioco, come un personaggio che non ha bisogno di cercare un autore, e diventa la narratrice della propria storia di felicità rapsodica, incarnata da Ilenia Maccarrone, interprete che gioca la partita, in maniera intelligente, sul piano della misura e della sottrazione.

All'altro capo di questo filo sottile di comunicazione, vi è il Cantore, Egor/Ivan, il quale, pur sposato e devoto alla sua consorte, alla notizia della malattia dell'anziano padre non esita ad abbandonare Nastienka e compiere il proprio "ritorno a casa". Il Cantore è, in questo caso, Juri Camisasca, cantautore raffinato e con diverse esperienze teatrali all'attivo, in particolare con opere come Genesi, Gilgamesh e Telesio, tutte dirette da Franco Battiato. Camisasca è, allo stesso tempo, una voce che accompagna e pure un controcanto, un contrappunto, nel suo eseguire musiche e canti dal vivo, con un piccolo armonium, direttamente sulla scena, occupandola e facendone parte senza soluzione di continuità, in un dialogo vivace con Nastienka la quale, paziente e rassegnata, eppure fiduciosa, rivive e, se vogliamo, "canta" anch'ella, la propria storia. La scansione dei brani prende le mosse dall' Agni Parthene, un inno a Maria di San Nettario di Egina, e ci fa poi attraversare un territorio in cui coesistono giustapposti, fra gli altri, Gurdjeff, De Hartmann, i versi del poeta e mistico persiano Rumi, l' Axion Estin (un altro inno alla Vergine, e il riferimento all'antica icona mariana della tradizione ortodossa non è casuale, ancora una volta), e il Pater Noster in aramaico.

Nastienka e il Cantore rappresenta dunque un tentativo, ci sembra più che riuscito, di giungere a un teatro dell'essenzialità; un teatro in cui il racconto possa spogliarsi della sua connotazione aneddotica, che pure tanto è gradita a molto pubblico da salotto, e rivestirsi a nuova vita per mezzo di una drammaturgia senza alcun fronzolo. La scena è chiaramente suddivisa in due comparti, e di rado essi si mescolano, eppure lo snodarsi dei pensieri e delle parole di Nastienka, interrotte, ma solo per essere vivificate e colmate di senso, dai canti, compie una specie di miracolo della presenza. I personaggi, quelli in scena e nel racconto, e quelli solo evocati, sullo sfondo, sembrano tutti gioire di una "compresenza" che, in fondo, è l'apparente infinito suggerito dai paesaggi sterminati della Russia, oltre che dalla Fede silenziosa ed eroica che aleggia sulle Storie del Buon Dio.

In questo senso, quale autore migliore di Rainer Maria Rilke che, anni dopo, dal 1912 al 1922, comporrà le Elegie duinesi, affresco poetico di forza ad oggi immutata. Ed è proprio nella Prima elegia, che possiamo scorgere alcuni versi i quali potrebbero giovare, parlando di Nastienka e il Cantore, vale a dire: "Non possono più fertili diventare per noi / questi remoti dolori? Non è tempo che noi / amando ci liberiamo dell'amato e tremando / perduriamo: come la freccia perdura nella corda / per essere, concentrata nel lancio, / più di se stessa? Perché restare non ha dove".

Fotografie di Antonio Parrinello


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