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Nel nome di Maria / Oggi si prega e si fa festa alla periferia di Dar es Salaam

Creato il 12 settembre 2015 da Marianna06

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Maria Consolata, dalla città di Torino e dall’antica quanto fervida devozione dei torinesi nei confronti della loro protettrice, è giunta, manco a dirlo, in mondi lontani, nelle terre di missione (e non solo in quelle), grazie a quei figli e a quelle figlie dell’Allamano, motivati, che hanno afferrato e fatto proprio da subito il “testimone” del Beato all’atto della fondazione della famiglia “consolatina”, nei primi anni del secolo scorso.

In una parrocchia alla periferia della popolosa Dar es Salaam, intitolata appunto a Maria Consolata, la chiesa locale del Tanzania festeggia oggi, e lo fa  in grande, com’è consuetudine in Africa, la madre di Gesù.

E festa grande significa innanzitutto l’invito a celebrare, o meglio a concelebrare, rivolto a un missionario della Consolata, che operi in loco, e poi a condividere tutti assieme, al termine,  e a concludere con il classico pranzo all’africana , seguito da canti e balli.

Secondo le abitudini del luogo.

Ma due parole sono e saranno spese nell’occasione, nel corso dell’omelia, rigorosamente in swahili, dal missionario della Consolata ospite, a proposito dell’immagine della Vergine Maria, il noto quadro, che raffigura la Consolata e che è giunto fino a lì.

Io le riporto in breve, così come mi sono state riferite, in quanto possono essere oggetto di riflessione anche per noi, a casa nostra,  nel giorno della festa del nome di Maria.

Osservando il quadro di Maria Consolata- mi dice il missionario- c’è da soffermarsi sugli sguardi reciproci dei due protagonisti del dipinto. E cioè della madre e del figlio.

La madre, nella sua umiltà, indica diretta il figlio,con il suo sguardo amoroso, proprio per farci capire che è Lui quello a cui tutti dobbiamo guardare.

Il Figlio di Dio, quel “bambino”,un fantolino appunto, fattosi uomo come noi,  generosamente e per la nostra salvezza.

E’ Lui pare che suggerisca (se ci diciamo cristiani)  la nostra guida, il nostro riferimento d’ogni giorno, d’ogni ora, d’ogni istante  della nostra esistenza.

E’ il mistero, quel mistero inafferrabile, unico Dio a essersi fatto carne e sangue, proprio come ciascuno di noi.

Il bambino , a sua volta, indica Lei, la Madre, come per ricordarci che la nostra salvezza noi la dobbiamo a quella modesta fanciulla di Nazareth, che seppe dire il suo “Sì” senza riserve all’annuncio dell’Angelo.

Consapevole di tutta la valenza impegnativa di quel “Sì”.

Nell’intento dell’autore del dipinto, a ben pensarci, c’è tutto il senso riposto dell’importanza della fede portata a Maria,  alla “donna-regina” del Magnificat ,senza la quale, nessuna intercessione al Padre potrebbe mai esserci. 

                       Marianna Micheluzzi (Ukundimana)


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