Magazine Diario personale

nella tristezza, nel dolore, un piccolo gesto d'amore

Da Pesa
Manco da tantissimo tempo sul mio e sui vostri blog. 
Mi pesa questa assenza. Mi pesa perché ero tanto affezionato a voi e alle pagine che nel corso di questi tre anni ho scritto, purtroppo però in questo periodo ci son cose più importanti, e a breve, prometto (sempre se la cosa può interessare a qualcuno), ritornerò. 
Queste righe che leggerete ora le ho scritte tempo addietro, prima di perdermi in quella marea di pagine di libri e caratteri di tesi, prima di ieri 19 novembre, quando la natura si è voluta riprendere gli spazi che l'uomo ingiustamente le ha tolto per avidità, voglia di soldi e brama di cemento. 
Queste righe non sono tanto, io le reputo un po' una sorta di dichiarazione d'amore nei confronti della mia Terra, soprattutto oggi, dopo che il dolore e la rabbia per due giorni passati a contare dispersi, feriti e, soprattutto, morti si è trasformata in pensiero e tentativo di cercare una motivazione a tutto ciò. Invano, ahimè.
Tanti si saranno dimenticati di me, molti non leggeranno, altri ancora probabilmente hanno abbandonato i propri blog, ma io comunque sia mi sento in dovere di condividere queste poche parole. 
A breve, spero, tornerò sul mio e sui vostri blog, a presto. 

La musica vi ha mai commosso?

Vi ha mai stretto il cuore e fatto venire quel gran magone alla gola?
E se alla musica aggiungente qualcos'altro che renda il tutto più vivo e raggiungibile anche ai vostri occhi? Come le immagini...

Per l'arrivo delle vacanze pasquali è tornato in terra natia Tore. Brava persona, lui, volenteroso, animo nobile; votato all'altruismo e aiuto del prossimo. Certo, anche lui ha i suoi difetti - una voce di sottofondo mi suggerisce "sentirsi incredibilmente figo, quando invece..." - ma non puoi non volergli bene. 

Lo conosco dalla scuola materna. Una volta presi le sue mani e facendolo roteare lo scagliai contro una cucina giocattolo della grande aula; maestre e altri bambini, ricordo, mi guardarono come fossi una sorta di Satana sceso in terra.
Sta a Brescia ora, è riuscito a coronare il suo sogno: aiutare gli altri. Sta in polizia. 
Ho un poliziotto come amico, io stesso me ne vergogno un po'. 
Ma è Tore, non puoi non volergli bene. 
E così, tra una pizza e un paio di birre una sera di queste ci confidò «Guardate, ho tanti colleghi che vengono da tutti Italia, e nessuno quanto me sente il bisogno di tornare ogni tanto a casa. Calpestare la propria terra, sentire gli odori. A me mancava il sole, mi mancava l'odore di casa, mi mancava il maestrale! Scendendo dall'aereo ho goduto a sentire quel cazzo di vento prendermi al collo».
E ho riflettuto. 
Ho pensato, mentre nella gola scendeva ambrato nettare degli dei, che prima o poi anche io dovrò fuggire da qui se la situazione non accenna a migliorare. Se voglio abbandonare il tetto dei miei genitori dovrò andarmene da questa terra, abbandonare tutto questo. 
Poi ieri notte, non so perché, sono andato su Google Immagini e ho semplicemente scritto "Sardegna", mentre in sottofondo partiva questa canzone (se volete, può essere una buona colonna sonora per il resto del post).
Scorrevo tra miriadi di immagini, tra sognanti spiagge bianche e mari celesti quasi trasparenti; ammiravo le foto all'interno dei boschi nascosti e sconosciuti dell'Ogliastra, dove puoi camminare senza vedere il sole per mezz'ora; ricordavo l'altezza imponente delle alture della costa est dell'Isola; pensava al sudore e al sangue delle miniere del Sulcis; ai banditi della Gallura che, da gran signori, si facevano rispettare con le armi solo se necessario; guardavo Castelsardo arrampicarsi sul mare, con il ricordo della fatica di un Pesa decenne che si lamentava per salire sul castello; mi chiedevo come fosse possibile il miracolo del Campidano: chilometri e chilometri di pianura senza neanche una montagna, una collina, un promontorio; dubbioso cercavo di toccare le curve de S'Arcuentu, pensando a quanto il vento possa essere forte qui da noi, quanto sia meravigliosamente decorato; avrei voluto volare sopra le Cattedrali di granito dei monti Lattias; la grandezza di Tavolara mi faceva sentire imponente al solo pensiero di così grande maestosità; Alghero e il suo essere così catalana, così non sarda, mi riempiva di un orgoglio mai provato; le Tombe dei giganti facevano ridere pensando poi che al loro interno c'era dei piccoletti e teneri sardi; le piante piegate al volere del vento di nord-ovest mi facevano pensare alla natura un po' testarda ma comunque sottomessa di noi Sardi: soggiogati secoli dopo secoli, ma comunque fermi qui, impassibili, immobili sulle nostre idee; impallidivo come le alte mura cagliaritane nel vedere immortalato il roseo vola dei fenicotteri sullo sfondo dello stagno di Molentargius
E mentre immagini e musica andavano, il cuore si strinse, lo stomaco emise un piccolo rantolo, la gola cominciò a bruciare e una lacrima scese sulla mia guancia.

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