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Nel silenzio dell’egoismo

Da Sharatan
Nel silenzio dell’egoismo
Osho scrive che quando vogliamo l’isolamento dal mondo, non siamo noi che decidiamo ma è il nostro ego che ci spinge a farlo; è l’ego che taglia fuori il mondo perché vuole diventare il padrone di tutto. L’ego è vincitore perché non c’è nessun'altro contro cui lottare, quindi non esiste nessuno che possa umiliarlo con una sconfitta. E’ così che noi diventiamo ai nostri stessi occhi tutto il meglio che possa esistere, così noi diventiamo imperatori dell'universo.
Bisogna essere contro ogni isolamento, poiché esso ci rende “isola” cioè un lembo di terra separata da ogni continente e da ogni approdo alla salvezza. Ma l’uomo non è mai isola, l’uomo è terra fertile ed è sempre una terra che fa parte di un continente ancora maggiore, che è l'intero mondo. Come può partecipare alla gioia della vita colui che cerca l’isolamento dal mondo? Come possiamo essere partecipi della realtà, se noi stessi diveniamo una realtà isolata?
Noi dobbiamo dissolvere il nostro ego e non dobbiamo soltanto isolarlo, perché l’isolamento è un gioco che fa parte del mondo, perchè esso è un inganno. Esistono molte persone che cercano denaro, fama, potere e che lottano tutta una vita per ritrovarsi alla fine ancora più scontenti e infelici: si ritrovano delusi e svuotati come se avessero corso inutilmente, e dopo tanti affanni e fatiche sono beffati e sfiniti.
Sono queste le persone che partono per l’Himalaya, sono quelli che si costruiscono un mondo fittizio o immaginario in cui rinchiudersi per rinunciare a tutto. Ma ciò dimostra come l’Arte della fuga sia una strategia del mondo, perché anche sull’Himalaya possiamo diventare imperatori di un nostro piccolo mondo. In questo gioco il nostro ego, ci avverte Osho, si rivela essere un giocatore scaltro, e ancor più si dimostra sottile e raffinato quando ci spinge all’isolamento indossando gli abiti dell'eremita.
Tolti dall’ambizione del mondo, noi possiamo cadere nell’ambizione della religione, perché anche un’illuminazione spirituale può divenire un sogno di egoismo presuntuoso. Se riflettiamo, anche la religione è un potere inebriante, poiché affascina anche più del potere materiale nutrendo un divino essere superiore: siamo caduti dalla padella alla brace perché l’imperatore diventa il superiore Buddha!
Se vogliamo seguire una religione ma con un vero spirito devozionale, diventiamo ancora più ostili e contrari ad ogni forma di isolamento dal mondo perché il vero segreto è nella ricerca del silenzio dell’ego, che è una ricerca di silenziosa pace e di povertà interiore che Gesù chiamava una “povertà in spirito” che è l'essere privati della presunzione per divenire solo una pura essenza. E' nell’essenzialità dell’anima che noi diventiamo veramente autentici.
Valutando come realmente giusti questi pensieri, dobbiamo accettare che non esiste vera indipendenza e vera libertà da tutto, perché noi siamo interdipendenza anche se ci balocchiamo nel credere che ci siano delle categorie di indipendenza-dipendenza e di interdipendenza. Queste sono illusioni del nostro egocentrismo, del protagonismo mentale che misura tutta la realtà con il suo metro, ed è sempre il metro dell’ego che impone la misura, è lui che paragona i limiti del mondo usando la distanza del suo braccio e con la potenza della sua presa.
Osho afferma che l’essere umano è sempre dipendente, ma che si illude di diventare indipendente mentre dovrebbe, per il suo stesso bene, imparare la superiore bellezza dell’interdipendenza e della connessione universale. La vita provoca una dipendenza in ogni occasione, perciò ci beffa fornendoci l’illusione della libertà, che è un veleno mortale mescolato ad una falsa medicina, soprattutto quando nutre l’illusione che per essere veramente indipendenti bisogna fare una fuga dal mondo.
E’ vero che la nostra dipendenza non può essere evitata ma può essere giustamente compresa, essa può essere analizzata per scoprire che esiste l’interdipendenza di tutta l’umanità: tutto nell‘universo è collegato, nulla viene considerato come maggiore o minore, in esso non esiste ordine di misura perché tutta l‘esistenza è una essenza unificata. Perché volere indipendenza se noi siamo parte interdipendente del Tutto? Perché vogliamo essere separati dal nostro grande Oceano cosmico?
Solo parlare di oceano e di onde, dice Osho, è un controsenso perché l’oceano è un numero infinito di semplici onde: in realtà l’oceano è un unico fenomeno, ed è una massa che si agita per produrre altre onde. Questa visione ecologica non si riferisce solo alla terra interiore, ma ha un prezioso valore anche per le terre esterne a noi. Se noi siamo le onde, allora noi siamo anche l'Oceano Universale!
La vita è solo una perché tutto è interdipendenza, come ogni nostro alito di respiro è la nostra essenza, come ogni nostra cellula è una parte di noi, mentre stiamo respirando ogni respiro fluisce, e in ogni respiro vi è la nostra unità cosmica. Per queste ragioni non dobbiamo restare isolati ed egoisti, per questo è giusto non rinnegare il mondo.
Anche i maestri che spingono all’ascesi e all’isolamento sono maestri falsi e pericolosi, essi sono i guru dell’illusione dell’ego, essi sono i precettori dell’egoismo e della divisione dell‘umanità. Piuttosto celebriamo il mondo, e se vogliamo fare una rinuncia facciamo abiura alle bugie dell’ego che ci spinge in un abisso solitario, che è fuori dal mondo. Dobbiamo abiurare alle bugie e celebrare il reale contro l’irreale perché del reale noi facciamo parte, perché noi siamo i Nataraja della nostra realtà, perché non siamo avulsi e non siamo scissi nella nostra essenza.
Quando viviamo separati da noi e dal mondo reale noi diventiamo Maya, e nasce la falsa religione della scissione e dell’irreale. Chiusi nella nostra tana possiamo indossare tutte le maschere che vogliamo, facciamo tutti i ruoli in cui siamo bravi, non vi è alcun fallimento. Da soli siamo immortali e intoccabili perché nessuno ci può ferire, ma stiamo rifiutando di imparare dagli altri e dall‘esperienza. Da soli diventiamo perfetti perché nessun cambiamento avviene in noi: è questa l‘immortalità nell‘illusione.
E’ questo il motivo per cui, coloro che tornano dopo un isolamento prolungato dal mondo sono rabbiosi di tutte le amarezze accumulate per essere stati isolati dal conforto dell’unione e dell‘amore dei loro simili. E’ la rabbia di avere rinunciato alla gioia di vivere che urla in loro. Anche la meditazione è inutile, avverte Osho, se meditativa non diventa tutta la nostra vita.
Nulla aiuta se il samadhi che vogliamo non diventa il modo in cui respiriamo, il modo in cui dormiamo, il modo con cui mangiamo, e il modo con cui nutriamo tutta la nostra vita. Il solo meditare non accumula la saggezza, nulla serve se non comprendiamo che la vera ricchezza è il modo in cui siamo, la ricchezza sono i nostri talenti e le nostre qualità ma le nostre qualità migliori che sono l’amore e la connessione; la migliore qualità umana è l’amore sinergico con la vita.
L’uomo non può calarsi nello spazio più profondo di se stesso se evita i confronti e le distrazioni del mondo esterno infatti, dovunque andiamo portiamo in noi i nostri tumulti interni, ovunque siamo sotto un diverso cielo con uno stesso panorama interno. Restare soli e senza confronti significa pensare di essere inutili, e di non potercela fare.
Coloro che fuggono perché sono i fuggitivi da loro stessi, dimostrano di non saper vivere la vita perché è una sfida impari per le loro forze. E’ a causa della vigliaccheria dei fuggitivi che sono stati scritti i libri sulla limitazione della gioia di vivere. La rinuncia e la mortificazione non sono vittorie sul mondo, sono dei modi sbagliati di vivere, sono modalità confuse e ignoranti che negano la vita.
La gioia di vivere è la celebrazione dell’opera del Padre, che è il vero mondo divino che Lui ci ha destinato, la difficoltà è in noi che non lo sappiamo concepire. Nella vita dobbiamo saper riconoscere il divino e la sacralità in ogni cosa e di ogni luogo: è solo allora che il sacro risorgerà in ogni luogo e in noi, perché anche il sacro è nascosto sotto il velo dell’apparenza.
Buona erranza
Sharatan

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